lunedì 23 novembre 2020

IL GIUBILEO LAURETANO

Cattedrale di Aversa: sacello lauretano

Nella Diocesi di Aversa il Giubileo Lauretano è dedicato tradizionalmente alla Madonna di Loreto, compatrona della Diocesi insieme con San Paolo Apostolo. La sua celebrazione, legata alla concessione della indulgenza plenaria, si protrae dal 21 novembre al 10 dicembre e si attua con un continuo pellegrinaggio che coinvolge le numerose comunità parrocchiali della Diocesi e migliaia di fedeli. 

La devozione per la Madonna di Loreto si è sviluppata nel periodo post-tridentino ed ha avuto all’origine una storia singolare legata alla costruzione del sacello lauretano nel transetto laterale della cattedrale di Aversa. In pratica esso è una ricostruzione in scala ridotta, della Santa Casa di Nazareth che si visita nel santuario marchigiano di Loreto.
Il vescovo aversano Carlo I Carafa (1616-1644), che fu nunzio pontificio in Germania e pellegrino a Loreto, rimase colpito dalla Santa Casa e volle farne costruire una copia identica, di sana pianta, all'interno della sua cattedrale.

Seminario di Aversa: Carlo I Carafa


Sacratissimae Dei Matri Virgini Carolus Episcopus Aversanus in humilissimam gratiarum actionem: è la dedica a Maria impressa sul suo libro pubblicato in Aversa nel 1630 a resoconto e a divulgazione del suo lavoro di diplomatico al servizio della Chiesa: Commentaria de Germania Sacra Restaurata...

L'anno della stampa è lo stesso della costruzione del sacello lauretano in cattedrale e in cui si rafforza la testimonianza dell'umile devozione del vescovo Carlo Carafa che a Maria volle dedicare la sua opera ed il suo ministero, come volle che fosse posta ai piedi del monumento mariano aversano la sepoltura delle sue spoglie mortali.

L'iniziativa del vescovo Carafa ebbe significati prestigiosi e devozionali, legandosi alla concessione dell’indulgenza plenaria; ed il modello aversano della casa di Nazareth fin dal '600 è stato fortemente legato alla spiritualità mariana in Diocesi.

La formula dell’indulgenza plenaria connessa al Giubileo Lauretano di Aversa riecheggia gli auspici del vescovo fondatore:
…dal 21 novembre al 10 dicembre, nel giorno dell’apertura e della chiusura del Giubileo Lauretano, e una sola volta in un giorno a scelta dai singoli fedeli, che “con l’animo distaccato dall’affetto al peccato, visiteranno la Cattedrale e ivi parteciperanno ad una celebrazione o almeno vi recitano piamente il Padre nostro e il Credo”, viene concessa alle solite condizioni (Confessione, Comunione Eucaristica, preghiera per il Papa) l’indulgenza plenaria, applicabile anche ai defunti.
Ogni anno tutte le componenti di tutte le età e di tutte le esperienze diocesane si sono sempre ritrovate in preghiera nel duomo normanno vivendo insieme con il vescovo momenti importanti e ricordevoli della propria fede e della propria appartenenza ecclesiale. I giovani, gli anziani, i seminaristi, il clero, i religiosi e i laici fraternizzano raccogliendo i frutti devoti del sacro pellegrinaggio mariano e proponendo impegni entusiastici nella testimonianza della fede. Il dialogo e l'incontro del pellegrinaggio annuale sono occasioni di novità e di un rivedersi tra amici e conoscenti. Prevalgono sorrisi, speranze e narrazioni di percorsi e di progetti, di situazioni memorabili da condividere.

Tutti i vescovi e fedeli aversani hanno nei secoli rivolto alla Vergine Lauretana un segno della loro devozione, una preghiera speciale, una cappella musicale, opere di carità, una ricerca orante della sua materna protezione nelle varie circostanze ed attualità della vita.


Angelo Spinillo, vescovo di Aversa


Quest’anno 2020, in tempo di pandemia, il pellegrinaggio lauretano assume il carattere particolare della unione spirituale nella preghiera da vivere nelle varie comunità locali della Diocesi. Il Vescovo Angelo Spinillo ha indicato le motivazioni pastorali con una lettera al clero:


[…] come è tradizione nella nostra Chiesa diocesana, dal prossimo 21 novembre, memoria della Presentazione della B.V. Maria al Tempio, fino al 10 dicembre, memoria della B.V. di Loreto, celebriamo il Giubileo lauretano. Non potendo, quest’anno, viverlo nella consueta forma dei pellegrinaggi dalle Foranie alla Cattedrale per onorare Maria con la visita alla riproduzione della Santa Casa di Loreto, potremo essere spiritualmente uniti in preghiera e invocare l’intercessione della Beata Vergine Maria, in questo tempo difficile e sofferto, recitando con le nostre comunità la preghiera che ora vi invio.

[…] proponiamo a tutti di recitare comunitariamente questa preghiera alla fine della santa messa, in tutti i giorni del Giubileo lauretano. Successivamente, poi, per tutto il tempo in cui dovremo ancora combattere l’epidemia, di continuare a recitarla a conclusione del santo rosario che, di solito, precede la celebrazione eucaristica.

[…] possiamo ritenere significativa anche la coincidenza con la celebrazione del giorno 8 dicembre, solennità dell’Immacolata Concezione di Maria, nella quale si ricorda anche la liberazione, attribuita all’intercessione della Madonna (7 dicembre 1656), del nostro territorio dalla terribile epidemia di peste, che fu detta “peste di Napoli”. La grossa difficoltà e la sofferenza…  ci chiama ad essere solidali nella preghiera per essere attivi nella carità e nella fraternità che condivide la grazia della fede e della speranza.


Preghiamo con la preghiera scritta per quest’anno dal vescovo di Aversa:





martedì 17 novembre 2020

Tratti di spiritualità dall’Abbé Quoist, no comment

Fonte: M. Quoist, Preghiere, Marietti 1996

Signore, fa' che con calma riempia le mie giornate,
come il mare lentamente ricopre tutta la spiaggia;
illumina la mia vita come i raggi del tuo sole
fanno cantare la superficie delle acque.


Io credo che l'amore non può morire,
perché viene da Dio e ritorna a Dio,
passando attraverso l'uomo libero
che si apre, riceve e a sua volta ridona.


Vivere l'amore, significa talvolta 

incamminarsi lungo sentieri non segnalati.
E ci vuole molta fedeltà, lealtà ed umiltà 

per non smarrirsi ed impantanarsi.


Eppure non sono in pace.
Mi insegui, o Signore, sei in agguato da ogni parte.
Cerco il rumore perché temo di sentirti,
ma ti infiltri in un silenzio.
Fuggo dalla via perché ti ho intravisto,
ma mi attendi quando giungo in fondo alla strada.
Dove mi potrei nascondere? Ovunque t'incontro:
non è dunque possibile sfuggirti!


Signore, mi hai afferrato, e non ho potuto resisterti.
Sono corso a lungo, ma tu m'inseguivi.
Prendevo vie traverse, ma tu le conoscevi.
Mi hai raggiunto. Mi sono dibattuto. Hai vinto!
Eccomi, o Signore, ho detto sì, 

all'estremo del soffio e della lotta, quasi mio malgrado;
ed ero là, tremante come un vinto alla mercé del vincitore,
quando su di me ha posato il Tuo sguardo di Amore.


Il tempo è uno stupendo regalo che Dio ci fa. 

Egli ne domanderà il conto esatto. 

Ma non temere, Dio non è un cattivo padrone. 

Non ci dà nessun lavoro senza offrirci i mezzi per compierlo. 

Si ha sempre il tempo di fare ciò che Dio ci dà da fare.


Nel pomeriggio ho visitato un malato all'ospedale.
Di padiglione in padiglione, ho dovuto percorrere questa
Città della passione, indovinando i drammi nascosti
dai muri chiari e dai fiori delle aiuole.


Domenica. Signore, stasera, sono solo.
A poco a poco, i rumori si sono spenti nella chiesa,
le persone se ne sono andate,
ed io sono rientrato in casa, solo.


L'umanità ha bisogno di te
Come la sinfonia ha bisogno di ogni nota
Come il libro ha bisogno di ogni parola
Come la casa ha bisogno di ogni pietra
Come l'oceano ha bisogno di ogni goccia d'acqua
Come la messe ha bisogno di ogni chicco
l'umanità intera ha bisogno di te, qui dove sei, unico.


La vita è bella Signore, e voglio coglierla
come si colgono i fiori in un mattino di primavera.
Ma so, mio Signore, che il fiore nasce
solo alla fine di un lungo inverno,
in cui la morte ha infierito.


Fa', o Signore, che non perda mai 

il senso del sorprendente.
Concedimi il dono dello stupore!
Donami occhi rispettosi del tuo creato,
occhi attenti, occhi riconoscenti.


Adesso Signore, sto per chiudere le mie palpebre,
perché i miei occhi questa sera hanno finito il loro lavoro,
e il mio sguardo sta per rientrare nella mia anima
dopo aver girato una giornata nel giardino degli uomini.


La biografia di Michel Quoist


venerdì 6 novembre 2020

RISVOLTI DI RELIGIOSITA' PER GIGI PROIETTI


Frattamaggiore - Oratorio San Filippo Neri- Effige maiolicata
 

Da circa un decennio è funzionante nel quartiere di Chiazzanova di Frattamaggiore l’Oratorio parrocchiale di San Filippo Neri. Un antico palazzo rurale con piano nobile che è stato trasformato in una struttura complessa con ampie sale, salotti, ballatoi e cappella, dislocati su due piani; che circondano a modo di gallerie di teatro il grande cortile a platea, che funge da luogo di aggregazione per assemblee numerose che partecipano a celebrazioni religiose e ad eventi di comunicazione.

Campeggia sulla pedana della corte una notevole rappresentazione artistica moderna: una grande effige maiolicata di San Filippo Neri con i suoi ragazzi disegnati sullo sfondo della campagna romana.

Lo mission dell’Oratorio ed il significato della rappresentazione furono specificati dal parroco fondatore, ora emerito, don Nicola Giallaurito:

All’ombra dell’Oratorio, i giovani, ma anche gli adulti, troveranno il gusto dello stare insieme uscendo dall’anonimato, condivideranno esperienze, scopriranno di avere difficoltà e problemi comuni, troveranno risposte adeguate ai tanti “perché” dell’esistenza. L’Oratorio vincerà la sfida che la società odierna lancia a voi giovani, spesso confusi e disorientati, se saprà diventare palestra di idee, finestra aperta sul mondo, luogo di riflessione e di conoscenza, in un clima di sana e non vuota allegria, tipico del modello primitivo di Oratorio voluto dal nostro Patrono e Protettore della gioventù: San Filippo Neri.

Nella effige posta sul muro dell’Oratorio frattese il volto di San Filippo è rappresentato dalle sembianze di Gigi Proietti, che all’epoca della inaugurazione aveva interpretato con intensità e bravura il ruolo del santo nella fiction televisiva Preferisco il Paradiso. L’ispirazione alla fiction, alla sua ambientazione e ai suoi personaggi, fu allora palese dal momento che l’artista volle sottolineare anche con la parola Paradiso… lo scenario disegnato nella effige.

Si trattò sicuramente di un omaggio a ciò che apparve subito al parroco don Nicola come un tratto importante della personalità dell’attore: un sentimento non ostentato della religiosità umile e nobile.

Alla dipartita di Gigi Proietti, defunto ottantenne il due novembre scorso, Il suo ricordo è stato onorato a tutti i livelli civili, professionali, artistici con gli omaggi particolari che l’intera città di Roma, le istituzioni, ed il mondo della cultura e della comunicazioni hanno voluto porgergli.

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella lo ha voluto ricordare come:

intellettuale lucido e appassionato, sempre attento e sensibile alle istanze delle fasce più deboli e al rinnovamento della società.

Tra l’altro, su Vatican News è stata pubblicato l’audio di una intervista a Proietti che narra la sua esperienza, anche religiosa, di interprete di San Filippo Neri.

La celebrazione esequiale si è tenuta nella Basilica di Santa Maria in Montesanto (Chiesa degli Artisti a Piazza del Popolo), dopo che il corteo si era portato dal Campidoglio a Villa Borghese (al Globe Theatre) per la commemorazione fatta da Virginia Raggi sindaco di Roma, da Walter Veltroni e dagli attori suoi allievi.

Da don Walter Insero, Rettore della Chiesa degli Artisti e amico personale di Gigi Proietti, si sono avute parole importanti sulla religiosità dell’attore:

"Gigi era un uomo mite, paziente, colto, raffinato, un uomo pacifico, per nulla vendicativo… ha messo a frutto la sua intelligenza dopo aver fatto un teatro d'avanguardia, a favore di una spettacolarità più popolare, ha voluto essere un artista popolare, sempre con uno sguardo leggero e affettuoso. Una scelta rischiosa. Ma si rivedeva nella fragilità degli uomini, ne sapeva sorridere, esaltandola […] Era fiero della messa in latino affascinato dal sacro e da Dio, dal senso del mistico. Da piccolo aveva fatto il chierichetto e della sua Tosca amava profondamente il Te Deum e sul suo palcoscenico si ripeteva la profondità poetica della liturgia".

Il Rettore ha ricordato la devozione di Proietti per Padre Pio e:

il grande e profondo l'affetto nei confronti di Papa Francesco, la sua scelta di prediligere i poveri, gli ultimi […] Non sopportava le bestemmie. Lo inorridivano. Aiutava i poveri e spesso trascorreva il Natale, accanto alla moglie, con i carcerati di Rebibbia e di Regina Coeli. Fino all'ultimo con i suoi collaboratori pensava di poter continuare a lavorare -ha concluso- faceva progetti soprattutto per aiutare tante famiglie in questo momento di pandemia.

In rete si sicorda la sua preghiera come attore:

Signore preservami dai contenuti, salvami dal significato, fulminami all’istante qualora fossi preso dalla tentazione del messaggio.

E si ricorda anche il suo concetto espresso nella Lectio per il titolo di Professore emerito Honoris causa all’Università di Tor Vergata:

La comicità è un grande mistero. Si sa solo che fa ridere.

Ugo Pagliai alla celebrazione esequiale lo ha commossamente accompagnato con la Preghiera dell’Artista, che evoca nei concetti il pensiero del Magistero della Chiesa:

O Signore della bellezza, Onnipotente Creatore di ogni cosa,

Tu che hai plasmato le creature imprimendo in loro l’impronta mirabile della tua gloria, Tu che hai illuminato l’intimo di ogni uomo con la luce del tuo volto, volgi su noi lo sguardo e abbi pietà di noi, della nostra debolezza, della nostra povertà, volgi i tuoi occhi sul nostro lavoro, sulle nostre fatiche di ogni giorno,guardaci, siamo gli artisti, i tuoi artisti. Siamo pittori, scultori, musicisti, attori, poeti, danzatori, siamo i tuoi piccoli che amano vivere sulle ali della poesia per poterti stare più vicino, e per aiutare i fratelli a guardare più in alto nel tuo cielo e più in profondità, nel loro cuore. Perdonaci se siamo fragili e incostanti, ma siano uomini, donaci la tua forza, quella che scopriamo nella tua Parola, quella che sentiamo nella tua grazia, quella che riceviamo dalla tua Eucaristia, da quel pane spezzato che è comunione, fraternità e gioia. Ti preghiamo per noi, per tutti gli artisti, per il mondo distratto, fa’ che possiamo aiutare tutti gli uomini a scoprire qualcosa di Te, attraverso la nostra arte. La nostra vita sia un canto di lode alla tua bellezza e le nostre opere i raggi luminosi che illuminano le strade degli uomini. Donaci il tuo perdono e la tua benevolenza, donaci il tuo Spirito di sapienza e di bellezza, ispiraci con il tuo amore e la tua grazia, e donaci ali stupende affinché con l’arte ci innalziamo fino a te. Te lo chiediamo per Gesù Cristo, Signore e fratello nostro. Amen


Trailer del film Preferisco il Paradiso

domenica 1 novembre 2020

COMMEMORAZIONE DEI DEFUNTI

P. S. - Cappellina campestre della deposizione

Sono trascorsi 25 anni dalla pubblicazione di questa mia meditazione sulla pagina diocesana di Avvenire (1995). La ripropongo, rivivendola ancora oggi.


L'autunno è nella sua pienezza, l'estate è passata, l'inverno si intravede all'orizzonte del tempo che viene.

La natura depone lentamente la vitalità trascorsa e si accinge al riposo della stagione ultima, fiduciosa nel risveglio primaverile.

La commemorazione dei defunti e il ricordo dei cari trapassati si pongono in questo contesto stagionale.

Dove la sofferenza è indotta da una morte che interviene a negare le tensioni di una vita che vorrebbe ancora sussistere; e che vorrebbe concludersi ancora un poco oltre, dopo l'esperienza della sua pienezza, senza troppo dolore.

Dove la pienezza della vita va oltre il limite del ciclo temporale in corso, e si diffonde umilmente, ma fortemente, in quelli successivi ed ulteriori che non sono ancora dati ma che sicuramente appieno saranno.

Dove la deposizione del corpo appare negare il passaggio dell'essere oltre la barriera del tempo che gli è dato, e l'introduzione nel sogno di una nuova primavera della vita.

Dove la tristezza, quando si muore dintorno, è nella sensazione di non riuscire a vedere ancora il luogo cristiano del mistero pasquale che accoglie le speranze della vita, e che solo il Padre conosce.

Nel ciclo in corso sussiste però la tradizione che seppellisce i defunti nei riti delle 'Confraternite della buona morte'; e sussiste il ricordo del nome dei cari che nei cimiteri, nelle 'terre sante', negli angoli e nelle edicole casalinghe, si addobba di fiori e di luci, si onora del ritorno dei parenti lontani; si celebra con il racconto delle gesta, degli esempi e delle scelte, nei quali rivivono, talora non senza la gioia e il convivio dei celebranti, protagonisti gli estinti; la cui anima si spera trasformata in lume di gloria.

E si prega il Signore che mantenga la fede e la vita intorno e oltre la morte:

"Signore... hai voluto essere deposto in un sepolcro e ti sei degnato di accordare ai tuoi fedeli l'esempio della risurrezione...". 


sabato 31 ottobre 2020

“Strada facendo, predicate ...” (In memoria di don Tonino Vitale)


Ne ha fatto di strada quotidianamente, ferialmente, don Tonino, sacerdote frattese. Negli ultimi anni, dopo la dipartita nel 2015 di don Enzo Capasso suo confratello e compagno di cammino, cinque chilometri solo al mattino, dopo aver detto Messa, in giro per motivi terapeutici e per la spesa elettiva di libri, riviste e derrate nei negozi di cui era cliente abituale e che si trovavano nei punti distanti dal centro storico alla periferia del paese. La attraversava tutta la città, a piedi, dentro, in lungo e in largo. Spesso appariva un solitario camminatore; ma più spesso passeggiava in compagnia di amici, dialogando fraternamente con garbo di fatti interpersonali, ma anche discutendo appassionatamente di cose sociali, pubbliche ed ecclesiali, richiamando l’attenzione e la partecipazione anche di ascoltatori occasionali. Durante il cammino, con la testimonianza della fede forte, con le parole vissute del suo ministero sacerdotale, aiutava a ricostruire la sincerità umana e la via della ricerca e dell’amicizia di Dio. Raffinato intellettuale cattolico conoscitore profondo del magistero, di figure sacerdotali, di pensieri e di autori, egli donava cordiali e luminosi sprazzi sapienziali di teologia, di cristologia particolarmente, di dottrina sociale e di scienza umana dell’educazione.

Ritornava poi al suo studio, nella sua casa a Via Genoino, alla sua scrivania sormontata di pile di libri, a ripensare, a sistemare le idee. A prendere appunti e a ricevere amici per continuare ancora a dialogare prima del pranzo.

L’altra mattina il presbiterio frattese e diocesano si è riunito commosso nella celebrazione della sua Messa esequiale nella Basilica di San Sossio, presieduta dal vescovo don Angelo Spinillo. La commemorazione del vescovo, incentrata sulla “limpidezza” del ministero sacerdotale e sulla “graffiante” esortazione etica ed ecclesiale di don Tonino, ha fatto da eco a quella commossamente pubblicata di primo mattino dall’amico e confratello Antonio Anatriello, il quale con lui, come con il vescovo Alessandro D’Errico e con don Enzo Capasso, ha condiviso percorsi e discorsi fin dagli studi giovanili al Seminario di Aversa.


Il curriculum vitae di don Antonio Vitale, ed alcuni tratti della sua spiritualità hanno ricevuto una puntuale rappresentazione dalle parole affidate ai social da don Angelo Crispino, in qualità di Presidente della antica Congrega dei Preti Frattesi, e da Francesco Vitale suo fratello. Don Angelo ha evidenziato la ricchezza umana e l’impegno sacerdotale di don Tonino:


Questa sua ricchezza umana la coniugava intensamente con una vasta e profonda cultura, frutto di letture sistematiche e di studio serio con cui si cibava quotidianamente e metteva a disposizione di tutti specie nel suo magistero di educatore nella scuola primaria che lo ha avuto insigne maestro e risorsa esemplare nella istituzione scolastica" De Amicis" di S. Arpino.

Anche in campo ecclesiale, è stato portatore di un ricco patrimonio sacerdotale che ha avuto origine nel Santuario dell'Immacolata ed è stato ereditato da una pull di luminosi sacerdoti frattesi negli anni 60/70 che hanno splendidamente operato nel territorio e sono stati a fondamento di una storia civile e religiosa che fa onore alla nostra città.

Nel solco delle eccellenti testimonianze umane e sacerdotali di don Gennaro Auletta, don Nicola Russo, don Angelo Perrotta, don Luigi Pezzullo, don Ciccio Caserta, anche Tonino, come tanti altri ancora in cammino di servizio sacerdotale, ha maturato la sua vocazione unitamente a don Sandro D'Errico oggi Nunzio apostolico a Malta e in Libia, e il compianto don Enzo Capasso e ha realizzato il suo impegno di sacro ministero come collaboratore pastorale di don Michele Costanzo nella parrocchia di Maria SS. del Carmine e S. Ciro e come assistente spirituale del gruppo scout, intessendo con tutti rapporti di familiarità, di amicizia e di condivisione associativa e spirituale.

Una testimonianza che è continuata nel servizio di sacro ministero presso le Suore di Cristo Re, come cappellano,nel Santuario dell' Immacolata come collaboratore del Rettore don Mimmo De Rosa e infine nella parrocchia di S. Sossio dove lo ringrazieremo e lo saluteremo oggi partecipando come presbiterio diocesano e frattese alla liturgia di suffragio e di commiato accompagnandolo nel suo viaggio verso il Signore della luce e della vita per ricevere il premio della gloria e della felicità eterna.


Il fratello Francesco ha voluto rimarcare la vocazione sacerdotale di don Tonino ed alcuni suoi riferimenti spirituali ispirati al Servo di Dio, il vescovo don Tonino Bello.

Davvero mai come in queste ore desidero rendere grazie a Dio, Nostro Signore Gesù Cristo, per l’istituzione del Santissimo Sacramento dell’Eucaristia e del servizio sacerdotale. Pensavo, nel corso della Celebrazione del suo rito funebre, che Dio, ogni qualvolta nasce un bimbo o una bimba, ci sorride e ci da nuova fiducia e speranza (paradossalmente, ha Lui fiducia di noi!) e ogni qualvolta un giovane decide di rispondere con il suo “Eccomi!” alla Sua chiamata, il Signore stesso ci soccorre, materialmente, con la concretezza della testimonianza dei Suoi Sacerdoti, per darci forza e coraggio, sostegno e speranza viva nel nostro cammino, non sempre facile, per la nostra umanizzazione. Ringrazio ancora tutti, anche a nome della mia famiglia, per il calore umano che ci ha circondati e che ha reso, in una certa misura, la nostra comunità cittadina - la nostra pur grande, ormai, cittadina - fraterna, accogliente e inclusiva, come una piccola comunità come la nostra amatissima Frattamaggiore lo è stata, sicuramente, un tempo ormai lontano. Ancora grazie a tutti e a ciascuno, e grazie a Dio, per il dono di Tonino che amava tanto sentirsi chiamare “don Tonino”, sol perché gli ricordava un suo caro modello di Sacerdote, uno dei suoi tanti, quel “don Tonino” Bello, anche lui, pur Vescovo, così lontano dal potere; con quella sua esortazione a passare “dai segni del potere al potere dei segni” con la coerenza di una intera traiettoria di vita terrena tale che “salda le parole con i fatti”.


Da Malta Il Nunzio Apostolico Alessandro D’Errico, appena saputo della dipartita di don Tonino. Ha scritto:

Pessima notizia..... di quelle che non vorresti mai sentire.... che mi ha reso molto triste... Perdo un Fratello ... Un Grande.... Un degnissimo Sacerdote, che fa onore alla tradizione del Clero frattese ..... Riposa in pace, caro Tonino.... Continua a ricordarti di noi.... Ci consola la promessa dell'immortalità futura.


Don Nicola Giallaurito, parroco emerito, lo ha così ricordato:

Come Gesù anch'io piango alla morte dell'amico Lazzaro, ben sapendo che "questa malattia non è per la morte, ma è per la Gloria di Dio" (Gv.11,4). 

Ho perso … , una vera passione rivissuta nel mio cuore, la dipartita di un caro amico: Un Sacerdote di strada "don Tonino" Vitale, ricercatore instancabile e difensore della Verità. Egli ha perseguito "tutto quello che è vero, nobile, giusto ecc. quello che è virtù e merita lode...è stato oggetto dei suoi pensieri…" Ammettilo, Signore nella Luce della Eternità beata.


E così don Mimmo De Rosa, Rettore del Santuario dell’Immacolata:


Questa mattina il mio cuore è triste… don Antonio Vitale è tornato alla Casa del Padre! Ho perso un fratello, un amico, un confidente, un sacerdote che dava sempre il cuore. Riposa in Pace fratello caro!



Numerosi altri commenti commemorativi sono stati pubblicati da amici ed ammiratori.

Personalmente mi lega a don Tonino una amicizia lieta ed antica. Alle classi elementari, nella seconda metà degli anni ‘50 sedevamo come capiclasse insieme nello stesso banco: alla prima e alla seconda con il maestro Burrone prematuramente scomparso, alla terza con il severo don Vincenzo Cirillo parroco di San Filippo, e alla quarta con il bravissimo maestro Peluso. Alla quinta la nostra classe fu smembrata e capitammo in sezioni diverse. Diverso fu anche il percorso degli studi di scuola secondaria. Però non ci perdemmo mai di vista e conservavamo sempre il ricordo delle marachelle del Marconi. Ci reincontrammo in età giovanile per la motivazione religiosa e per la fraterna amicizia comune con Antonio Anatriello, quando egli in Seminario era ormai avviato agli studi teologici per il sacerdozio.


La Parrocchia di San Rocco, all’epoca del parroco don Giuseppe Ratto, fu un luogo privilegiato per i contatti con don Tonino Vitale, quando lo si vide partecipare con le sue catechesi all’esperienza del gruppo giovanile che si andò formando con la guida pastorale di Antonio Anatriello, e quando divenne poi egli stesso stretto collaboratore del parroco per la cura della comunità ecclesiale.

E’ stata la vita partecipe alle vicende, ai cambiamenti, e ai discorsi ecclesiali, che ci ha fatto poi sempre reincontrare nei momenti significativi, celebrativi e culturali che trovavano un riverbero anche sul piano locale.

L’amicizia con don Tonino Vitale non ha potuto mai prescindere da quella con Antonio Anatriello, con Enzo Capasso, con Alessandro D’Errico, sacerdoti della sua generazione; e non ha potuto prescindere da quella con tutti gli altri componenti della comunità ecclesiale locale, sacerdoti e ministri che hanno avuto il dono del dialogo forte e sincero con don Tonino.


Ricordo che come maestro di scuola elementare, fortemente relazionato al direttore Vergara, egli faceva riferimento spesso alla figura di Don Lorenzo Milani, e alle esperienze educative innovative di Orlando Limone maestro santarpinese di lui amico. Ricordo la testimonianza dei suoi interventi pubblici ai convegni e ai dibattiti laici sulla cultura giovanile, sulla letteratura, sul cinema e sulla politica. Ricordo la sua appassionata ricerca dei temi teologici e della spiritualità contemporanea; il correre stipato insieme con i suoi confratelli nella mia cinquecento, all’ascolto di Carlo Carretto nell’Annunziata di Capua che spiegava il suo “Deserto in città”; oppure all'ascolto del vescovo Chiarinelli che teneva conferenze di filosofia al Pontano, scuola retta dai Gesuiti.

Ricordo le domeniche in cui gli ho servito Messa alle 12.30 come diacono nella Basilica di San Sossio e le sue omelie sul Risorto dette con il cuore e con la mente, e come in attesa della risposta della Chiesa.

Ricordo l’appassionata e ammirata celebrazione che il vescovo Milano volle dedicare nella Basilica di San Sossio al 40° della sua ordinazione sacerdotale.

Non nascosto era il suo amore per la spiritualità francescana, che esemplificava con le sue esperienze vissute insieme con il presbiterio diocesano al tempo del vescovo Chiarinelli che lo conduceva al pellegrinaggio reatino, e che recentemente ha rivissuto umilmente partecipando in preghiera alla cerimonia di ammissione all’ordine francescano secolare del fratello Francesco.

Ho camminato spesso con lui accompagnandolo nel suo intero percorso cittadino.

Con il vescovo Angelo Spinillo, quasi coetaneo, don Tonino si è sempre dato del tu; e sicuramente nel suo cammino quotidiano ha potuto far talvolta riferimento al motto evangelico dello stemma episcopale gratis accepistis, gratis date” (Mt 10,8). Per trovare una analogia al significato del suo cammino frattese quotidiano, che come sacerdote e guida d’anime, non gli poteva sfuggire nella sua valenza di apostolato itinerante: In quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli:Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”.


martedì 29 settembre 2020

LA DEVOZIONE A SAN MICHELE ARCANGELO - Conferenza in occasione della festa patronale 2001 nella Chiesa di San Michele Arcangelo di Casapozzano

 

San Michele Arcangelo - Affresco in S. Angelo in Formis

1. I SANTI PATRONI: Motivi Luoghi Esempi

Quando un paese celebra il suo Santo Patrono vuol dire che esso intende affidare la propria storia e la propria religiosità alla protezione, all’aiuto e alla benevolenza di questo Santo. Un Santo Patrono non è mai scelto per caso, o per motivi inspiegabili, oppure per imposizioni esterne.

Nella storia di un paese c’è sempre una motivazione, c’è sempre un avvenimento particolare, o vi sono eventi più complessi, i quali legano la devozione religiosa della Comunità al Santo che la protegge e la custodisce.

A volte il motivo è un miracolo che si verifica, oppure è un’apparizione divina che rende sacri luoghi ed abitudini; talvolta il motivo si ritrova in tradizioni antiche e leggendarie, e si lega anche al passaggio di un Santo per il paese che lo onora come Patrono o all’appartenenza originaria dello stesso Santo Patrono alla Comunità che lo celebra.

Vi sono infine molti altri motivi storici che possono giustificare la devozione di un popolo per un Santo Patrono. Moltissimi sono gli esempi che si potrebbero proporre per tutti questi casi, nelle grandi città, nei territori nazionali, nei piccoli paesi.

Ad esempio, San Benedetto da Norcia, Patriarca del monachesimo occidentale, è Patrono dell’Europa perché ai suoi monaci si deve l’evangelizzazione di questo Continente e la diffusione della civiltà cristiana in esso. San Francesco d’Assisi è Patrono dell’Italia perché dall’Italia partì e si diffuse il movimento francescano, e la sua predicazione si colloca anche all’origine della Letteratura Italiana.

Tra gli esempi più vicini al nostro territorio diocesano è quello dell’Apostolo Paolo per la Chiesa di Aversa, il quale si ritiene per antica tradizione che fosse transitato per quel luogo quando da Pozzuoli si portò in Atella e a Capua, per poi giungere a Roma. Un altro esempio è quello di San Sossio per Frattamaggiore che condivide con i Frattesi l’origine da Miseno; ed un altro esempio ancora è quello di Sant’Elpidio, il quale era un Vescovo nell’antica Atella ed ora è Patrono di Sant’Arpino che sorge sul territorio della città scomparsa.


2. I SANTI PATRONI NELLA FEDE: Cielo divino e Percorso terreno

In tutti questi casi, secondo la fede cristiana, i Santi Patroni costituiscono per la Comunità che rappresentano un tratto di unione importantissimo della loro vita storica e terrena con la vita soprannaturale e divina. Essi sono mediatori privilegiati della preghiera a Dio e portatori delle risposte della Grazia divina ai bisogni e alle richieste della Comunità.

I Santi Patroni sono garanzia e riflesso della mediazione tra Dio e l’uomo; mediazione che trova il senso più pieno, dal punto di vista teologico e dogmatico, in Gesù Cristo, Figlio di Dio fatto Uomo, e in Maria Madre di Dio trova il riverbero più luminoso.

In questo senso è rilevante il dato della vicinanza del Santo alla storia e alla religiosità del luogo di cui è Patrono. Un altro dato importante e particolare della devozione ai Santi Patroni è quello che si lega alle differenze, o alle varietà, che si sperimentano nella esperienza del sacro e del soprannaturale.

Il Cielo del divino a cui le comunità si rivolgono per le loro necessità storiche e contingenti, con le preghiere e le suppliche e attraverso l’impetrazione dei Santi Patroni, è un Cielo complesso e misterioso che è difficile da comprendere con le categorie umane. Per poterlo comprendere un poco i mistici credono che esso, per analogia, si connota come un percorso simile a quello del pellegrinaggio religioso cristiano. Un percorso che incontra vari luoghi e varie tappe, prima di giungere alla meta più alta.

Homo, Angelus, Deus” dicevano i monaci antichi nel descrivere le fasi e le tappe di questo pellegrinaggio mistico dell’ascesa dell’uomo all’esperienza di Dio: la fase della penitenza e della purificazione, la fase dell’illuminazione interiore, e la fase dell’unione con Dio. “L’Uomo, l’Angelo, Dio” sono gli Esseri che teologicamente stanno all’orizzonte del cammino della crescente perfezione cristiana e della Santità: gli Uomini amici di Dio che vengono celebrati come Santi della Chiesa, gli Angeli che già vivono nel cielo il riflesso della Santità di Dio, la Santissima Trinità che rappresenta il culmine della Grazia e della Vita Divina.


3. LE METE DEL PELLEGRINAGGIO

Fin dai primi secoli del Cristianesimo, questo Cielo e questo Percorso hanno avuto una esplicita rappresentazione territoriale nei luoghi e nelle mete del pellegrinaggio antico. L’esperienza spirituale cristiana non è mai stata disgiunta dal cammino reale verso una meta religiosa collocata geograficamente; e nella costellazione degli innumerevoli percorsi possibili il cammino verso la meta dell’Uomo, verso la meta dell’Angelo e verso la meta di Dio, ha assunto alcune fondamentali direttrici.

Il cammino dell’Uomo ha avuto sempre la principale meta di Roma e di Santiago di Compostela: luoghi in cui si venerano la spoglie degli Apostoli Pietro, Paolo e Giacomo. Il cammino dell’Angelo ha sempre avuto la meta principale del Santuario del Gargano sorto sul luogo dell’apparizione dell’Arcangelo Michele. Il cammino di Dio ha sempre avuto la meta di Gerusalemme e dei luoghi della vicenda evangelica di Gesù Cristo Verbo di Dio fatto uomo.

Ulteriori direttrici del percorso cristiano sono ovviamente quelle del cammino verso i Santuari Mariani e quelle del cammino verso i Santuari dedicati ai Santi celebri e popolari. Si possono intuire, quindi, l’importanza e la vastità della rete devozionale che si è sviluppata ab antiquo intorno a queste direttrici, e si possono immaginare gli spunti di ricerca e di approfondimento circa questi argomenti.

Noi ci concentriamo sul tema locale della devozione a San Michele Arcangelo. La chiesa di Casapozzano è sorta sul Cammino dell’Angelo e perciò partecipa a pieno titolo alle importanti tematiche storiche e teologiche che vi sono connesse.


4. IL PERCORSO DELL’ANGELO: Bizantini e Longobardi

L’Arcangelo Michele apparve nella grotta del Gargano nel V-VI secolo, e subito quel luogo divenne il principale santuario micaelico della cristianità. Infatti ad esso si recavano i pellegrini, i monaci e i crociati del Medioevo che lo individuavano sia come la meta ultima del percorso mistico dell’Angelo, e sia come la tappa intermedia del percorso verso Gerusalemme per quelli che in Puglia si recavano anche per imbarcarsi per la Terra Santa.

All’epoca dell’apparizione sul Gargano il culto micaelico aveva già dei centri in Oriente, a Costantinopoli, e in Italia a Roma, in Sicilia e nell’Umbria a Spoleto.

La successiva diffusione di questo culto in tutta l’Italia meridionale fu favorita dai Longobardi del Ducato di Benevento. Questi l’8 Maggio del 663 sconfissero i Saraceni sulle coste del Gargano, vicino Siponto, ed attribuirono la loro vittoria all’intervento dell’Arcangelo che divenne così il loro Santo nazionale e, come ci riferisce Benedetto Croce nella Storia del Regno di Napoli, sostituì le divinità guerriere della loro mitologia barbarica.

Ai Longobardi che avevano conquistato gran parte dell’Italia si deve anche la diffusione del culto di San Michele in Lombardia, a Pavia ed in altri luoghi, ove gli furono dedicate chiese e fu effigiato sui monumenti e sulle insegne civili e militari. La data dell’8 maggio fu pure celebrata da tutta la cristianità. Ai contatti di questo popolo con gli altri stati barbarici si deve anche la diffusione del culto micaelico in Francia, fino alla costa della Normandia, ove nel VIII secolo fu fondato da monaci irlandesi il Santuario di Mont Saint Michael che divenne il centro dell’ulteriore diffusione del culto dell’Arcangelo in Irlanda, in Inghilterra, in Germania ed in altre parti d’Europa.

Abbiamo una notevole testimonianza della diffusione e del significato del culto di San Michele nell’altomedioevo europeo proprio nel racconto di un pellegrinaggio realizzato nel IX secolo dal monaco Bernardo: il Bernardi Itinerarium. Bernardo partì con altri suoi amici da un monastero del beneventano, si recò prima a Roma e successivamente giunse al Santuario del Gargano. Quindi raggiunse Gerusalemme navigando per il Mediterraneo; ed infine ritornò in Italia che poi percorse interamente lungo la tratta Francigena. La sua ultima meta fu il Santuario di Mont Saint Michael in Normandia, ove concluse il suo lunghissimo percorso.

Per avere una idea dell’impresa si può far riferimento al fatto che partendo dalla Campania, occorrevano alcune settimane per il pellegrinaggio al Gargano, circa tre mesi per il pellegrinaggio a Santiago e circa tre anni per il pellegrinaggio a Gerusalemme.


5. IL CULTO MICAELICO: Italia Meridionale, Normanni, Campania

Dalla Normandia intorno all’anno 1000 proveniva quel gruppo di nobili e di militi normanni che si stabilirono in Campania e che in Aversa fondarono la prima Contea normanna dell’Italia meridionale. Quei Normanni vennero in Italia proprio per realizzare un pellegrinaggio al Santuario di San Michele al Gargano, e rimasero nelle nostre terre perché combattendo dapprima contro i Saraceni si trovarono poi impegnati nelle lotte di potere tra i Bizantini di Napoli e i Longobardi di Capua, di Benevento e di Salerno.

Nel corso di un secolo i Normanni conquistarono l’intera Italia Meridionale, compresa la Sicilia, e con il loro governo del territorio diedero nuove impronte e nuovi sviluppi alle manifestazioni della religiosità e al culto di San Michele.

Il percorso dell’Angelo nell’epoca normanna in Campania si consolidò nei centri devozionali già esistenti dei Longobardi e si arricchì di nuovi luoghi. La Via che da Roma portava a Brindisi, appena lasciato il Lazio, ed inoltrandosi lungo la direzione di Capua, di Benevento e della Puglia, diveniva immediatamente una Via ove era presente e diffusa la protezione di San Michele, visibile nelle periferie e nei centri urbani, e soprattutto nei luoghi elevati delle rocche e di cigli montani. Così era a Mondragone, a Capua, a Sant’Angelo in Formis, a Caserta Antica, a Maddaloni, a Sant’Angelo alla Palombara; così era nel Beneventano, a Sant’Angelo dei Lombardi, e giù per la Capitanata fino alla Via Sacra che saliva al Santuario del Gargano. All’Arcangelo venivano dedicati luoghi e chiese anche sulle vie di collegamento tra le città cospicue.


Borgo di Casapozzano - Chiesa di San Michele Arcangelo


6. IL CULTO MICAELICO: Atella e Casapozzano

La Chiesa di San Michele Arcangelo di Casapozzano sorse sulla via che si dipartiva da Atella e che si diramava poi, nell’area del Clanio, nelle direzioni di Capua, di Caserta, di Maddaloni e di Acerra, lungo le quali pure si incontravano altri siti micaelici, come quello di Marcianise e del Gualdo di Sant’Arcangelo.

Si può dire che l’orizzonte della prospettiva che si può operare da questa chiesa verso i cigli e le rocche del pre-appennino campano che precede il valico per la Puglia e per il Santuario maggiore, sia un orizzonte tutto micaelico punteggiato dei santuari anche visibilmente osservabili dedicati a San Michele (Maddaloni, Caserta Antica, Sant’Angelo in Formis).

La Chiesa sorta al luogo d’origine di questa prospettiva, che era propria anche dell’antica diocesi atellana non poteva che essere dedicata a San Michele. Il più antico riferimento documentato della devozione a San Michele collegata con il territorio dell’antica Atella risale al X secolo, ed è contenuto nella Storia dei Longobardi di Benevento scritta dal monaco cassinese Erchemperto sulla scia della più famosa Storia dei Longobardi d’Italia scritta poco tempo prima dal più famoso Paolo Diacono.

Per Casapuzzano, inteso come borgo antico e medievale, i riferimenti più antichi sono contenuti nei documenti e nelle cartule del Codice Diplomatico di Montevergine e nelle scritture del Codice Normanno di Aversa e risalgono al 1100, al XII secolo. Questi documenti segnalano Casapozzano come un luogo ove si erano stanziati signori di origine normanna, tra i quali i Blancardus (che è la versione latina del cognome normanno Blanchard che fu italianizzato poi in Biancardo il quale è ancora un cognome esistente nella nostra area).

Tra le altre cose questi signori stabilirono anche un rapporto di donazione di terre con il Santuario di Montevergine, fondato dal pellegrino San Guglielmo; santuario che proprio all’epoca si stava sviluppando e stava divenendo il sito religioso più importante sul versante irpino del percorso che portava al principale santuario micaelico del Gargano.

Tra le terre donate al santuario ve ne era una che si denominava ‘Campo di Santa Maria’. Molto probabilmente su queste donazioni si basò nel medioevo la presenza dei Monaci Verginiani in Casapozzano, e la valorizzazione del complesso ecclesiastico locale anche come un sito della devozione mariana. Questa presenza monastica medievale in Casapozzano è data per certa da Mario Placido Tropeano che è appunto il monaco di Montevergine che ha redatto e pubblicato i dieci grandi volumi del Codice Diplomatico di Montevergine che ho già citato.

Si intravede così una delle radici storiche che stanno all’origine di quel contesto culturale e religioso-monastico del medioevo di Casapozzano, che per certi aspetti portò alla committenza delle opere d’arte e degli affreschi con l’iconografia mariana che furono realizzati tra la fine del 300 e l’inizio del ‘400 nella Chiesa di San Michele, e che ancora in parte si possono ammirare in essa.


7. SAN MICHELE DI CASAPOZZANO: I documenti più antichi

La Chiesa medievale di Casapozzano era sicuramente dedicata a San Michele, è ciò viene detto in contraddizione con le analisi storiche che circolano su Casapozzano le quali tendono a far risalire ad una epoca più recente la dedicazione di questa chiesa all’Arcangelo. La certezza storica dell’antica esistenza della Chiesa di San Michele in Casapozzano proviene da due documenti, che sono contenuti nelle Rationes Decimarum in Campania pubblicate dal Vaticano e che risalgono al 1324. Questi documenti parlano esplicitamente della “Ecclesia Sancti Michaelis de Casapuczana” e la descrivono come una chiesa abbaziale. Da essi si evince che la Chiesa di san Michele era una abbazia retta da un abate e che aveva un presbitero che la officiava: l’abate proveniva dall’area cassinese e si chiamava Dyonisio de Trajecto ed il presbitero si chiamava Iunta de Vico (o de Vito). Nella stessa Raccolta delle Decime del 1324 si parla anche di altri due presbiteri, Riccardus De Augustino e Riccardus de Laudano, i quali officiavano la “Ecclesia sancti Nicolay de Casapuczana”.

Sicuramente questi documenti possono dare un contributo ad arricchire la storia ecclesiastica locale e a supportare con maggiore sicurezza supposizioni ed ipotesi storiografiche che ancora si fanno circa la storia antica di Casapozzano e delle sue chiese.

Va sottolineato che l’epoca della redazione di questi documenti è l’epoca della dinastia angioina nel Regno di Napoli, la quale sostituì il governo dei Normanni e valorizzò una diffusa religiosità collegata con i grandi temi della cultura e dell’arte. In particolare durante questa dinastia, con il favorire dei nuovi ordini religiosi, Francescani e Domenicani, vi fu il recupero della devozionalità longobarda, bizantina e normanna, incentrata sui temi micaelici; ed il Santuario di Montevergine, molto amato da questa dinastia, fu grandemente valorizzato ed ebbe occasione di divenire insieme meta devozionale aristocratica e popolare, con grancie monastiche, siti devozionali , tenimenti e rettorie sparsi in ogni dove per l’Italia meridionale e nelle nostre contrade.

Si intravede così nell’epoca angioina un’altra delle radici storiche che stanno all’origine della cultura devozionale e della committenza degli affreschi di Casapozzano. Tutti questi elementi ci rimandano una importante e nobile immagine dell’antichità e del sicuro inserimento di questa Chiesa nel grande circuito della devozione micaelica in Campania.


Affreschi di Casapozzano


C
ONCLUSIONE

Tralascio gli altri aspetti della storia locale che sono già stati descritti in varie opere in circolazione che si possono facilmente recuperare, e che riguardano la storia del borgo medievale e le vicende della Chiesa di San Michele nella Diocesi di Aversa considerata da dopo il Concilio di Trento. Queste vicende sono in fondo quelle che ancora oggi si ravvisano nei segni presenti dell’organizzazione ecclesiastica parrocchiale, delle congreghe, dei gruppi, della liturgia, della pratica devozionale, dell’arte e dell’architettura che ci circonda. Nella nostra epoca credo che sia importante recuperare la memoria e i segni della comunità antica. Una città, un paese, un borgo non sono mai un mero raggruppamento fisico di case e di residenze; essi sono il luogo ove palpita la vita storica della comunità locale che si esprime nelle dimensioni attuali ma che trova fondamenti nel patrimonio dell’ambiente tradizionale, delle manifestazioni dell’arte, della religiosità, delle chiese e dell’urbanistica antica.

La Chiesa di San Michele e la devozione all’Arcangelo, così come l’abbiamo vista espressa nel nostro territorio, sono forse il principale dei fondamenti della vita storica della comunità di Casapozzano, rispetto al quale trovano consistenza anche quegli altri fondamenti che attengono la sua vita civile, la cultura, l’educazione delle nuove generazioni e la visione del bene futuro.