domenica 15 luglio 2012

Icona frattese della Madonna del Carmelo


Alla triennale arsura che colpì verso il IX secolo a. C. il territorio della Palestina pose fine una 'nuvoletta come una mano d'uomo' avvistata in lontananza sul Mediterraneo di fronte al Monte Carmelo. Il profeta Elia aveva fatto scalare per ben sette volte quel monte della Galilea ad un suo giovane discepolo, prima di ottenere l'annuncio della desiderata pioggia. Quel monte divenne sacro agli antichi eremiti, e in epoca paleocristiana vi fu fondata una chiesa mariana. I fratelli della Madonna del Monte Carmelo, sorti al tempo delle crociate e cresciuti di numero nel XIII secolo ottennero l'approvazione di una Regola da papa Onofrio III. Dopo la caduta della roccaforte di San Giovanni D'Acri ad opera dei musulmani e dopo il martirio dei frati rimasti sul monte, l'ordine dei Carmelitani si diffuse in Europa ed ebbe tra le sue fila un santo frate inglese, Simone Stock, al quale apparve direttamente la Beata Vergine del Monte Carmelo nel 1251, e a lui che era stato eletto Generale dell'ordine diede l'incarico di diffondere lo Scapolare per la protezione e la salvezza dell'anima dei suoi devoti. La Vergine offrì al suo servo l'abito simbolico e distintivo con una promessa:

"Ricevi, figlio dilettissimo, lo Scapolare del tuo Ordine, segno della mia fraterna amicizia, privilegio per te e per tutti i carmelitani. Coloro che moriranno rivestiti di questo Scapolare non andranno nel fuoco dell'Inferno. Esso è un segno di salvezza, protezione e sostegno nei pericoli e di alleanza di pace per sempre".

La devozione alla Vergine 'bruna' è documentata in Frattamaggiore già nel XIV secolo con una cappella nella chiesa complateare di san Nicola un tempo prospiciente la piazza ove s'innalza ancora il più antico tempio patronale di san Sossio martire. Si tratta per questa devozione di un legame storico allacciato nel periodo angioino con quella napoletana del Santuario del Carmine Maggiore tenuto dai Padri Carmelitani. Con il santuario napoletano è anche condivisa la leggenda d'origine della chiesa primordiale dedicata a san Nicola, che a Frattamaggiore è documentata nel XIII secolo dalla Ratio Decimarum della diocesi di Aversa. La devozione della 'Madonna del Carmine' risulta presente in Frattamaggiore anche con una congrega laicale, in una cappella rurale quattrocentesca ora scomparsa ed in edicole urbane del '500 e del '600.
La grande trasformazione urbana del paese, che negli ultimi 60 anni ha perso le connotazioni antiche dell'ambiente rurale, sta all'origine della dispersione di molti antichi simboli della religiosità e della devozione popolare.
La chiesa un tempo centrale dedicata a san Nicola e alla Beata Vergine del Carmelo, e dal '700 anche a san Ciro, si ritrova oggi a causa di questa trasformazione ad essere edificata in forme architettoniche contemporanee in un quartiere periferico della città.
Una sorte negativa è toccata ad una bella e significativa edicola databile al '600, dedicata alla Beata Vergine del Monte Carmelo, effigiata in un decoroso affresco, situata in un vicolo antico sul muro di un fabbricato e posta in alto rispetto allo sguardo dei passanti devoti.
L'edicola è scomparsa con l'abbattimento del vecchio edificio che ha lasciato il posto ad una nuova costruzione. L'affresco non esiste più, ma mi è stato possibile realizzare una sua 'restituzione visiva' al patrimonio artistico-devozionale locale grazie alla bella abitudine che ho di documentare con la fotografia luoghi e fatti della storia del mio paese. Grazie alla documentazione fotografica si può effettuare un'interessante analisi iconologica dell'affresco scomparso.
La Beata Vergine del Monte Carmelo è raffigurata nella veste dei colori dell'ordine carmelitano ed ha il Bambino sul ginocchio sinistro. Due angioletti svolazzanti la incoronano Regina ed ai suoi piedi stanno ritti due santi importanti della tradizione religiosa frattese: alla destra San Rocco patrono nella peste con accanto il cane di Gottardo, e alla sinistra San Sossio patrono della città. Tra i due Santi in basso si ritrovano le fiamme che avvolgono alcune anime che impetrano la grazia di essere liberate dal Purgatorio. La Madonna ed il Bambino ambedue offrono uno Scapolare ai due Santi: la Vergine lo offre a san Rocco e il Bambino lo offre a san Sossio in un gesto di carità che lascia intendere l'offerta dello strumento di salvezza anche alle anime del purgatorio.
Nell'icona si ravvedono la simbolica devozionale dello Scapolare carmelitano e la tradizionale venerazione per la Beata Vergine del Monte Carmelo. La simbolica e la venerazione sono altresì collocate con precisione nel particolare contesto storico-culturale frattese del '600. Il culto delle anime del Purgatorio è connesso con gli avvenimenti tragici della peste del 1657 che a Fratta fece moltissimi morti. Il ricorso alla Vergine del Carmelo fu spontaneo ed immediato: nella chiesa a lei dedicata furono sepolti molti dei cadaveri. Il ricorso a san Rocco protettore nella peste fu anch'esso necessario, ed il santo fu raffigurato nell'affresco con la stessa caratteristica veste principesca della statua fatta costruire dai devoti a metà '600 ed ancora posta sull'altare maggiore della parrocchiale a lui dedicata. Il san Sossio martire dell'icona fotografata, effigiato in veste diaconale con la dalmatica rossa, ricalca lo stile e le forme del santo patrono della città che è rappresentato allo stesso modo sia nella iconografia ecclesiale e sia in quella popolare del '600.
L'icona recuperata appare così un documento importante della storia e della religiosità frattese. Ho voluto dare una giusta collocazione a questo documento. Mi è apparso necessario far realizzare nella tipografia amica dei fratelli Capone di Acerra una foto-poster dell'icona (100x70 cm) e poi 'restituirla' come un quadro a don Michele Costanzo parroco dell'attuale chiesa frattese dedicata alla Beata Vergine del Monte Carmelo e a San Ciro, chiesa che è l'erede diretta di quella antica di fondazione medievale che esisteva al centro della città.
Il dolcissimo sguardo della Vergine effigiata continuerà così a consolare e a rivolgersi ai suoi devoti. Giusto in tempo anche per un mio personale omaggio alla Beata Vergine del Monte Carmelo in occasione della festa liturgica di quest'anno, e in onore anche dell'onomastico di mio padre buonanima che ogni giorno passava per il vicolo antico e faceva suo e nostro l'augurio della compagnia della Madonna sul cammino della vita. 

Grande devoto della Beata Vergine del Monte Carmelo fu anche il Beato Giovanni Paolo II che, in occasione del 750° della consegna dello Scapolare a San Simone Stock, il 25 Marzo del 2001 scrisse una lettera sulla devozione mariana all'Ordine Carmelitano. 

  

giovedì 12 luglio 2012

Tradizione e pellegrinaggio nella festa della seconda domenica di luglio a Pascarola


Mons. Sossio Rossi, rettore della Basilica Pontificia di San Sossio di Frattamaggiore, ha motivato la ricerca nell'Archivio della Basilica per trovare notizie riguardanti la tradizione della festa della seconda Domenica di Luglio a Pascarola. La comune appartenenza di Fratta e Caivano, di cui Pascarola è frazione, all'antica area atellana della diocesi di Aversa, è stato il punto di partenza della ricerca che ha analizzato i dati che si leggono nelle Rationes Decimarum delle Chiese e delle Cappelle del territorio tra la fine del XIII e l'inizio del XIV secolo. Altri dati si evincono dalla notevole storiografia realizzata negli ultimi anni dalla Rassegna Storica dei Comuni – Istituto di Studi Atellani che ha messo a disposizione in rete l'intero archivio delle sue pubblicazioni di storia locale. Dalla Storia Ecclesiastica e dall'Archivio Diocesano di Aversa sono stati ricavati altri dati riguardanti la devotio medievale, le Santa Visite dei vescovi e il censimento storico delle chiese e cappelle della diocesi. Grazie a questa ricerca si è potuto stendere un'interessante relazione che funge anche da riferimento storico per una catechesi ecclesiale sulla festa a Pascarola comunicata dal monsignore. 

Nella Seconda Domenica di Luglio a Pascarola si realizza la festa di Sant'Antonio da Padova e con essa si celebra anche la devozione alla Madonna del Buon Consiglio, la cui effige per l'occasione viene portata in processione e solennemente intronizzata sull'altare maggiore della Chiesa patronale di San Giorgio martire.

La tradizione e la religiosità di un paese sono fatti importantissimi perchè esprimono tratti importanti della sua identità storica e culturale. La fede diviene catalizzatrice della memoria, della fatica e delle speranze di un popolo che procede con dignità e con valori etici antichi attraverso i cambiamenti e le criticità dei tempi moderni.
E così la festa della Seconda Domenica di Luglio, celebrata in una liturgia estemporanea (la Madonna del Buon Consiglio e Sant'Antonio si celebrano ufficialmente in aprile e giugno), diviene il simbolo di una devozione e di un comportamento che hanno motivi antichi e che si ripropongono oggi come segni della tradizione religiosa di un popolo che ha inteso santificare il duro lavoro dei campi e della mietitura nell'orizzonte della festa ricca e gioiosa di una memorabile domenica d'estate.
Lo fa sicuramente celebrando l'Eucaristia, il rendimento di grazie al Signore, e lo fa in particolare onorando la Madonna del Buon Consiglio e Sant'Antonio.

C'è sicuramente una ragione percui il popolo di Pascarola da vita a questa particolare modalità della festa. Provo a definire questa ragione con due dimensioni della devozione cristiana: quella del pellegrinaggio e quella tradizione trasmessa dai padri.

Vediamo il pellegrinaggio. Dagli Archivi della Basilica di San Sossio, in un libro del '500 si legge che era tradizione molto consolidata nel popolo frattese quella di realizzare per un'intera giornata di primavera un pellegrinaggio per i luoghi religiosi e le cappelle degli antichi casali e delle campagne che facevano parte dell'area atellana della Diocesi di Aversa. Il pellegrinaggio si svolgeva a partire da San Sossio e toccava la chiesa di San Biagio a Cardito, poi il Convento dei Cappuccini e la chiesa di Santa Maria di Campiglione (tenuta dai Domenicani e poi dai Carmelitani) a Caivano; si procedeva per le cappelle della campagna di Pascarola e di Crispano; si ritornava per la chiesa di San Maurizio a Frattaminore e per il Monastero degli Agostiniani di Pardinola. Come si vede si tratta di un tipo di pellegrinaggio che può essere inquadrato tra quelli che si sono da secoli realizzati nelle aree rurali napoletane e campane, come quello della Madonna dell'Arco e dello stesso Sant'Antonio d'Afragola, che si svolgono avendo per meta santuari e monasteri.
Pascarola si trova all'apice di un itinerario religioso che può prendere sia la direzione del cammino di san Michele Arcangelo (Maddaloni, Gualdo San'Arcangelo, Pascarola, Casapozzano), sia la direzione del cammino di Sant'Antonio (Pascarola, Caivano, Carditello, Fratta, Afragola).
La devozione di Pascarola a Sant'Antonio sicuramente s'inquadra nello spirito del pellegrinaggio rurale che trova una sede importante nella chiesa locale ed un importante riverbero foraniale.
Per la Madonna del Buon Consiglio, venerata a Genazzano nel Lazio, vale la forza di una devozione mariana che dal XV secolo è estesa su scala interregionale e che si integra e si alterna con la devozione ai titoli locali della Madonna. Sicuramente nell'area della diocesi di Aversa un punto di partenza, tra fine del '700 e inizio dell'800, della diffusione della devozione alla Madonna del Buon Consiglio lo si trova nell'opera dei Prelati di casa Lupoli a Frattamaggiore i quali istituirono l'opera del Ritiro e fondarono la Chiesa dedicata alla Madonna che essi appresero a venerare nei collegi laziali redentoristi della diocesi di Veroli. All'inizio dell'800 la devozione al Buon Consiglio era diffusa in tutte le chiese di Fratta, e fu portata dal giovane beato Modestino di Gesù e Maria anche nell'area dei conventi francescani napoletani. Oggi la devozione campana ha il suo punto di riferimento principale nella Basilica di Capodimonte, ed è presente in molte chiese e cappelle della diocesi di Aversa, tra queste anche quella di Pascarola.

Vediamo la tradizione trasmessa dai padri. La storiografia diocesana che analizza i documenti delle Rationes Decimarum, ci riferisce che in Pascarola nel XIV secolo esisteva una Cappella dedicata a Santa Maria che aveva una funzione vicaria rispetto alla principale Ecclesia di San Giorgio; dopo qualche decennio la situazione si presentava ribaltata: la Cappella era quella di San Giorgio e la Ecclesia era quella di Santa Maria. Si tratta di patronati medievali che vengono poi ridefiniti nel corso del tempo e soprattutto durante la formazione delle Parrocchie e delle Cappellanie stabilite dal Concilio di Trento. Pascarola consolidò così il patronato della chiesa parrocchiale di San Giorgio. La questione ci viene ben presentata dal canonico Francesco Di Virgilio che analizzò le Sante Visite dei Vescovi del '500 e del '600 e negli anni '90 del secolo scorso pubblicò in due tomi il censimento storico di tutte le chiese della diocesi di Aversa.
Secondo il canonico aversano la Chiesa antica di San Giorgio aveva una ubicazione diversa da quella attuale che sarebbe sorta sul luogo ove nel 1943 fu abbattuta un'altra antica cappella pericolante.
La lezione dei padri ci segnala così l'onore di un patronato antico scomparso, che almeno la seconda domenica di Luglio viene ricordato e celebrato con l'effige della Madonna sull'Altare Maggiore.

Dal pellegrinaggio e dalla devozione tradizionale dei padri ricaviamo due insegnamenti per la nostra vita cristiana di oggi. Il primo è quello di mettere sempre come meta del nostro percorso spirituale la santità che il Signore ci fa apprezzare nell'esempio di sant'Antonio che oggi Pascarola celebra per riempire delle grazie e dei doni del Signore la fatica dei campi e la letizia della festa.
Il secondo è quello di dare sempre un giusto peso alle tradizioni che i padri ci hanno tramandato per vivere, anche nelle difficoltà e nei mutamenti del presente, nello spirito della fede e dell'umiltà di Maria, le verità perenni della Parola nel Signore. 


mercoledì 4 luglio 2012

52° dell'ordinazione sacerdotale del vescovo Milano


Il 3 Luglio del 1960 Il giovane Mario Milano, in veste di Diacono stretto dalla sua Comunità, si avviò per essere ordinato Sacerdote. Sono 52 anni. Quel giorno egli lo rivede nel ricordo e nella consapevolezza della pienezza sacerdotale del Vescovo.
Allora la Santa Messa si celebrava ancora in latino e l'avvicinarsi all'altare del Signore era accompagnato dall' Introibo ad Altare Dei, ad Deum qui laetificat iuventutem meam: Vado all'Altare di Dio, a Dio che allieta la mia giovinezza.
Oggi, insieme con tutti i significati profondi dell'anniversario del sacerdozio, don Mario, padre Mario, S. E. l'arcivescovo Milano, celebra dunque un ricordo di giovinezza, di giovinezza perenne allietata e santificata dal Signore.
Mi piace annotare questo aspetto della giovinezza e della santificazione e collegarlo al vescovo Mario. Nella primavera del 1990, durante un pellegrinaggio a Montevergine, mi ritrovai a dialogare con una suora che parlava entusiasticamente del giovane vescovo che il papa aveva mandato a Sant'Angelo dei Lombardi, nell'Irpinia più profonda ancora ferita dal terremoto. Poi una mattina di qualche anno dopo, appena giunto ala sede di Aversa, lo incontrai a passeggiare in piazza San Pietro, giovanilmente elegante con il suo cappello borsalino in compagnia di don Francesco il suo giovane segretario.
Quel camminare per salire all'Altare del Signore che allieta la giovinezza e santifica le speranze dell'uomo credo che sia stato sempre presente nel suo cuore.

Sue parole: 
Dall’intima unione con Dio scaturisce la comunione come dono dello Spirito alla Sua Chiesa, come segno e strumento dell’unità di tutto il genere umano. Quanto bisogno ci sia di comunione nella nostra Chiesa è noto a tutti. Tutti lamentiamo divisioni, lacerazioni, contrapposizioni, chiusure, mancanza di dialogo e di apertura. Non possiamo negare che è diffusa una cultura individualistica, che fa fatica ad aprirsi alla cultura comunionale promossa dal Vaticano II. Da quanto sono in mezzo a voi, sono impegnato a favorire in tutti i modi la comunione fraterna tra il clero, i religiosi ed i laici, promovendo incontri di studio, di lavoro, di preghiera e anche di gioiosa convivialità. Non c’è altra scuola di comunione, da cui si possa imparare la grande lezione dell’amore fraterno, che il Cuore di Cristo Signore sempre attento agli altri fino alla dimenticanza di sè. La stessa pietà Mariana, vissuta nella sua autenticità di scuola di spiritualità, ci aiuterà tanto a coltivare la vera comunione nella nostra Chiesa.
La Chiesa è santa perché partecipa della santità del Suo Signore, il solo Santo. Pur sperimentando infatti la triste realtà del peccato nei suoi membri perché comunità di peccatori, è chiamata tutta ad essere santa. È quanto ci ricorda il capitolo V della costituzione Conciliare “Lumen Gentium”. Tutti nella Chiesa sono chiamati ad essere santi secondo il proprio stato di vita ed i propri doni di grazia e di natura. Dobbiamo prendere ogni giorno coscienza dì questa chiamata divina alla santità, ogni giorno è dono di grazia che il Signore ci elargisce per realizzare il Suo disegno su di noi: la nostra santificazione”.


40° dell'ordinazione sacerdotale di don Armando Broccoletti


La sera del 1 Luglio 2012 nella chiesa di San Rocco di Frattamaggiore in diocesi di Aversa, il parroco don Armando Broccoletti ha celebrato il 40° dell'ordinazione sacerdotale. E' stato a lungo parroco della chiesa dello Spirito Santo di Casale di Principe, dal 1977 al 2000, prima di esserlo di San Rocco, ove ha portato l’esperienza di una lunga attività pastorale e comunitaria vissuta come testimonianza di fede e di vita cristiana in un contesto sociale e culturale caratteristico e complesso. Oggi egli è stato scelto dal vescovo Angelo Spinillo ad essere direttore della Caritas diocesana.
La celebrazione è iniziata con un fitto corteo di sacerdoti e ministri che ha accompaganto don Armando ed ha attraversato la chiesa stracolma di fedeli. All'inizio e alla conclusione della solenne liturgia, l'opera e la figura di don Armando sono state brevemente presentate dal lettore Enzo Vitale e dal sottoscritto. Don Armando è il prete della semplicità e della carità, tratti che si corroborano con la cultura rurale e comunitaria dell'ambiente d'origine; egli opera nel contesto della chiesa particolare della parrocchia e della diocesi e la sua fama è estesa anche negli ambiti della chiesa universale. Da questi ambiti gli sono pervenuti un elogio ed un saluto per l'occasione del 40°.
   L'elogio è quello che si legge in una lettera del 2009 del teologo calabrese Giovanni Mazzillo dall'Eremo delle Sarre. Con don Armando il teologo Mazzillo ha costituito un gruppo di amici formatosi tra il 1968 e il 1972 nel Seminario Teologico Interregionale 'San Luigi' di Posillipo. Un gruppo che periodicamente s'incontra ed annovera tra le sue file Giovanni D'Alise vescovo di Ariano Irpino; esso ha anche un riferimento in rete nel sito puntopace.net gestito dell'Eremo delle Sarre. Giovanni Mazzillo definisce l'incontro con la Comunità di San Rocco come una esperienza positiva e rigenerante:
Ero stato invitato da un mio collega di studi di teologia, don Armando Broccoletti (sì, il cognome vi farà sorridere, ma non è affatto consono alla persona di Armando, che con broccoli e derivati non centra proprio niente, visto che è volitivo, impegnato, amato dalla sua gente) e sono stato nella sua parrocchia di “San Rocco” a Frattamaggiore (provincia di Napoli), a guidare due incontri sulla teologia di San Paolo. Ci sono stato lunedì e martedì, organizzando e semplificando il materiale complesso e difficile del pensiero di San Paolo su Cristo e sulla Chiesa. Ho toccato con mano quanto sia importante e costruttivo il clima di comunità, di voglia di sapere di più e di capire di più. I partecipanti sono stati numerosi e attenti e mi hanno anche rivolto domande interessanti. Il clima di famiglia, dai rapporti semplici e diretti (siamo stati sempre invitati a pranzo e a cena, con un senso di grande accoglienza e ospitalità) mi ha riconfermato nel valore su uno stile di vita e di pastorale che va in questa direzione e che da parte nostra cerchiamo di seguire anche noi, con don Benjamin e gli altri della nostra comunità delle Sarre. A questa esperienza positiva e “rigenerante” si è aggiunta la gioia di aver rivisto e/o sentito alcuni colleghi più o meno nostri coetanei, tra i quali Pasquale Capasso, Fiorelmo, Carlo de Laurentis, Pasquale Gentile”.
   Il saluto è stato quello letto in una lettera dalla Nunziatura Apostolica di Bosnia- Erzegovina, datata la sera del 30 Giugno 2012, con la quale S. E. Alessandro D'Errico, che inizia proprio in questi giorni la sua nuova missione di Nunzio Apostolico in Croazia, si unisce al presbiterio aversano per ringraziare il Signore del dono del Sacerdozio di don Armando e per il bene dispensato in questi anni.