domenica 29 dicembre 2013

Presepio Frattese. Dipinto esposto nella Chiesa di Maria SS. Delle Grazie

Sossio Sessa, Presepe in SS. Annunziata e Sant'Antonio (Frattamaggiore) 
Le tematiche artigianali ed artistiche connesse oggi alla costruzione del presepe si esprimono in varie modalità. Esse vanno dalla rappresentazione tradizionale alla ricerca produttiva, dall'umile creazione alla manifestazione d'avanguardia. Il presepe costruito con i figli, come quello elaborato nella tecnica personale; il presepe vivente realizzato per riferire memoria e fede vissuta, così come il presepe letterario e artistico, narrato dipinto e scolpito; sono sempre iniziative dense di valori e di significati umani, comunitari, religiosi. Il presepe rimanda all'esperienza antropologica della leggenda d'origine che lega il ricordo infantile con il periodo natalizio. Esso è rappresentazione di gesti comunitari antichi, evocazione di situazioni di vita e di sentimenti legati alla festa più amata, specialmente dai bambini e dagli anziani. E' il richiamo di una tradizione che, nelle trasformazioni sociali ingeneratesi con la modernità, pone l'esigenza di una riflessione sull'identità culturale e personale.

In tutte queste modalità persiste la funzione essenziale del presepe: esso viene realizzato per celebrare l'avvenimento della Nascita di Gesù, e stimola l'emozione con la coscienza di partecipare a momenti importantissimi per la propria e l'altrui vita. Questa emozione spinge a riflettere sui valori e sui contenuti dei propri convincimenti. Essa è di carattere estetico e religioso insieme, ed esprime la spiritualità di un moto che prende consistenza in un linguaggio ed in un'opera simbolici; con spunti rappresentativi di valori risuscitati nei discorsi e nei legami dell'oggi. Un luogo di dialogo tra le generazioni sui valori e sulle speranze sociali. La motivazione principale del presepe rimane sempre di carattere teologico; ed è quella di essere segno della memoria del Dio fatto uomo e della sua Presenza nella vita quotidiana dell'umanità. Un segno capace di evidenziare il messaggio evangelico dell'Incarnazione del Figlio di Dio, con la naturalezza del linguaggio agro-pastorale comprensibile ai più piccoli.


In maniera particolare il centro storico di Frattamaggiore da anni rappresenta un luogo privilegiato per le iniziative associative e formative legate alla costruzione del presepe, ai suoi significati artistici e culturali, e alla valorizzazione delle tradizioni natalizie. Diverse esperienze associative si sono vissute e succedute nella realizzazione di manufatti presepiali, cataloghi e mostre espositive che hanno dato lustro alla tradizione locale ed hanno arricchito la comunicazione e la condivisione dei valori umani e religiosi legati al Natale. A modo di esempio, insieme con altre esperienze locali similari, basti pensare alle numerose edizioni della Mostra di Arte Presepiale realizzata dalla Associazione Culturale Frattese “Insieme per il Presepe”, presieduta dal Dott. Giovanni Pezzullo di cara memoria, i cui cataloghi hanno avuto diffusa divulgazione ed hanno rappresentato artistici manufatti presepiali ed interventi letterari autorevoli, esprimendo un precipuo contributo frattese alla “civiltà del presepe napoletano”.
Come promotrice attuale del discorso riguardante l'arte presepiale, e la tradizione popolare natalizia locale, si pone oggi la Associazione Presepistica Frattamaggiore, che realizza la sua 3.a Mostra di Arte Presepiale nella suggestiva ed antica Chiesa di Maria SS.ma delle Grazie. Si tratta di un 'percorso' culturale i cui tratti li possiamo leggere direttamente nella presentazione apposta dal Presidente Pasquale Saviano al catalogo di quest'anno:

Basilica di San Sossio, Presepe nel Museo Sansossiano di Arte Sacra
Questo percorso, breve ma significativo fatto insieme a tutti voi, mi ha dato molto, ed io so che non riuscirò mai a ringraziare abbastanza quelli che, tra i nostri soci, si prodigano con entusiasmo nella realizzazione dei nostri progetti: dalla costruzione del grande presepe della Basilica di San Sossio, alle lezioni gratuite svolte con passione ed amore riempiendo di gioia e contagiando irrimediabilmente tutti quelli che le frequentano. Il corso di quest'anno ha permesso in particolare di realizzare ai partecipanti, vecchi e nuovi soci, due scenografie presepiali, che saranno messe in mostra con grande soddisfazione di maestri ed allievi, oltre alla realizzazione di cesti e modellato di cera e creta. Tra i tanti ringraziamenti il primo è quello per Mons. Sossio Rossi, parroco della Basilica di San Sossio e nostro Presidente Onorario, che oltre a concederci la sua partecipazione in tutti i progetti da noi realizzati, ci da la massima disponibilità degli spazi della Chiesa Maria SS. Delle Grazie per la realizzazione della mostra di arte presepiale”.

Il quadro ispirato al presepe dipinto da Gaetano Di Bernardo si inserisce, come brano interessante, nel discorso che da qualche tempo si sviluppa nella comunità locale, e che riguarda la valorizzazione dei significati del tradizionale simbolo del Natale.
Molti realizzatori dei presepi che si espongono in Fratta, nell'antica chiesa della Madonna della Grazia, sono i fanciulli di un tempo divenuti padri nella moderna transizione sociale, e sono portatori dell'esigenza di un recupero conoscitivo della tradizione e delle sue dimensioni comunitarie ed ambientali. Di fatti in molti loro presepi è presente l'ambientazione antica del paese, una immagine della città ricostruita e ripresentata per sottrarla all'oblio e al degrado.

Gaetano Di Bernardo, Presepe Frattese, dipinto esposto in Maria SS. Delle Grazie
Nel presepe dipinto di G. Di Bernardo vi sono elementi ulteriori che arricchiscono questo discorso. Il suo escamotage pittorico, che artisticamente assume caratteri originalissimi confrontabili ad esempio con le opere del naif croato, ci propone una certa antropologia urbana che si estende nel tempo e nel luogo della comunità frattese, assumendo i volti di personalità ed angoli che caratterizzano la storia della nostra città: dal Santo Patrono Sossio, centralmente osservante dalla Basilica, all'umile pettinatrice; dalla figurazione mariana locale della Madonna del Buon Consiglio, posta nella scena presepiale del cortile antico, alla presenza adorante della Natività del francescano beato Modestino. Attraverso la dipintura dei rappresentanti storici ed attuali, descritti nell'elenco allegato, della cultura, dell'arte, dell'economia, della politica, dello sport e della religione.

Una bella icona natalizia proponibile, per i suoi contenuti e messaggi, come stimolante rappresentazione dell'opportunità di realizzare anche per Frattamaggiore un doveroso Museo Civico.


mercoledì 11 dicembre 2013

Centenario dell'ordinazione sacerdotale di Mons. Federico Pezzullo

La comunità ecclesiale frattese ha sempre avuto un forte legame di riconoscimento e di memoria con Federico Pezzullo, nativo di Frattamaggiore, che fu vescovo di Policastro dal 1937 al 1970.
Questo legame si è ulteriormente rinsaldato negli ultimi dieci anni con un pellegrinaggio che da Fratta si svolge verso la meta della Cattedrale cilentana, ove sono custodite le spoglie del Presule Servo di Dio, per il quale è in corso il processo di beatificazione. Grande animatore della devozione e del pellegrinaggio è Tarcisio Salvato, formatosi alla scuola di spiritualità del vescovo Pezzullo e ministro laico impegnatissimo nella vita della chiesa locale.
A Tarcisio non è sfuggita la memoria della ricorrenza nel 2013 del centenario dell'ordinazione sacerdotale di mons. Federico, e si è attivato per la sua commemorazione liturgica a Frattamaggiore.
Il clero locale si è sentito fortemente coinvolto ed ha predisposto la celebrazione eucaristica dell'11 Dicembre 2013 alla quale partecipano anche i vescovi di Teggiano-Policastro e di Aversa: Antonio De Luca, Angelo Spinillo e Mario Milano. L'evento organizzato dalla antica Congrega dei Preti di Frattamaggiore assume significati importanti ed esemplari per la storia ecclesiastica locale e per la spiritualità sacerdotale nel nostro territorio.
Per la conoscenza della figura del Vescovo Federico Pezzullo, peraltro oggetto di ricerche e di studi teologici ed agiografici e di tesi di Scienze Religiose (cfr. quella di Francesco Salvato), riporto il testo da me preparato per il portale di santiebeati.it.

Federico Pezzullo nacque il 13 dicembre 1890 a Frattamaggiore (NA) in Diocesi d'Aversa, da Vincenzo e Maria Grazia Ferro, e fu battezzato nella Chiesa di San Sossio.
Nel 1901 fu accolto dal vescovo Francesco Vento nel Seminario di Aversa, ove compì il suo percorso di studio per il sacerdozio. In seminario egli si impegnò nel campo dell'apostolato giovanile e, come giovane diacono, fu assistente spirituale dei Paggi del SS. Sacramento nella Chiesa di Maria SS. Annun ziata e di S. Antonio in Frattamaggiore; per quella associazione che si riuniva nell'adorazione quindicinale compose l'Inno di San Tarcisio.

Il 3 Agosto 1913 fu ordinato presbitero dal vescovo Settimio Caracciolo e fu socio attivo del Circolo S. Paolo di Aversa, vivendo l'esperienza della Unione Apostolica come mezzo per la santificazione personale e sacerdotale. Il campo della catechesi gli fu congeniale.
Durante la Grande Guerra (1915-18) fu soldato a Pederobba (Treviso), e Cappellano dell'O.N.B. operativo nel Servizio di Sanità presso l'ospedale da Campo 0129.
Nel 1918 si laureò in Lettere Classiche presso l'Università di Napoli ed il vescovo Caracciolo lo nominò Canonico della Cattedrale di Aversa e Maestro delle Scuole Catechetiche della Diocesi. Nel 1919 pubblicò la sua tesi di laurea e si avviò ad operare nel campo pedagogico civile, divenendo docente presso la Scuola Statale Complementare Bartolommeo Capasso di Frattamaggiore. Nel 1923, sti matissimo da tutti, fu nominato Preside della sua Scuola, carica che tenne fino al 1935.
Il 26 gennaio 1930 il vescovo Caracciolo lo nominò Rettore del Santuario dell'Immacolata di Frattamaggiore. La sua pastorale assunse una impronta eucaristica e mariana, ed il Santuario divenne centro di spiritualità e di irradiazione missionaria della fede cattolica.
Nel settembre del 1935, anno del Congresso Eucaristico Diocesano, il vescovo Carmine Cesarano lo nominò Rettore e Preside degli Studi del Seminario Maggiore di Aversa: carica che egli svolse per circa 2 anni con significativo impegno religioso e per la quale egli rinunciò ad essere Preside della Scuola Statale di Frattamaggiore.
L'Osservatore Romano del 28 Gennaio 1937 riportò ufficialmente la comunicazione della nomina che egli ebbe dal Papa Pio XI a Vescovo di Policastro Bussentino in provincia di Salerno. L'11 Aprile 1937 S. E. Mons Federico Pezzullo fu consacrato vescovo nella cat tedrale di Aversa. Fece il suo ingresso nella Diocesi di Policastro il 6 maggio 1937, dopo 13 anni di sede vacante e 66° nella serie storica dei vescovi policastrensi. Esordì illustrando i contenuti della sua prima lettera pastorale. Configurò il suo stemma araldico con due leoni, in campo azzurro, sostenenti un ramo fiorito, col motto sovrastante «Fortiter et suaviter».
Nel 1939 pubblicò la conferenza teologica Cristo mediatore che esprimeva la visione cristocentrica della sua pastorale. Nel 1940 fu scelto dai vescovi campani per essere Commissario e Sovrintendente agli Studi nel Pontificio Seminario Regionale di Salerno e tenne la carica fino al 1970.
Nel 1942, animato dal grande spirito missionario riconosciutogli anche dal beato P. Paolo Manna superiore del PIME di Ducenta, contribuì con i suoi consigli e con i suoi scritti alla costituzione di una congregazione religiosa femminile nella diocesi di Aversa, per la quale suggerì la denominazione di Discepole di Santa Teresa del Bambino Gesù che fu ufficialmente adottata.
Nel 1946 indisse il Con gresso Eucaristico di Sapri, considerato tra le “tappe luminose” e “le pa gine più belle della storia della Diocesi, redimendo il suo go verno pastorale di fiori che non appassiranno nel tempo” (Gaetano Capasso).
Il 1 novembre del 1950 fu presente alla solenne proclamazione fatta da Pio XII del dogma dell'Assunzione di Maria, come si ricorda in una lapide infissa nell'atrio della Basilica di San Pietro; ed il 25 gennaio del 1951 fu nominato assistente al Soglio Pontificio. Dal settembre del 1955 al 24 giugno del 1956 fu anche Amministratore apostolico della Diocesi di Vallo della Lucania.

Dal 1962 al 1965 partecipò al Concilio Vaticano II, e la sua firma fu apposta in molti Atti. Il 17 marzo del 1966 volle lasciare scritto il suo 'testamento spirituale'. 'In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum'.
Dopo la prima lettera pastorale scritta nel 1937 in occasione della consacrazione episcopale, il vescovo ne scrisse poi altre 23, affidando ad esse il suo pensiero teologico e l'esplicitazione della sua lunga guida pastorale. Tutte le 24 lettere furono raccolte in un unico volume pubblicato nel 1968 con la prefazione del Can. Teologo D. Paolo Pifano. Per raggiunti limiti di età il 22 agosto del 1970 lasciò il governo della Diocesi.
Il 10 settembre del 1979, alle ore 10.30, Mons. Pezzullo morì santamente, a 89 anni. Le sue spoglie sono custodite nella cattedrale di Policastro.
Nella Diocesi di Policastro, ora congiunta con quella di Teggiano, si sono susseguite diverse manifestazioni celebrative e conoscitive della vita e delle virtù del vescovo Pezzullo, le quali sono culminate con l'apertura, il 19 settembre del 2007, del processo di beatificazione.
La sessione conclusiva dell’inchiesta diocesana sulla vita, le virtù e la fama di santità del Servo di Dio Federico Pezzullo, Vescovo di Policastro, è stata celebrata il 3 Maggio 2010 nella Cattedrale di Policastro e gli Atti sono stati trasferiti alla Congregazione per le Cause dei Santi.

Portale ufficiale di Federico Pezzullo
Portale di santiebeati.it

lunedì 9 dicembre 2013

L’Oratorio di Chiazzanova e la pastorale giovanile frattese

Ho letto con attenzione ed edificazione il libro donatomi da Mons. Nicola Giallaurito (Un Oratorio a “Chiazzanova”… tra sogno e realtà) scritto per accompagnare con la comunicazione pubblica l’apertura dell’Oratorio della Parrocchia di San Filippo Neri in Frattamaggiore.
Per l’inaugurazione benedicente, avvenuta tra il popolo numeroso in una bella serata di settembre, ha presieduto la celebrazione eucaristica il Cardinale Crescenzio Sepe con la partecipazione dei Vescovi Angelo Spinillo e Mario Milano, e con molta parte del clero diocesano di Aversa.
Alcuni decenni sono occorsi per portare a compimento l’importante opera parrocchiale, e le vicissitudini sono state descritte e spiegate nel libro che si è avvalso della prefazione intensa, significativa e magistrale, di don Salvatore Capasso, giovane sacerdote e teologo della Parrocchia, il quale ha proposto la giusta chiave di lettura circa l’Oratorio, anche con opportune considerazioni riferite al Magistero della Chiesa. Tra le altre sono sue queste parole:

E sia concesso, in particolare a colui che scrive queste povere parole, significare la propria stima al parroco, che ha avuto la sensibilità di demandare al suo diretto collaboratore, l’opportunità di suggerire e proporre “la chiave di lettura” che consentirà la giusta visuale d’interpretazione e di giudizio circa il contenuto di questo opuscolo, che consente di poter accedere a un mondo, ad una storia, forse conosciuta, forse no, ma che senza dubbio, nei risvolti amari che ne hanno segnato il profilo delle vicende nel loro svolgersi e nell’incrociarsi degli apporti umani – alterni e non sempre improntati ad atteggiamenti di coerenza e responsabilità, con l’esito che è sotto i nostri occhi-, ha definitivamente mutato la realtà della Parrocchia, nonché la fisionomia stessa del “quartiere”, sotto l’aspetto sociale e culturale insieme.
Ogni persona che si definisce realmente tale, infatti, è chiamata a studiare (si, uso proprio questo verbo!) non solo la “grande storia” per sentirsi parte della società, ma deve poter e saper immergersi nel proprio contesto esistenziale – per quanto piccolo possa essere – per approfondire la conoscenza delle proprie radici, senza tralasciare gli aspetti che ne fanno da cornice: sociale, politico, culturale, religioso.”

Ho appreso così, con interesse e coinvolgimento, tematiche storiche, pastorali, educative e spirituali. E’ stato spontaneo per me condividerle e confrontarle con alcuni riferimenti di riflessione e studio personale.   

Nel luogo letterario della comunicazione dei risultati di una ricerca di storia locale, realizzata un paio di anni fa, ho dato delle indicazioni circa la persistenza secolare di un certo modello pedagogico frattese. Un modello che si può agevolmente delineare e coerentemente descrivere allo stesso modo di altri e tanti modelli (autori, filosofie, didattiche e scuole) famosi e teorizzati nello studio e nella storia delle Scienze dell’educazione. Questo modello avrebbe caratteristiche e valori rapportati all’etica, alla vita civile e alla vita religiosa, ed esprimerebbe una paideia particolarissima ed esemplare che vale per la conoscenza, per la ricerca, e per l’esperienza della fede cristiana. Ciò è reso possibile grazie al rilievo storiografico di una vera “cordata di educatori” operante dal ‘700 ad oggi, e che ha rappresentato una idea, una azione, ed una proposta educativa tutta legata al luogo di Frattamaggiore.
L’origine di questa cordata è rinvenibile nell’opera del canonico Michele Arcangelo Padricelli (1691- 1764), riformatore degli studi del Seminario di Aversa, che in epoca borbonica fu modello della formazione ecclesiastica per tutto il clero meridionale. Ad essa si agganciano opere educative di molti altri frattesi, tra ‘700 e ‘800, che trovano un culmine significativo nell’opera di Mons. Carmelo Pezzullo (1829-1919) primo Rettore del Santuario dell’Immacolata che ebbe grande influenza sull’intero sistema educativo locale svolgendo anche la funzione civica di assessore all’istruzione pubblica nella Fratta post-unitaria.
Le esperienze del XX secolo si legano sempre all’opera di ecclesiastici con il carisma dell’educazione giovanile: il parroco del Redentore Sosio Vitale (1884–1918) e i vescovi Nicola Capasso (1886-1968) e Federico Pezzullo (1890-1979) che furono anche rettori del Seminario di Aversa; e ancora il sacerdote Nicola Mucci (1893-1973) che estese la sua opera di pastorale educativa fondando e dirigendo l’Istituto-Convitto Sacro Cuore dedicato agli studi ginnasiali e liceali di tutto il territorio.
Le espressioni più recenti di questa cordata di educatori frattesi si identificano sicuramente nelle iniziative a modello ‘oratoriano’ realizzate a favore dei giovani nell’epoca della transizione economica, sociale e culturale della città, dagli anni ’60 ad oggi.
Il progetto dell’educazione giovanile, fortemente legato alla tradizione pedagogica cristiana frattese, riappare nell’opera di don Angelo Crispino, che nel periodo concomitante e post-concilio Vaticano II recuperò e ripropose in maniera innovativa i fondamentali tratti della pastorale giovanile frattese. Il contesto storico è quello della contemporaneità, dell’ambiente urbano che si origina con i quartieri di nuova formazione, della scuola dell’obbligo e della scolarizzazione di massa. L’educazione cristiana dei giovani richiede nuove formule, soluzioni dedicate e sperimentazioni nella marea di proposte e di modelli educativi alternativi. Profeticamente la Chiesa, con la sua tradizione evangelica, etica e catechetica, si pone come elemento fondamentale della ‘comunità educante’ prefigurata nelle nuove metodologie educative. Don Angelo Crispino (ordinato il 28 Giugno del 1964) alla sua opera educativa diede il nome di “Oratorio don Bosco’, recuperando un certo spirito emulativo dei suoi predecessori frattesi e la proposta, sia pedagogica e sia spirituale. del santo torinese. La sua azione, ispirata all’esempio di don Bosco, inaugurò a livello locale lo stile della pastorale giovanile post-conciliare; uno stile che venne emulato da una generazione di sacerdoti locali che si interessò dei problemi della trasformazione sociale e della formazione dell’identità cristiana dei giovani; uno stile che porta ancora i suoi frutti e che ancora si irradia dalla sua parrocchia di M. SS. Assunta.
Il luogo urbano di quell’esperienza ‘oratoriana’ rientra nell’ambito territoriale della Parrocchia di San Filippo Neri, il Santo fondatore dell’Oratorio romano più antico; e l’intero quartiere, ‘Chiazzanova’, un tempo periferico, con le sue problematiche giovanili ed educative si rivolge al suo centro storico ed ecclesiale, per vivere nell’oggi del ‘novo millennio ineunte’  nuove ed innovative esperienze di vita urbana, spirituale ed educativa giovanile.
La ‘cordata degli educatori’ offre così nuovi agganci di opere per la pastorale giovanile locale. Si tratta della realizzazione del complesso di iniziative che si legano all’apertura dell’edificio parrocchiale destinato dalla carità del donatore buonanima Sossio Formale, dall’impegno del Parroco Mons. Nicola Giallaurito (ordinato il 28 Giugno 1968) e dalla partecipazione concreta dei fedeli parrocchiani, ad essere l’Oratorio Parrocchiale di Chiazzanova.

La motivazione pastorale e pedagogica la leggiamo nella ‘Lettera ai giovani’ che d. Nicola ha scritto per chiamarli all’esperienza oratoriana, e nel brano che la segue:

"VI CONSEGNO L'ORATORIO! Insieme abbiamo vissuto in spazi angusti, ma da che siamo cresciuti, ho voluto una “casa” accogliente, la vostra casa: lOratorio che ormai è una realtà a dispetto di quanti lhanno osteggiata, una realtà che tutti vogliamo vibri dei palpiti di questo nostro territorio che negli ultimi anni ha visto una positiva trasformazione e in cui lOratorio diventa per il territorio stesso e per lintera città, luogo dove voi giovani potete intrecciare relazioni positive, ricevendo una solida formazione al senso della convivenza, della condivisione, del rispetto per laltro, oltre alla possibilità di approfondire il senso della vita secondo un orientamento cristiano. In un tempo in cui è sotto gli occhi di tutti, una forte disgregazione sociale, con la conseguente difficoltà a maturare appartenenze territoriali, listituzione dellOratorio come agenzia educativa ed esperienza di coesione, si va rivalutando sempre di più. Allombra dellOratorio, i giovani, ma anche gli adulti, troveranno il gusto dello stare insieme uscendo dallanonimato, condivideranno esperienze, scopriranno di avere difficoltà e problemi comuni, troveranno risposte adeguate ai tanti “perché” dellesistenza. LOratorio vincerà la sfida che la società odierna lancia a voi giovani, spesso confusi e disorientati, se saprà diventare palestra di idee, finestra aperta sul mondo, luogo di riflessione e di conoscenza, in un clima di sana e non vuota allegria, tipico del modello primitivo di Oratorio voluto dal nostro Patrono e Protettore della gioventù: San Filippo Neri. NellOratorio cè posto per tutti! Con il Gran Maestro dico: “Venite e vedete”! Il senso e il segno delle mie fatiche negli anni avvenire sarà ancora dar vita e far entrare la vita nellOratorio, rendendo voi giovani protagonisti di progetti educativi che mirino a creare ponti anzitutto con le famiglie, ma anche tracciando un cammino che aiuterà voi e i giovani che saranno dopo di voi, a dare risposte esaurienti alle vostre domande di fede, colmando i tanti vuoti esistenziali che letà giovanile talvolta fa emergere paurosamente e facendo in modo che lAmore più grande riempia i cuori di gioia e di pace." 

Concetti che offrono una risposta integrativa ai ragionamenti del monsignore sulla pastorale giovanile:

"Perché l’Oratorio? Perché l’ho voluto ?
L’Oratorio sarà un crocevia di giovani che nella vita quotidiana cercano un senso per la loro esistenza. Sarà un luogo educativo che interpreta la vita del giovane e la orienta alla vita credente. Non sarà la somma delle povertà della strada vista come luogo del qualunquismo e dell’assenza di proposte e nemmeno il prolungamento della sacrestia, intesa come somma di momenti di catechesi o celebrazioni liturgiche per gli addetti al lavoro. Convinto che l’opera educativa deve essere permanente, la parrocchia con il suo Oratorio in modo più incisivo offrirà il servizio di essere accanto ai ragazzi, coinvolgendo i giovani e gli adulti nell’opera di prevenzione verso le devianze, l’ozio, la droga, lo spinello, l’apatia e la voglia di “dolce far niente” in cui essi entrano se non stimolati e coinvolti in qualcosa di educativo, formativo ed impegnativo."

Il libro che ho ricevuto in dono consta di 50 pagine, con una bella copertina che fotografa la moderna struttura dell’Oratorio e riporta la grande effigie maiolicata di San Filippo Neri con i suoi ragazzi disegnati sullo sfondo della campagna romana. Contiene l’elenco di tutti i benefattori, circa un migliaio, ed evidenzia nella dedica evangelica del frontespizio la caratteristica principale dell’Oratorio: un’opera della fede che vive.





martedì 12 novembre 2013

In memoria dei caduti di Nassirya

In quella occasione mi fu donato una copia del Calendario Storico dei Carabinieri 2004. Ci eravamo recati, docenti ed alunni del Liceo Scientifico e delle Scienze Sociali di Mondragone, alla locale Caserma dell'Arma per consegnare il segno della partecipazione della Scuola al lutto per i 19 caduti nella strage causata da un attacco terroristico suicida alla base militare italiana di Nassirya in Irak. Tra i caduti, insieme con 5 militari e 2 civili, si contarono 12 carabinieri.


Rileggo nella presentazione di quel calendario i tratti essenziali della storia italiana dell'Arma, bicentenaria nel prossimo anno 2014, ed il suo impegno esteso “per la pace e la sicurezza di tutta la comunità internazionale”.
Il valore comunitario della pace emerse subito nella riflessione che si avviò tra gli studenti che vollero dedicare al tragico avvenimento ricerche, approfondimenti, pensieri e parole che scrissero singolarmente, affissero in strisce cartacee alla bandiera italiana, e riunirono in un file multimediale che vollero personalmente consegnare ai Carabinieri operanti in città. Fu una esperienza commossa e partecipata con sinceri sentimenti di fraternità e vicinanza.

Ho riguardato nel mio archivio didattico multimediale anche le pagine predisposte dagli studenti per il laboratorio giornalistico scolastico 'Galileo' che si cimentava con la pubblicazione del periodico 'News delle Scienze Sociali'. Oggi che si conta un numero più alto di caduti italiani nelle missioni di pace in varie parti del mondo, e che in Italia e nella Capitale si celebra ufficialmente il decennale dei caduti di Nassirya, queste pagine assumono un meritevole valore educativo e di memoria nell'ottica giovanile.



Le ripropongo alla lettura odierna contestualmente alle pagine istituzionali che riguardano le espressioni dei due Presidenti della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano, riferite ai caduti di Nassirya e alla celebrazione della loro memoria. 



12-11-2003


Dichiarazione del Presidente Ciampi appena appresa la notizia dell'atto terroristico alla base dei carabinieri italiani a Nassyria, in Irak
                                C o m u n i c a t o
Il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, appena appresa la notizia dal Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri Gen. Guido Bellini, dell'atto terroristico alla base dei carabinieri italiani di stanza a Nassyria, in Irak, ha rilasciato la seguente dichiarazione:


"Il mio primo pensiero va alle famiglie dei carabinieri uccisi da un ignobile atto di terrorismo.
Sono loro vicino nel dolore.
Esprimo all'Arma dei Carabinieri tutta la mia solidarietà.
Sono militari caduti mentre facevano il loro dovere, per aiutare il popolo iracheno a ritrovare la pace, l'ordine, la sicurezza.
I nostri carabinieri, le nostre Forze Armate sono in Irak su mandato e per volontà del Parlamento.
Tutta l'Italia si stringe attorno a loro e li sostiene in questo momento, in questa dura prova.
Parto per gli Stati Uniti con animo profondamente commosso.
Incontrerò il Presidente Bush e il segretario generale dell'ONU Kofi Annan.
Ho la coscienza di rappresentare un Paese unito e forte. Continueremo a svolgere, insieme con i nostri alleati e con le Nazioni Unite, il nostro ruolo nella lotta al terrorismo internazionale."



Strage di Nassirya: commosso pensiero alle vittime di una inaccettabile e vile barbarie

"Rivolgo il mio deferente omaggio a tutti coloro che hanno perso la vita adempiendo con onore al proprio dovere, al servizio dell'Italia e della comunità internazionale". Lo ha scritto il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in un messaggio inviato, in occasione della celebrazione della Giornata dedicata al ricordo dei caduti, militari e civili, nelle missioni internazionali per la pace, al Ministro della Difesa, Mario Mauro.

"Rivolgo - ha continuato il Capo dello Stato - il mio deferente omaggio a tutti coloro che hanno perso la vita adempiendo con onore al proprio dovere, al servizio dell'Italia e della comunità internazionale. Nel 10° anniversario della strage di Nassirya, che oggi ricorre, un commosso pensiero va, in particolare, ai 19 italiani tragicamente caduti in quell'efferato, gravissimo attentato ed agli iracheni che con essi perirono, vittime di una stessa inaccettabile e vile barbarie. I militari ed i civili che, anche a rischio della vita, operano nelle aree di crisi, in tante travagliate regioni del mondo, sono l'espressione di un paese che crede nella necessità di uno sforzo comune per la sicurezza e la stabilità. Sono il simbolo di un impegno forte a tutela dei diritti fondamentali dell'uomo e per la cooperazione pacifica tra i popoli. I caduti che commemoriamo in questa giornata sono stati interpreti coraggiosi e sfortunati di questo grande impegno italiano. Dobbiamo esserne orgogliosi e tributare loro la nostra riconoscenza per quanto hanno dato".
"Con questi sentimenti - ha concluso il Presidente Napolitano - sono oggi affettuosamente vicino ai familiari di quegli uomini e di quelle donne e partecipo al loro dolore".


Nell'ottica della fede cristiana ripropongo anche le parole dette il 12 novembre 2008 dal Vescovo Vincenzo Pelvi, Ordinario Militare d'Italia, nell' Omelia per la S. Messa in suffragio delle vittime di Nassirya celebrata nella Basilica Santa Maria degli Angeli.


Nella nostra preghiera ci rivolgiamo a Dio Padre e gli affidiamo uno per uno i nostri militari defunti, le loro famiglie, tutti gli italiani che sono in altri Paesi per una nobile missione. Con loro affidiamo al Signore la nostra Patria, il rispetto per la vita umana, la pace nel mondo. La pace: è il grande tesoro che non dobbiamo lasciar strappare dalle nostre coscienze e dai nostri cuori, neppure da parte di terroristi, che vanno fronteggiati con il coraggio e la determinazione di cui siamo capaci; ma che non odieremo, anzi, non ci stancheremo di far loro capire che l’impegno dell’Italia, compreso il suo coinvolgimento militare, è orientato a promuovere una convivenza umana in cui ci siano libertà e diritto per ogni popolo, cultura e religione.
Il diritto e la libertà sono essenziali per evitare ricadute non rispettose dell’uomo. Un diritto, però, che si fondi su un alto senso della dignità e della giustizia. Salvaguardare la dignità dell’uomo non significa soltanto non ucciderlo o non torturarlo. Significa anche dare alla fame e sete di giustizia e libertà che è in lui la possibilità di essere saziate, impegnandoci, ciascuno secondo le proprie capacità, a raddoppiare gli sforzi per liberare la persona da ogni forma di esclusione ed emarginazione. Il ricordo del dramma di Nassirya, l’omaggio alle vittime esige il dovere della memoria, che scuota cuore e mente a portare la ragione a riconoscere il male e a rifiutarlo, suscitando in ciascuno il coraggio del bene e della resistenza contro il male.
Siamo qui non per odiare insieme, ma per insieme amare. L’insegnamento della memoria contribuirà a rendere sempre più umano l’uomo. Un uomo che possa essere di più e non solo avere di più, che impari non solo a vivere con gli altri, ma per gli altri, come i nostri amati militari caduti a Nassirya.

Sito di News delle Scienze Sociali
Omaggio degli studenti ai caduti di Nassirya
Portale dei Carabinieri

sabato 2 novembre 2013

Commemorazione dei Defunti

Rileggo da una vecchia pagina diocesana dell'Avvenire il testo di una mia riflessione scritta in occasione della 'Commemorazione di tutti i fedeli defunti' del 2 Novembre 1995.

L'autunno è nella sua pienezza, l'estate è passata, l'inverno si intravede all'orizzonte del tempo che viene.
La natura depone lentamente la vitalità trascorsa e si accinge al riposo della stagione ultima, fiduciosa nel risveglio primaverile.
La commemorazione dei defunti e il ricordo dei cari trapassati si pongono in questo contesto stagionale.

Si medita la sofferenza che è indotta da una morte che interviene a negare le tensioni di una vita che vorrebbe ancora sussistere; e che vorrebbe concludersi ancora un poco oltre, dopo l'esperienza della sua pienezza, senza troppo dolore.
La pienezza della vita che va oltre il limite del ciclo temporale in corso, e si diffonde umilmente, ma fortemente, in quelli successivi ed ulteriori che non sono ancora dati ma che sicuramente appieno saranno.
La deposizione del corpo che appare negare il passaggio dell'essere oltre la barriera del tempo che gli è dato, e l'introduzione nel sogno di una nuova e frizzante primavera della vita.
La tristezza, quando si muore dintorno, che è nella sensazione di non riuscire a vedere ancora il luogo cristiano del mistero pasquale che accoglie le speranze della vita, e che solo il Padre conosce.

Nel ciclo in corso sussiste però la tradizione che seppellisce i defunti nei riti delle 'Confraternite della buona morte'; e sussiste il ricordo del nome dei cari che nei cimiteri, nelle 'terre sante', negli angoli e nelle edicole casalinghe, si addobba di fiori e di luci, si onora del ritorno dei parenti lontani; si celebra con il racconto delle gesta, degli esempi e delle scelte, nei quali rivivono, talora non senza la gioia e il convivio dei celebranti, protagonisti gli estinti; la cui anima si spera trasformata in lume di gloria.

E si prega il Signore che mantenga la fede e la vita intorno e oltre la morte:

" Signore... hai voluto essere deposto in un sepolcro e ti sei degnato di accordare ai tuoi fedeli l'esempio della risurrezione...".

venerdì 1 novembre 2013

Agiografia e Memoria dei Santi

1. Il mistero pasquale e la santità

Il mistero pasquale sta al centro della fede e della vita cristiana: la Passione, la Morte e la Risurrezione di Gesù Cristo sono il fondamento della speranza dei credenti e rappresentano il modo sacramentale con cui Dio attua la salvezza dell'uomo. Il mistero pasquale è il dono della grazia di Dio che rende possibile all'uomo di percorrere la via della redenzione.
La Pasqua è al centro anche del mistero della Chiesa, considerata nella relazione che presenta il Cristo come Sacramento del Padre e la Chiesa come Sacramento del Cristo.
Si tratta evidentemente di una relazione che promana dalla santità di Dio e coinvolge le dimensioni storiche dell'uomo. In questo senso al divino mistero del Cristo sono associate le dimensioni e le esperienze umane vissute nella testimonianza della santità.
II Cristo Risorto racchiude in sé il Cristo sofferente della Croce ed è per la Chiesa universale il Santo per eccellenza che è nella Gloria di Dio ed è modello del santo, del martire e del testimone, che ogni chiesa particolare venera come patrono ed intercessore.

2. Vita di Gesù e vita dei Santi

Nella Tradizione e nella Scrittura il ruolo fondamentale è rivestito dalla narrazione della Vita di Gesù e del suo Vangelo, e dalla narrazione della sua Passione, della sua Morte e della sua Risurrezione. A questa fondamentale narrazione, che assume i caratteri sacramentali nella celebrazione eucaristica e nel ciclo liturgico della Chiesa, viene associata anche la narrazione della vita, della passio e della testimonianza suprema dei vari santi, la cui memoria ed il cui culto sono celebrati e favoriti nelle chiese particolari.
La celebrazione del mistero pasquale e dell'eucaristia rappresenta il sole divino che splende all'orizzonte della fede della Chiesa; il culto dei santi ne rappresenta il consolante riverbero umano. L'opera di Dio si riflette nell'opera dell'uomo che lo ricerca e lo contempla nella santità.

3. La narrazione della vita dei Santi

I santi martiri sono quelli che più sono assimilati al Cristo; la loro testimonianza di fede, offerta nel supremo sacrificio della vita, li accomuna al Cristo sofferente che con la sua croce offre la via della salvezza che libera l’umanità dal peccato e dalla morte.
Per questo motivo la narrazione della vita dei santi e lo studio dell'agiografia sono diventati di fondamentale importanza nella apologetica e nella cultura storica ecclesiastica e, tenuto conto dei limiti e dei contesti particolari, essi rientrano a pieno titolo nelle espressioni devozionali e nella tradizione della Chiesa. Nei santi e nella loro vita la Chiesa vede il segno dell'amicizia, dell'esempio e del modello di Gesù Cristo Salvatore.


4. II culto dei Santi nella Chiesa

Il culto dei santi e dei martiri collega la Chiesa di oggi alle manifestazioni della Chiesa antica lungo una Tradizione, intesa come vita storica della chiesa, che accanto alla proclamazione del Vangelo di Cristo ha sempre proposto, anche liturgicamente, la lettura della vita e degli esempi dei santi.
Il Vangelo di Cristo rimane il fondamento che permette alla Chiesa di assumere il carattere universale; accanto ad esso la vita e la testimonianza dei santi consente alla Chiesa di assumere i caratteri particolari delle comunità devote che vivono il Vangelo e la storia della loro fede anche attraverso l'esempio e l'ispirazione dei santi titolari.


5. I Santi nel Magistero della Chiesa

Nella Chiesa universale ogni luogo è segnato dalla presenza del Cristo ed ogni esperienza spirituale è a Lui relazionata; templi e liturgie sono eretti e celebrate in nome di Lui. La sacralità di questo nucleo su cui si incentra la religiosità cristiana è legata all'unica perfetta rappresentazione della Santità di Dio che si attua solo in Cristo suo Figlio, vero Dio e vero Uomo. Nella Chiesa particolare della Diocesi, della Parrocchia e del Santuario, i luoghi sono arricchiti anche della celebrazione di Maria, Madre di Dio, e della memoria degli amici e dei testimoni di Cristo, dei Santi cioè, che con il loro martirio e con l'esempio della loro vita di fede e di carità, sono stati additati alla devozione e alla preghiera del popolo e sono stati posti dalla Chiesa vicino al Cristo come intercessori del perdono di Dio e come modelli umani per la santità e per la salvezza.
In questo senso, come sintesi del magistero circa i Santi, il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma che “la Chiesa riconoscendo la potenza dello Spirito di santità che è in lei ... sostiene la speranza dei fedeli offrendo loro i santi quali modelli intercessori” (CCC, 828), e che “I santi e le sante sono sempre stati sorgente e origine di rinnovamento nei momenti più difficili della storia della Chiesa”.

6. I Santi nelle parole di Papa Francesco

All'Angelus della solennità di Tutti i Santi del 1° Novembre 2013 Papa Francesco ha espresso queste parole per descrivere i tratti fondamentali dei Santi “amici di Dio”:

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
la festa di Tutti i Santi, che oggi celebriamo, ci ricorda che il traguardo della nostra esistenza non è la morte, è il Paradiso! Lo scrive l’apostolo Giovanni: «Ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è» (1 Gv 3,2). I Santi, gli amici di Dio, ci assicurano che questa promessa non delude. Nella loro esistenza terrena, infatti, hanno vissuto in comunione profonda con Dio. Nel volto dei fratelli più piccoli e disprezzati hanno veduto il volto di Dio, e ora lo contemplano faccia a faccia nella sua bellezza gloriosa.
I Santi non sono superuomini, né sono nati perfetti. Sono come noi, come ognuno di noi, sono persone che prima di raggiungere la gloria del cielo hanno vissuto una vita normale, con gioie e dolori, fatiche e speranze. Ma cosa ha cambiato la loro vita? Quando hanno conosciuto l’amore di Dio, lo hanno seguito con tutto il cuore, senza condizioni e ipocrisie; hanno speso la loro vita al servizio degli altri, hanno sopportato sofferenze e avversità senza odiare e rispondendo al male con il bene, diffondendo gioia e pace. Questa è la vita dei Santi: persone che per amore di Dio nella loro vita non hanno posto condizioni a Lui; non sono stati ipocriti; hanno speso la loro vita al servizio degli altri per servire il prossimo; hanno sofferto tante avversità, ma senza odiare.


domenica 6 ottobre 2013

La “marcia per la vita”: mobilitazione civile e movimento nuovo nel giorno di San Francesco

La sera del 4 Ottobre 2013, giorno dedicato a San Francesco d'Assisi, molte decine di migliaia di persone, di ogni età e professione, clero diocesano, religiosi e laici, hanno preso parte alla “Marcia per la vita” da Orta di Atella al Santuario di Campiglione di Caivano. Circa 5 chilometri di cammino percorso per manifestare contro la devastazione del territorio rurale a causa dei sotterramenti e dei roghi dei rifiuti tossici e per ergersi a difesa della salute sempre più mortalmente minacciata dall'inquinamento ambientale. Il concetto mediatico diffusosi da qualche anno è quello della “terra dei fuochi”, frontiera di una campagna di denuncia e di sensibilizzazione dell'opinione pubblica, e di stimolo alle istituzioni, che ha preso consistenza crescente grazie all'opera e alla testimonianza del parroco d. Maurizio Patriciello e della sua comunità al 'Parco verde' di Caivano. La stessa Diocesi ha fatto dell'argomento ambientale locale uno dei temi fondamentali della sua azione pastorale che si ispira al magistero teologico della 'Salvaguardia del Creato'.
La “mobilitazione civile” è la categoria concettuale con cui il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha voluto salutare con una lettera a don Maurizio l'iniziativa della “Marcia per la vita”.
Il “movimento nuovo” che caratterizza la partecipazione dei fedeli alla vita diocesana è stata la categoria utilizzata dal Vescovo di Aversa Angelo Spinillo per raccogliere la speranza e dare senso religioso alla grande partecipazione popolare che ha animato la “Marcia per la vita”.
Seguono le parole di Giorgio Napolitano, scritte a don Maurizio, le parole della riflessione poetica letta da don Maurizio la sera della “marcia” sulla piazza del Santuario di Campiglione, e le parole di benedizione dette nella stessa occasione a conclusione della serata dal Vescovo Angelo Spinillo.

Le parole del Presidente Giorgio Napolitano
Caro don Patriciello, ho ricevuto la cortese lettera con la quale mi conferma l'imminente avvio della "Marcia per la vita" organizzata per il 4 ottobre prossimo. Confido vivamente che essa contribuisca nello spirito costruttivo che avverto nella Sua lettera, a consolidare quella mobilitazione civile necessaria a ben orientare le condotte di ciascuno - cittadini, imprese, istituzioni, operatori - verso il comune obiettivo di dare soluzioni concrete a situazioni critiche di grande complessità.
Giorgio Napolitano

La riflessione poetica di d. Maurizio Patriciello
TERRA MIA

Terra. Terra mia. Terra nostra. Terra martoriata e bella. Terra di fumi e di veleni. Dolcissima amica dei miei antenati. Oggi tanto umiliata e calpestata. Gemi. Fino al cielo sale il tuo lamento. Boccheggi. Ma ancora non ti arrendi. Lotti. Fino allo stremo ti difendi. Non vuoi morire. Madre. Sorella. Figlia. Compagna dei miei infantili giochi. Ci hai fatto da nutrice. Quando il cuore scoppiava di allegria. E quando il dolore ci faceva piangere a singhiozzi. Ci hai donato l’ aria per vivere e la gioia di cantare. Ti facevi soffice per non farci fare male. Fertile per darci pane da mangiare. Terra. Terra mia. Terra nostra. Terra elegante e vanitosa. Il tuo manto verde in primavera, a giugno si faceva giallo come l’oro. In autunno riempivi la cantine. Di profumi, di mosto e di buon vino. Che festa! Che gioia! Che incanto! Che sapori! Terra mia. Terra dei padri miei. Terra dei figli miei. Figli impoveriti. Maltrattati. Rapinati. Siamo stati con loro cattivi più del lupo. Oggi ti sfuggono. Di te hanno paura. Ti abbandonano. Partono per altri lidi. Terra mia. Terra avvelenata. Insultata. Sfregiata. Ti hanno insozzato il vestito della festa. Hanno annerito il tuo cielo bello come il mare. Ritorna, terra, ad essere nostra amica. Con vergogna ci battiamo il petto. La tua agonia ci addolora. La tua morte ci condanna a morte. Se tu risorgi, noi speriamo ancora. Ritorna, terra, alla vocazione antica. Fallo per loro. Per i figli che non abbiamo amato. Fallo per loro. Già troppo sono stati derubati. Allarga ancora, signora, le tue braccia. E quel cuore sconfinato, immenso come Iddio. Terra. Terra nostra. Terra mia.
Padre Maurizio PATRICIELLO


La conclusione benedicente del Vescovo Angelo Spinillo
Concludiamo questo nostro momento nella foma più semplice. Vi confesso una tentazione. Cinquant'anni fa un papa affacciandosi da una finestra una sera di ottobre parlò della luna che guardava un movimento nuovo nella storia. Noi non la vediamo questa sera la luna. Ma il movimento nuovo nella nostra storia ci sta. E siamo noi. E se allora il papa Giovanni XXIII annunziava questo cammino che sperava fatto da una umanità credente, una umanità capace di annunziare una pace nuova sulla terra, ecco noi questa sera in questo luogo siamo un poco come coloro che possono dire che mai nella nostra terra si è visto un movimento così. E allora fratelli carissimi non possiamo sprecare questa occasione. Dobbiamo davvero da oggi in poi essere nuovi. Nuovi nel nostro amare la terra. Nuovi nel custodirla come un dono prezioso. Chi custodisce e ama la terra ama Dio che l'ha creata e che ce l'ha donata. Chi continua ad inquinarla è in peccato mortale: è contro Dio e contro gli uomini. 50 anni fa, 51 per la precisione, papa Giovanni concluse invitando tutti a ritornare a casa con una speranza nuova nel cuore, e usò quell'espressione che tutti ricordate: “portate una carezza ai bambini”. Non oso ripetere le stesse parole di Giovanni XXIII, ma auguro a tutti di portare nel cuore davvero questa speranza nuova che dipende solo da noi, in gran parte da noi, per la vita dei nostri ragazzi e dei nostri figli. E su questo grande, immenso, desiderio di vivere che tante volte abbiamo invocato questa sera, vi prego di accogliere ciò che solo posso darvi, con tutto il cuore: la benedizione di Dio.

Angelo Spinillo

sabato 5 ottobre 2013

San Francesco d'Assisi visto da Papa Francesco

L'Omelia di Papa Francesco del 4 ottobre 2013, detta durante la celebrazione della Santa Messa sulla Piazza del Portico dei Pellegrini della Basilica del Santo, contiene un grande ritratto di agiografia pastorale con preghiera di San Francesco d'Assisi.
Il “Pace e Bene” salutare del cammino francescano, che proviene dalla unione nell'animo del Santo dell' “amore per i poveri e dell'imitazione di Cristo povero”, si origina “dallo sguardo di Gesù sulla croce”. La Pace francescana “non è un sentimento sdolcinato” ed il Francesco ingenuamente associato a questo sentimento “non esiste”, come non esiste l'idea della pace legata ad una sorta di “armonia panteistica con le energie del cosmo”.
La pace di Francesco è quella di Cristo, e la trova colui che “prende su di sé” il “giogo” del comandamento della Carità - Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato (Gv13,34; 15,12) - e lo porta senza arroganza e presunzione, ma “con mitezza e umiltà di cuore”.
Propongo direttamente alla lettura l'omelia del Santo Padre raggiungibile sul portale del Vaticano.

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO
Piazza San Francesco, Assisi
Venerdì, 4 ottobre 2013

«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli» (Mt 11,25).
Pace e bene a tutti! Con questo saluto francescano vi ringrazio per essere venuti qui, in questa Piazza, carica di storia e di fede, a pregare insieme.
Oggi anch’io, come tanti pellegrini, sono venuto per rendere lode al Padre di tutto ciò che ha voluto rivelare a uno di questi “piccoli” di cui ci parla il Vangelo: Francesco, figlio di un ricco commerciante di Assisi. L’incontro con Gesù lo portò a spogliarsi di una vita agiata e spensierata, per sposare “Madonna Povertà” e vivere da vero figlio del Padre che è nei cieli. Questa scelta, da parte di san Francesco, rappresentava un modo radicale di imitare Cristo, di rivestirsi di Colui che, da ricco che era, si è fatto povero per arricchire noi per mezzo della sua povertà (cfr 2 Cor 8,9). In tutta la vita di Francesco l’amore per i poveri e l’imitazione di Cristo povero sono due elementi uniti in modo inscindibile, le due facce di una stessa medaglia.
Che cosa testimonia san Francesco a noi, oggi? Che cosa ci dice, non con le parole – questo è facile – ma con la vita?
1. La prima cosa che ci dice, la realtà fondamentale che ci testimonia è questa: essere cristiani è un rapporto vitale con la Persona di Gesù, è rivestirsi di Lui, è assimilazione a Lui.
Da dove parte il cammino di Francesco verso Cristo? Parte dallo sguardo di Gesù sulla croce. Lasciarsi guardare da Lui nel momento in cui dona la vita per noi e ci attira a Lui. Francesco ha fatto questa esperienza in modo particolare nella chiesetta di san Damiano, pregando davanti al crocifisso, che anch’io oggi potrò venerare. In quel crocifisso Gesù non appare morto, ma vivo! Il sangue scende dalle ferite delle mani, dei piedi e del costato, ma quel sangue esprime vita. Gesù non ha gli occhi chiusi, ma aperti, spalancati: uno sguardo che parla al cuore. E il Crocifisso non ci parla di sconfitta, di fallimento; paradossalmente ci parla di una morte che è vita, che genera vita, perché ci parla di amore, perché è l’Amore di Dio incarnato, e l’Amore non muore, anzi, sconfigge il male e la morte. Chi si lascia guardare da Gesù crocifisso viene ri-creato, diventa una «nuova creatura». Da qui parte tutto: è l’esperienza della Grazia che trasforma, l’essere amati senza merito, pur essendo peccatori. Per questo Francesco può dire, come san Paolo: «Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo» (Gal 6,14).
Ci rivolgiamo a te, Francesco, e ti chiediamo: insegnaci a rimanere davanti al Crocifisso, a lasciarci guardare da Lui, a lasciarci perdonare, ricreare dal suo amore.
2. Nel Vangelo abbiamo ascoltato queste parole: «Venite a me, voi tutti, che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore» (Mt 11,28-29).
Questa è la seconda cosa che Francesco ci testimonia: chi segue Cristo, riceve la vera pace, quella che solo Lui, e non il mondo, ci può dare. San Francesco viene associato da molti alla pace, ed è giusto, ma pochi vanno in profondità. Qual è la pace che Francesco ha accolto e vissuto e ci trasmette? Quella di Cristo, passata attraverso l’amore più grande, quello della Croce. E’ la pace che Gesù Risorto donò ai discepoli quando apparve in mezzo a loro (cfr Gv20,19.20).
La pace francescana non è un sentimento sdolcinato. Per favore: questo san Francesco non esiste! E neppure è una specie di armonia panteistica con le energie del cosmo… Anche questo non è francescano! Anche questo non è francescano, ma è un’idea che alcuni hanno costruito! La pace di san Francesco è quella di Cristo, e la trova chi “prende su di sé” il suo “giogo”, cioè il suo comandamento: Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato (cfr Gv 13,34; 15,12). E questo giogo non si può portare con arroganza, con presunzione, con superbia, ma solo si può portare con mitezza e umiltà di cuore.
Ci rivolgiamo a te, Francesco, e ti chiediamo: insegnaci ad essere “strumenti della pace”, della pace che ha la sua sorgente in Dio, la pace che ci ha portato il Signore Gesù.
3. Francesco inizia il Cantico così: “Altissimo, onnipotente, bon Signore… Laudato sie… cun tutte le tue creature” (FF,1820). L’amore per tutta la creazione, per la sua armonia! Il Santo d’Assisi testimonia il rispetto per tutto ciò che Dio ha creato e come Lui lo ha creato, senza sperimentare sul creato per distruggerlo; aiutarlo a crescere, a essere più bello e più simile a quello che Dio ha creato. E soprattutto san Francesco testimonia il rispetto per tutto, testimonia che l’uomo è chiamato a custodire l’uomo, che l’uomo sia al centro della creazione, al posto dove Dio - il Creatore - lo ha voluto. Non strumento degli idoli che noi creiamo! L’armonia e la pace! Francesco è stato uomo di armonia, uomo di pace. Da questa Città della Pace, ripeto con la forza e la mitezza dell’amore: rispettiamo la creazione, non siamo strumenti di distruzione! Rispettiamo ogni essere umano: cessino i conflitti armati che insanguinano la terra, tacciano le armi e dovunque l’odio ceda il posto all’amore, l’offesa al perdono e la discordia all’unione. Sentiamo il grido di coloro che piangono, soffrono e muoiono a causa della violenza, del terrorismo o della guerra, in Terra Santa, tanto amata da san Francesco, in Siria, nell’intero Medio Oriente, in tutto il mondo.
Ci rivolgiamo a te, Francesco, e ti chiediamo: ottienici da Dio il dono che in questo nostro mondo ci sia armonia, pace e rispetto per il Creato!
Non posso dimenticare, infine, che oggi l’Italia celebra san Francesco quale suo Patrono. E do gli auguri a tutti gli italiani, nella persona del Capo del governo, qui presente. Lo esprime anche il tradizionale gesto dell’offerta dell’olio per la lampada votiva, che quest’anno spetta proprio alla Regione Umbria. Preghiamo per la Nazione italiana, perché ciascuno lavori sempre per il bene comune, guardando a ciò che unisce più che a ciò che divide.

Faccio mia la preghiera di san Francesco per Assisi, per l’Italia, per il mondo: «Ti prego dunque, o Signore Gesù Cristo, padre delle misericordie, di non voler guardare alla nostra ingratitudine, ma di ricordarti sempre della sovrabbondante pietà che in [questa città] hai mostrato, affinché sia sempre il luogo e la dimora di quelli che veramente ti conoscono e glorificano il tuo nome benedetto e gloriosissimo nei secoli dei secoli. Amen» (Specchio di perfezione, 124: FF, 1824).