lunedì 5 novembre 2018

Frattamaggiore e la Grande Guerra


Il principio ispiratore del progetto governativo riguardante il Centenario della Grande Guerra (1915-18) è stato: il recupero della memoria storica, da condurre anche attraverso la riscoperta, il restauro e la valorizzazione di luoghi, dei monumenti e dei “paesaggi commemorativi” che sono stati teatro di eventi civili e militari. Centrale sarà la diffusione delle “infrastrutture della memoria” su tutto il territorio, che andranno a costituire un "Museo diffusodella storia e dell’identità nazionale, anche in chiave europea.

Nel discorso di fine anno 2017 il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella disse:
«Nell'anno che si apre ricorderemo il centenario della vittoria nella Grande guerra e la fine delle immani sofferenze provocate da quel conflitto».
In occasione di una intervista per il centenario della vittoria, il 4 novembre 2018, lo stesso Presidente Mattarella ha detto:  
"L'amor di Patria non coincide con l'estremismo nazionalista. L'amor di Patria viene da più lontano, dal Risorgimento. Un impegno di libertà, per affrancarsi dal dominio imposto con la forza: allora da Stati stranieri. Dopo la Grande Guerra fu una parte politica a comprimere la libertà di tutti. In questo risiede il profondo legame tra Risorgimento e Resistenza"... "Occorre la forza della ragione per riesaminare e comprendere perché la fine della Guerra non generò una vera pace, perché si sviluppò ulteriore volontà di potenza, perché il nazionalismo esasperato alimentò smanie espansioniste e di sopraffazione, persino l'odio etnico. Le democrazie hanno bisogno di un ordine internazionale che assicuri cooperazione e pace, altrimenti la forza dei loro stessi presupposti etici, a partire dall'inviolabilità dei diritti umani, rischia di diventare fragile di fronte all'esaltazione del potere statuale sulla persona e sulle comunità. Ma l'Europa si è consolidata nella coscienza degli europei, molto più di quanto non dicano le polemiche legate alle necessarie, faticose decisioni comuni nell'ambito degli organismi dell'Unione Europea".

Memoria storica, identità nazionale, valorizzazione di luoghi, monumenti e “paesaggi commemorativi”, costituiscono la complessa motivazione per recuperare anche sul piano locale i significati etici ed educativi della celebrazione del centenario della fine della Grande Guerra (4 novembre 1918 – 4 Novembre 2018).
Anche in Frattamaggiore è possibile recuperare segni materiali ed avvenimenti che costituiscono una “infrastruttura della memoria” che la rendono partecipe al progetto nazionale.
Si tratta di focalizzare la ricerca storica ed antropologica su fatti ed eventi che rimandano alla Grande Guerra e che ad essa sono riferibili.
E’ un percorso interessante che si può compiere anche in buona compagnia, con l’ausilio della narrazione che ci viene proposta dagli Storici frattesi che nel corso del tempo hanno scritto delle cose della loro città.
Annotiamo subito le denominazioni toponomastiche ispirate alla Grande Guerra per alcune vie frattesi che all’inizio del XX secolo s’incrociavano con il Corso Vittorio Emanuale III: Via Vittoria e Via Monte Grappa, Queste vie si integravano nella parte del sistema urbano cittadino di formazione post-unitaria (nuova residenza, stazione, scuole, ospedale) e funzionale allo sviluppo del trasporto ferroviario, della manifattura industriale canapiera e dei servizi scolastici ed ospedalieri. Allo stesso scopo annotiamo anche la denominazione dello stadio cittadino dedicata a Pasquale Ianniello, al quale fu conferito la medaglia d’oro al valore militare per l’atto eroico che lo portò a cadere in combattimento sul Monte Grappa.
Annotiamo ancora l'erezione in Fratta di due monumenti dedicati alla memoria dei Caduti della Grande Guerra: un'area sacra intorno ai loro Nomi scolpiti sul bronzo di una grande Daga con Lampada Perpetua nella Piazza principale della città; ed un Sacrario al centro del Cimitero cittadino con Statua e Pannelli bronzei dedicato alla memoria delle Battaglie e della Vittoria effigiata nelle vesti di una donna armata di gladio e scudo.

Iniziamo il percorso storiografico con il contributo scritto nel 1942 dal canonico Vincenzo Giangregorio, originario del beneventano ed operante nel sistema scolastico frattese.

Frattamaggiore e la grande guerra
Vasto è stato il contributo apportato dai frattesi a tutte le Guerre da Adua a quella mondiale, in questa si ebbero 152 caduti, tra i quali una medaglia d’oro: Pasquale Ianniello, i cui nomi sono stati incisi nel bronzo, bronzo rappresentante una daga romana, opera dell’artista Filippo Cifariello, tale daga è incastonata ai piedi del Campanile della chiesa di San Sossio; uno nella Guerra di Spagna e 16 nella guerra attuale tra i quali risplende il nome del Capitano Cav. Vincenzo Ferro ex segretario Politico, spiccata figura di galantuomo e di professionista.
(Can. Vincenzo Giangregorio, Frattamaggiore dall’origine ai giorni nostri, Napoli 1942; pag.13).


Con la lettura delle pagine dedicate alla Grande Guerra da Sosio Capasso (Frattamaggiore, Napoli 1944) si scoprono ancora importanti riferimenti che riguardano l’elenco dei caduti e la medaglia d’oro per Pasquale Ianniello.

Numerosi partirono i giovani frattesi per servire la Patria in armi; di essi ben duecentotrentacinque fecero olocausto della vita per la sua grandezza, molti si distinsero per valore e sprezzo del pericolo, tutti si batterono da prodi. Le virtù eroiche di nostra gente sono sintetizzate dal luminoso sacrifizio della medaglia d’oro Pasquale Ianniello, nato il 9 gennaio 1891 e caduto il 24 ottobre 1918 sul Monte Grappa.
Così la motivazione descrive ed esalta la sua eroica fine:
Ferito alla testa e ad una spalla, rimaneva al suo posto, rinunciando ad ogni cura, sino alla fine del combattimento. Al riaccendersi della lotta fuggiva dal posto di medicazione, eludendo la sorveglianza del sanitario che ne aveva disposto l’inoltro in un ospedaletto da campo, ed accorreva alla battaglia, debole bensì per il molto sangue perduto, ma animato dalla più ardente e più pura fede. Cadeva sulla soglia delle Porte di Salton, che la incessante ed intensa mitraglia nemica interdiceva, e che egli per primo aveva voluto varcare, consacrando con una gloriosa morte il suo fulgido valore. (Sosio Capasso, Frattamaggiore, Napoli 1944; pag 110 e segg).

Una ricerca storica d’approccio, riguardante la medaglia d’oro di Pasquale Ianniello e la consultazione di archivi digitali istituzionali, consente di individuare notizie e documenti relativi alla sua biografia e al suo gesto eroico.
Risulta difficile recuperare il documento fotografico del quadro dell’eroe che campeggiava in bella vista nella sede locale dei Combattenti e Reduci fino a qualche anno fa. Più facile può essere il recupero del materiale celebrativo esistente nella Sede Comunale di Frattamaggiore.
Leggiamo comunque di seguito:

una scheda descrittiva della figura dell’eroe frattese; vedi questo link


una sua biografia essenziale; vedi questo link


un documento pergamenato contenente la motivazione ufficiale della decorazione della medaglia d’oro al valore militare. Vedi questo link



Da Sosio Capasso (Frattamaggiore, 1944) leggiamo di seguito la pagina 121 riguardante gli artistici monumenti cittadini dedicati alla memoria dei Caduti della Grande Guerra.

I Caduti nella prima guerra mondiale sono ricordati da una targa posta alla base del campanile, nella Piazza Umberto I; questa targa è opera del famoso scultore Cifariello ed ha forma di daga romana,al disopra  della cui elsa due angeli pongono una corona d'alloro. In alto si legge:

Frattamaggiore
ai suoi Caduti
1915-1918

e seguono i nomi degli Eroi. Essa fu compiuta totalmente a spese del Gr.Uff. Carmine Pezzullo, allora Sindaco, e venne inaugurata con solenne cerimonia il 27 settembre 1920. 


Nel Cimitero, ove vi sono belle Cappelle gentilizie e diversi monumenti, è stato, inoltre, elevato ai Martiri di quell'immane conflitto un monumento ossario, lavoro dello scultore Parlato; vi si vede una  bella statua, raffigurante la Vittoria, e sulla base di essa dei bassorilievi raffiguranti episodii guerrieri; sul cancello che chiude l'ipogeo è un lavoro in bronzo raffigurante una corona d'alloro traversata da una spada. Il monumento reca la scritta:

Frattamaggiore ai suoi
Figli caduti per la Patria
Maggio 1915- III novembre 1918



Leggiamo l’intreccio di dati storici ed antropologici in: Pasquale Costanzo, Itinerario frattese, Frattamaggiore 1987 (1.a ed. 1972); pag. 37.

Nel primo conflitto mondiale (1915-18) caddero 235 frattesi tra ufficiali, graduati e soldati. Il Comune, a ricordo, fece scolpire, sul primo ordine del campanile della Parrocchia di S. Sosio, un monumento di bronzo; sopra la gradinata marmorea, chiusa da catene di bronzo, arde perenne una lampada votiva
[...]
Il 4 novembre di ogni anno, in ricordo del conseguimento della vittoria dell’Italia del 1918, il popolo rende omaggio ai caduti di tutte le guerre, deponendo una corona d’alloro ai piedi del monumento. La piazza Umberto I pare trasformarsi in un tempio. I cittadini assistono commossi al rito solenne; sono presenti il Sindaco, la Giunta Comunale, il Maresciallo dei Carabinieri, i viglili Urbani ed altre autorità.


Una serie di notizie di storia locale riferibili al periodo della Grande Guerra si possono rilevare nei seguenti luoghi bibliografici.

In Pasquale Ferro, Frattamaggiore sacra 1974 (pag. 148 e seg.) si legge:

Nel 1915 a causa della guerra l’Ospedale di Pardinola fu militarizzato e pertanto venne adibito come ospedale di riserva per i soldati feriti e convalescenti e come tale funzionò fino al 1918.

In Pasquale Pezzullo, Frattamaggiore da casale a comune, 1995 (pag. 92) si legge:

A seguito di questa elezione (ottobre 1913) divenne parlamentare per la prima volta un frattese, il medico Angelo Pezzulo, fratello del Sindaco della città, Carmine Pezzullo. Questo rappresenterà la comunità frattese al Parlamento italiano per tutte le legislature precedenti la dittatura fascista, cioè dalla XXIV (1913-1919) alla XXVII (1924-1927).

Dalla Raccolta dei Canti delle Canapine Frattesi (L. Mosca e P. Saviano, La stoppa strutta, 1998) ricaviamo ulteriori ed interessanti annotazioni di carattere storico ed antropologico.

Nell’Italia post-unitaria, i lunghi anni di leva militare trascorsi lontano dalle loro case dai giovani paesani, ed il loro recarsi in guerra (sia quella del ’15-‘18 che quella del ’39- ‘45), procurarono grandi sofferenze alle ragazze e alle madri; e in questo periodo, che è anche quello del maggiore impegno artigianale e industriale della pettinatura, il tema amore-lontananza diviene il tema più coralmente elaborato. Nel canto delle pettinatrici, infatti, questo tema assurge a vera e propria base di un continuo dialogo canoro, tra le donne al lavoro, fortemente evocatore degli affetti più cari. In questo senso è possibile considerare alcuni brani che seguono come variazioni sul tema, facenti, in effetti, parte di una unica lunga nenia: un vero e proprio poema popolare nel quale si impegna, alternandosi in assoli e in cori, il canto sia delle giovani che delle donne mature.


Maronna 'i Campiglione e scansamillo 'u primm 'ammore. - Comme chiagnevo 'nfacci' 'u ritratto; traditore! Tu che mm' he' fatto! -N'aggia avé 'n'or 'i nova che l'hann 'accidere ammiezz 'a via nova. - L'hann 'accidere 'u culunnello che s'ha pigliato crisciuto e bello. - Nun aggio, ne', comme fa 'u vulesse verè pe 'nci parlà. - Maronna, Maronna, si m' 'u scansi 'i fa' 'u surdato: te porto l'uoglio e t 'appiccio 'a lampa iuorno e nuttata.

Il canto L'UOMMINI RIFURMATI è la descrizione di una paradossale situazione amorosa e sentimentale, derivante dalla lontanza degli uomini partiti per la guerra.

E primme i giuvinotti nci ieveno cu' 'i mole mo ne hanno cacciato 'n 'ata moda 'i cose: e l'uommini rifurmati r' 'o distretto vuie 'i vvulite, vuie 'i vvulite, vanno 'a 'cito, l 'ite i' a gghittà! Povere figliulelle; Vuie sentite aro' sta... 'a giuvintù ne è rimasta poca. Fore 'u stabilimento e quann è 'u miezziuorno 'ite fatto 'u 'uaio, 'ite perso 'u scuorno! Madalè, fallo pe' mme! lievi 'i mmane 'a cuollo a mme! Figlimo è 'u cchiù brutto, riciti a sti pigneti! Mò che è ‘u cchiù bello, cammina arriuneto! Chist’è ll’ebbroca! Tenite ‘a faccia ‘i cuorno, ‘ite fatto ‘u ‘uaio ‘ite perso ‘uscuorno! Madalè, fallo pe’mme, lievi ‘i mmane ‘a’ cuollo a mme!


Una descrizione del contesto storico sociale e di alcuni fatti rilevanti riguardanti l’opera di Carmine Pezzullo si può leggere in: Pasquale Saviano, L’antico edificio scolastico di Frattamaggiore (Rassegna Storica dei Comuni n.144–145/2007).

A cavallo tra XIX e XX secolo lo schema dello sviluppo economico e sociale frattese trovò una sintesi eccezionale nella politica liberale e nell’attività dell’imprenditoria locale che risultò all’avanguardia europea con le esperienze esemplari di Carmine Pezzullo, industriale canapiero, e degli altri numerosi imprenditori locali.
Carmine Pezzullo fu la vera anima dello sviluppo cittadino dell’inizio del ‘900.
Nel 1898 egli fu eletto Assessore ai Lavori Pubblici, ebbe cariche a livello provinciale nel periodo ‘giolittiano’, fu sindaco della città dal 1908 al 1924, e fu a stretto contatto con la politica romana grazie al fratello Angelo, medico Direttore dell’Ospedale Civile, eletto deputato al Parlamento tra le fila giolittiane.
Al periodo della sua entrata in politica (1895-98), e del suo sindacato prima della grande guerra’ (1915-18), vengono riferiti la progettazione, l’origine ed il
completamento delle principali opere pubbliche della città: l’apertura del Corso Vittorio Emanuele III per favorire la ‘circolazione’ delle merci tra campagna, città, industria e ferrovia; la fondazione del grande Edificio della Scuola Elementare, come avamposto nello sviluppo urbano e civile frattese; l’istituzione della Scuola Tecnica Agraria ‘Bartolommeo Capasso’ nell’area della Ferrovia, che verrà poi sostituita, nel periodo gentiliano’, dalla Scuola di Avviamento Professionale sorta accanto all’edificio della Scuola Elementare; l’apertura di un Asilo Infantile per i figli dei combattenti durante la grande guerra; la memoria bronzea dei caduti in guerra affissa sul campanile della Chiesa di San Sossio.


venerdì 5 ottobre 2018

Pastorale missionaria e vita buona del Vangelo


Sono le tematiche ispirative dell’Anno Pastorale 2018-19 della Diocesi di Aversa. Esse hanno avuto una importante elaborazione preparatoria negli anni pastorali precedenti, riferiti agli Orientamenti della CEI per il decennio 2010-2020, e sono state poste all’orizzonte delle iniziative del nuovo anno che è iniziato con il Convegno Pastorale del 29 settembre 2018 in Cattedrale, durante il quale Mons. Nunzio Galantino ha svolto una relazione sul tema della “Parrocchia, Chiesa missionaria in un mondo che cambia”. Questo tema ha inteso riproporre il senso degli argomenti della nota pastorale della CEI del 2004: Il volto missionario della Parrocchia in un mondo che cambia.
Nel documento del Vescovo Angelo Spinillo contenente le Indicazioni per il Convegno Pastorale 2018 si leggono in sintesi il percorso preparatorio e gli intendimenti generali:


Con la partecipazione di una amplissima assemblea il Convegno è iniziato con la preghiera dei Primi Vespri della XXVI Domenica del Tempo Ordinario. Il Vescovo Spinillo ha introdotto con una comunicazione puntuale circa il cammino pastorale della Diocesi. Il Vescovo Nunzio Galantino, Presidente del Patrimonio della Sede Apostolica, e relatore ospite centrale, ha sviluppato una riflessione approfondita rileggendo il tema del Convegno nello spirito del magistero del Santo Padre: “la Parrocchia Chiesa missionaria in un mondo che cambia – Il rinnovamento missionario della Chiesa italiana alla luce di Evangelii Gaudium. Con questa rilettura egli ha potuto arricchire il suo intervento e riferirlo efficacemente al discorso teologico e pastorale iniziato con il suo libro pubblicato dalle Paoline nel marzo scorso: Il rinnovamento missionario della Chiesa italianaL’intervento introduttivo del Vescovo Spinillo ha riguardato vari punti: i saluti alle realtà diocesane partecipanti al Convegno, la comunicazione circa l’istituzione dell’Istituto Teologico Superiore Interdiodiocesano di Scienze Religiose, il percorso pastorale della Diocesi fatto di dialogo e di testimonianza, il Sinodo dei Giovani, la partecipazione alle Giornate nazionali; l’indicazione della Parrocchia come “realtà concreta del Popolo di Dio in cammino verso la salvezza”; la Nota Pastorale della CEI del 2004 e i riferimenti alla “Gioia del Vangelo” che caratterizza il rinnovamento missionario nella rilettura tematica proposta da Mons. Galantino. Gli spunti del Vescovo Spinillo sono in parte rileggibili anche nella Scheda preparatoria della proposta del Convegno 2018:


La relazione di Mons. Nunzio Galantino, dopo i saluti all’assemblea e all’ “amico e confratello” vescovo Spinillo, ha assunto i toni di una serie di “riflessioni” sulla tematica proposta. Ha riguardato la considerazione della Nota Pastorale della CEI come il “documento più vicino, per linguaggio e prospettive alla Evangelii Gaudium di Papa Francesco”. Egli ha raccolto l’invito del Santo Padre a liberarsi dalle “prigioni mentali” che diventano “prigioni del cuore” ed impediscono di riscoprire il motivo fondamentale dell’azione missionaria ed evangelizzatrice: conoscere e far conoscere Gesù. Egli ha detto tra l’altro: “con tutto il rispetto per ciò che si fa - in termini di azione pastorale - se non viene fatto per Gesù non serve a niente”. E’ quindi importante “riportare al Centro del Vangelo la Parrocchia, annunciare la Parola, testimoniare la salvezza ricevuta”. L’azione pastorale si motiva e si identifica con “il desiderio di mantenere il Vangelo al centro della Vita ecclesiale”. “Ricalibrare tutto in base al Vangelo” ; “ritrovare l’amore abbandonato della Chiesa: la passione per la sua missione”; riscoprire il “cuore” e “imparare dal cuore”; “costruire il mondo con il Vangelo e con la ragione”. “Sviluppare il discepolato del cuore”, “fissare lo sguardo sul Cristo”, “imparando da Lui”, “toccando i lebbrosi, i malati”. “Divenire credenti adulti nella fede” , “avere ansia e desiderio e vita per la missione”. Essere “una Chiesa in uscita, con umiltà e docilità allo Spirito” che superi il dilemma “missione/autopreservazione” e “la routine”.
Per le sue coinvolgenti riflessioni Mons. Galantino ha fatto riferimento ad alcuni punti della EG, e tra questi riporto i seguenti riguardanti la spiritualità missionaria:

166. Un’altra caratteristica della catechesi, che si è sviluppata negli ultimi decenni, è quella dell’iniziazione mistagogica, che significa essenzialmente due cose: la necessaria progressività dell’esperienza formativa in cui interviene tutta la comunità ed una rinnovata valorizzazione dei segni liturgici dell’iniziazione cristiana. Molti manuali e molte pianificazioni non si sono ancora lasciati interpellare dalla necessità di un rinnovamento mistagogico, che potrebbe assumere forme molto diverse in accordo con il discernimento di ogni comunità educativa. L’incontro catechistico è un annuncio della Parola ed è centrato su di essa, ma ha sempre bisogno di un’adeguata ambientazione e di una motivazione attraente, dell’uso di simboli eloquenti, dell’inserimento in un ampio processo di crescita e dell’integrazione di tutte le dimensioni della persona in un cammino comunitario di ascolto e di risposta.

259. Evangelizzatori con Spirito vuol dire evangelizzatori che si aprono senza paura all’azione dello Spirito Santo. A Pentecoste, lo Spirito fa uscire gli Apostoli da se stessi e li trasforma in annunciatori delle grandezze di Dio, che ciascuno incomincia a comprendere nella propria lingua. Lo Spirito Santo, inoltre, infonde la forza per annunciare la novità del Vangelo con audacia (parresia), a voce alta e in ogni tempo e luogo, anche controcorrente. Invochiamolo oggi, ben fondati sulla preghiera, senza la quale ogni azione corre il rischio di rimanere vuota e l’annuncio alla fine è privo di anima. Gesù vuole evangelizzatori che annuncino la Buona Notizia non solo con le parole, ma soprattutto con una vita trasfigurata dalla presenza di Dio.

261. Quando si afferma che qualcosa ha “spirito”, questo indicare di solito qualche movente interiore che dà impulso, motiva, incoraggia e dà senso all’azione personale e comunitaria. Un’evangelizzazione con spirito è molto diversa da un insieme di compiti vissuti come un pesante obbligo che semplicemente si tollera, o si sopporta come qualcosa che contraddice le proprie inclinazioni e i propri desideri. Come vorrei trovare le parole per incoraggiare una stagione evangelizzatrice più fervorosa, gioiosa, generosa, audace, piena d’amore fino in fondo e di vita contagiosa! Ma so che nessuna motivazione sarà sufficiente se non arde nei cuori il fuoco dello Spirito. In definitiva, un’evangelizzazione con spirito è un’evangelizzazione con Spirito Santo, dal momento che Egli è l’anima della Chiesa evangelizzatrice. Prima di proporre alcune motivazioni e suggerimenti spirituali, invoco ancora una volta lo Spirito Santo, lo prego che venga a rinnovare, a scuotere, a dare impulso alla Chiesa in un’audace uscita fuori da sé per evangelizzare tutti i popoli.

262. Evangelizzatori con Spirito significa evangelizzatori che pregano e lavorano. Dal punto di vista dell’evangelizzazione, non servono né le proposte mistiche senza un forte impegno sociale e missionario, né i discorsi e le prassi sociali e pastorali senza una spiritualità che trasformi il cuore. Tali proposte parziali e disgreganti raggiungono solo piccoli gruppi e non hanno una forza di ampia penetrazione, perché mutilano il Vangelo. Occorre sempre coltivare uno spazio interiore che conferisca senso cristiano all’impegno e all’attività. Senza momenti prolungati di adorazione, di incontro orante con la Parola, di dialogo sincero con il Signore, facilmente i compiti si svuotano di significato, ci indeboliamo per la stanchezza e le difficoltà, e il fervore si spegne. La Chiesa non può fare a meno del polmone della preghiera, e mi rallegra immensamente che si moltiplichino in tutte le istituzioni ecclesiali i gruppi di preghiera, di intercessione, di lettura orante della Parola, le adorazioni perpetue dell’Eucaristia. Nello stesso tempo «si deve respingere la tentazione di una spiritualità intimistica e individualistica, che mal si comporrebbe con le esigenze della carità, oltre che con la logica dell’Incarnazione»C’è il rischio che alcuni momenti di preghiera diventino una scusa per evitare di donare la vita nella missione, perché la privatizzazione dello stile di vita può condurre i cristiani a rifugiarsi in qualche falsa spiritualità.

263. È salutare ricordarsi dei primi cristiani e di tanti fratelli lungo la storia che furono pieni di gioia, ricolmi di coraggio, instancabili nell’annuncio e capaci di una grande resistenza attiva. Vi è chi si consola dicendo che oggi è più difficile; tuttavia dobbiamo riconoscere che il contesto dell’Impero romano non era favorevole all’annuncio del Vangelo, né alla lotta per la giustizia, né alla difesa della dignità umana. In ogni momento della storia è presente la debolezza umana, la malsana ricerca di sé, l’egoismo comodo e, in definitiva, la concupiscenza che ci minaccia tutti. Tale realtà è sempre presente, sotto l’una o l’altra veste; deriva dal limite umano più che dalle circostanze. Dunque, non diciamo che oggi è più difficile; è diverso. Impariamo piuttosto dai santi che ci hanno preceduto ed hanno affrontato le difficoltà proprie della loro epoca. A tale scopo vi propongo di soffermarci a recuperare alcune motivazioni che ci aiutino a imitarli nei nostri giorni.

267. Uniti a Gesù, cerchiamo quello che Lui cerca, amiamo quello che Lui ama. In definitiva, quello che cerchiamo è la gloria del Padre, viviamo e agiamo «a lode dello splendore della sua grazia» (Ef 1,6). Se vogliamo donarci a fondo e con costanza, dobbiamo spingerci oltre ogni altra motivazione. Questo è il movente definitivo, il più profondo, il più grande, la ragione e il senso ultimo di tutto il resto. Si tratta della gloria del Padre, che Gesù ha cercato nel corso di tutta la sua esistenza. Egli è il Figlio eternamente felice con tutto il suo essere «nel seno del Padre» (Gv 1,18). Se siamo missionari è anzitutto perché Gesù ci ha detto: «In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto» (Gv 15,8). Al di là del fatto che ci convenga o meno, che ci interessi o no, che ci serva oppure no, al di là dei piccoli limiti dei nostri desideri, della nostra comprensione e delle nostre motivazioni, noi evangelizziamo per la maggior gloria del Padre che ci ama.

276. La sua risurrezione non è una cosa del passato; contiene una forza di vita che ha penetrato il mondo. Dove sembra che tutto sia morto, da ogni parte tornano ad apparire i germogli della risurrezione. È una forza senza uguali. È vero che molte volte sembra che Dio non esista: vediamo ingiustizie, cattiverie, indifferenze e crudeltà che non diminuiscono. Però è altrettanto certo che nel mezzo dell’oscurità comincia sempre a sbocciare qualcosa di nuovo, che presto o tardi produce un frutto. In un campo spianato torna ad apparire la vita, ostinata e invincibile. Ci saranno molte cose brutte, tuttavia il bene tende sempre a ritornare a sbocciare ed a diffondersi. Ogni giorno nel mondo rinasce la bellezza, che risuscita trasformata attraverso i drammi della storia. I valori tendono sempre a riapparire in nuove forme, e di fatto l’essere umano è rinato molte volte da situazioni che sembravano irreversibili. Questa è la forza della risurrezione e ogni evangelizzatore è uno strumento di tale dinamismo.

Sul portale della Diocesi è stato divulgato un video relativo all’intervista di Mons. Galantino condotta dall’Ufficio Comunicazioni Sociali sul tema del Convegno Pastorale. Molti media hanno dato l’annuncio dell’evento diocesano e sui social si possono leggere commenti e alcune cronache interessanti. Tra queste riporto quella scritta da Mons. Angelo Crispino sulla sua pagina personale:








martedì 11 settembre 2018

Giuseppe Ratto parroco di San Rocco


La comunità parrocchiale di San Rocco di Frattamaggiore ha sempre manifestato nella sua storia, ormai secolare, una vitalità di iniziativa e di testimonianza ecclesiale esemplare ed attrattiva per la chiesa e la popolazione locale. La fede popolare si è sempre positivamente incrociata con la guida e le attività pastorali che hanno trovato nei parroci e nelle figure sacerdotali operanti in parrocchia riferimenti sicuri, zelanti ed onorati. La storia della Parrocchia è ricca di luoghi idenditari, di spunti formativi e di preziosa documentazione.
La figura di mons. Giuseppe Ratto, che ha guidato la Parrocchia per 36 anni dal 1963 al 1999, si orna particolarmente di queste caratteristiche della comunità parrocchiale di San Rocco, e si esprime inoltre nella singolarità di una ricerca teologica instancabile, sempre interessata allo studio della Storia della Chiesa, e nella silenziosa ed efficace animazione della Carità parrocchiale.
Opero una breve presentazione in occasione della celebrazione eucaristica presieduta dal Vescovo di Aversa, Mons. Angelo Spinillo, che si tiene il 14 settembre 2018 per il decennale della dipartita di don Ratto nella Basilica Pontificia di San Sossio. Utilizzo in primo luogo le parole del Parroco Ratto pronunciate la Vigilia di Natale del 1991 durante l’omelia in memoria del sacerdote don Pasqualino Costanzo. In secondo luogo propongo alcuni spunti della storia parrocchiale di San Rocco ricavati da: P. Saviano, Il culto di San Rocco a Frattamaggiore, Roma 2010. In terzo luogo propongo la lettura del testo da me preparato per la pagina diocesana di Avvenire riguardante il saluto del Parroco Ratto e l’accoglienza del nuovo Parroco don Armando Broccoletti.

Le parole di Mons. Giuseppe Ratto per don Pasqualino Costanzo:



Dalla storia parrocchiale di San Rocco


LA CHIESA DI SAN ROCCO
Fu fondata a recupero dell'antica funzione religiosa e devozionale dell’eremo di San Rocco connesso alla cappella medievale di Santa Giuliana, patrona di Fratta, situata alle propaggini campagnole del paese, sul percorso dell'antico acquedotto che da Arcopinto giungeva ad Atella.
Essa recuperò anche la tradizione della Congrega plateare dell'Arco che nel '700 aveva formata la Congrega di San Rocco come suo ramo giovanile.
Alla sua fondazione è intimamente connessa l'opera e la religiosità del Cav. Ignazio Muti, priore della Congrega di San Rocco, il quale con l'obolo popolare riuscì a far costruire la splendida chiesa che oggi si ammira. Alla sua storia è legata anche la cura delle anime dei funari di Piazza Miseno.
La prima pietra fu posta nel 1899, l‟edificazione fu completata nel 1912; la comunità del quartiere già fruiva delle celebrazioni liturgiche essenziali, quando fu istituita la parrocchia nel 1919. Il tempio eretto con l’obolo popolare, appassionatamente raccolto per decenni da Ignazio Muti, fu affidato al parroco Nicola Capasso, un sacerdote preparato ed entusiasta. Don Nicola, che divenne poi Rettore del Seminario di Aversa e Vescovo di Acerra, utilizzando tutti i mezzi che allora metteva a disposizione la metodologia pastorale più moderna (stampa, proiezioni, catechesi, attività associative, viaggi, contatti nazionali e internazionali), trasformò la chiesa di San Rocco in un santuario frequentatissimo e in un centro di attività vocazionale.
Con quei fondamenti anche la comunità parrocchiale, nel corso del tempo e degli eventi, con i diversi pastori, con le vocazioni, i ministeri e le attività legate alle emergenze delle varie epoche fino ad oggi, ha vissuto una storia ricca di significati religiosi, di esperienze intense della fede e di sincera testimonianza della carità e della vita cristiana.
Per mantenere la sua bellezza architettonica ed il suo decoro la chiesa nel corso del tempo ha richiesto interventi, restauri e aggiustamenti. I vari parroci si sono tutti impegnati per il consolidamento delle strutture e per arricchirla di opere artistiche e religiose.
Si sono così susseguiti i completamenti e i restauri del 1924–1927 con il parroco Nicola Capasso, gli interventi post-terremoto degli anni 30-40 e post-bellici degli anni 50-60 dei parroci Carlo Capasso e Luigi Ferrara, gli interventi per il consolidamento della statica e post-terremoto degli anni 70-80, insieme con la cura continua del decoro ecclesiale fino alla fine degli anni 90, del parroco mons. Giuseppe Ratto.


Con il parroco Armando Broccoletti la chiesa ha assunto il volto attuale con i vari aggiustamenti e restauri interni ed esterni, con il riconsolidamento della cupola e con l’apertura del parco San Rocco alle attività del territorio.


GIUSEPPE RATTO - I rilievi sui parroci di San Rocco redatti da P. Costanzo contengono anche notizie circa il parroco Giuseppe Ratto. Si apprende che questi fu ordinato sacerdote nel 1945, fu per qualche anno segretario del Vescovo di Policastro, il frattese Mons. Federico Pezzullo, e fu parroco per più di un decennio di Santa Eufemia di Carditello (dal 1953).
Fu nominato parroco di san Rocco nel 1964. Il popolo ne ebbe molta soddisfazione ed il Vescovo di Aversa, Antonio Cece, organizzò per lui, nel giorno solenne della presa di possesso, una splendida accoglienza. P. Costanzo mette anche in risalto la praticità e la sensibilità del parroco Ratto, sottolineando il suo zelo pastorale, l'impegno per la gioventù e gli sforzi fatti per il decoro e il restauro della chiesa.


Affidiamo la conclusione di questa cronaca storica al resoconto, preparato dall’autore per la pagina diocesana dell’Avvenire, dello storico momento del passaggio delle consegne dal parroco Ratto al parroco Broccoletti:


LA COMUNITA' PARROCCHIALE DI SAN ROCCO DI FRATTAMAGGIORE
SALUTA MONS. GIUSEPPE RATTO 
ED ACCOGLIE DON ARMANDO BROCCOLETTI
La nomina del nuovo parroco di San Rocco, celebrata nella messa vespertina del 12 c.m., è stata motivata dalla “età veneranda” del mons. Giuseppe Ratto, il quale rimane nella comunità come “parroco emerito” e come “primo tra i suoi filiani”; ed è stata motivata dalla necessità di dotare la guida della Parrocchia dell'apporto di nuove “energie fisiche”. I termini sono stati utilizzati nel dialogo pastorale che è stato proposto da S.E. l'Arcivescovo Mario Milano e che ha coinvolto la testimonianza del laico Vincenzo Vitale, l'intervento commosso di mons. Ratto e la presentazione di don Armando Broccoletti.
In una chiesa stracolma di fedeli, grazie pure alla presenza di una numerosa rappresentanza della comunità dello Spirito Santo di Casale di Principe presso la quale don Armando Broccoletti in precedenza aveva svolto il ministero di parroco, un solenne e particolare momento di riflessione si è vissuto quando sul finire della celebrazione ha preso la parola mons. Ratto.
Come appoggiandosi ad un bacolo spirituale egli ha intercalato il verso del salmo “Il Signore è il mio pastore e nulla mi manca”, e nel suo stile omiletico di sempre, che riverbera la grandezza teologica dei contenuti in un genere spontaneamente mutuato dall'arte antica della 'sacra eloquenza' e teso alla comunicazione di essenziali stimoli pastorali, ha narrato a grandi linee i suoi 36 anni di parroco di San Rocco ed ha prospettato importanti direzioni per il futuro della Parrocchia affidata al nuovo parroco. Il contesto storico più che trentennale ha rappresentato lo sfondo del suo ricordo, nel quale sono affiorate le figure di Vescovi come Teutonico e Gazza che hanno segnato, specialmente l'ultimo, la sua vita sacerdotale e spirituale. La comunione ecclesiale e la preghiera sono state quindi prospettate come i vincoli che legano il Parroco al suo Vescovo e alla sua Comunità, in una visione della Chiesa di Cristo che permane nei tempi che passano. Un grande insegnamento quello di mons. Ratto che, sempre attivissimo, opererà sicuramente per moltissimo tempo.


Accanto al nuovo parroco don Armando Broccoletti, nella guida spirituale dei fedeli della parrocchia, il cui territorio si estende nel moderno ambiente urbano della città, continuerà ad operare pure don Mimmo De Rosa, amatissimo e giovanile sacerdote, grande organizzatore
delle attività ecclesiali. In queste ultime sono impegnate pure le due Comunità religiose della parrocchia, le suore degli Istituti M. P. Brando e Cristo Re, ed altri gruppi laicali.
La cerimonia ha visto la presenza delle Autorità civili e militari, del Sindaco di Frattamaggiore che ha rivolto un saluto al neo-parroco, e di una schiera di sacerdoti, religiosi e laici provenienti da molte parti della Diocesi.


mercoledì 8 agosto 2018

Tarcisio uomo di Chiesa


L’altro giorno (6 agosto) il prof. Tarcisio Salvato ha concluso la sua vicenda terrena. Nel paese natio (Frattamaggiore) la notizia è stata commentata e vissuta con commozione dalla gente perché Tarcisio era conosciuto da tutti e da tutti stimato come uomo di chiesa e testimone della carità del Vangelo. Nonostante il periodo estivo la Basilica di San Sossio si è riempita di persone di tutte le età per onorare la sua memoria e partecipare alla celebrazione religiosa che è stata presieduta da Mons. Angelo Spinillo Vescovo di Aversa.
Molti sulla rete dei social hanno voluto ricordare con ammirazione i tratti fondamentali della personalità umana e cristiana di Tarcisio, che negli ultimi anni ha vissuto assistito dalla famiglia ed ha partecipato alle funzioni religiose accompagnato con una sedia a rotelle.
Il suo percorso quotidiano, prima della infermità, si svolgeva tra le parrocchie cittadine, soprattutto la Basilica di San Sossio, Sant’Antonio e San Rocco, impegnato nella catechesi giovanile, nell’aiuto ai poveri, nel canto corale e nella costante preghiera di adorazione al Santissimo. Era l’ultimo ad uscire alla chiusura dopo ore di orazione genuflessa nel silenzio della chiesa, e raggiungeva casa con una bicicletta sempre diversa, perché quasi sempre gliela portavano via.

Mons. Angelo Crispino, in pellegrinaggio a Lourdes con la comunità parrocchiale dell’Assunta, è stato il primo a divulgare sui social la notizia della dipartita di Tarcisio e a tratteggiarne la memoria in relazione alla esperienza ecclesiale frattese: “Sono in molti a scrivere che è una "persona per bene" ma è troppo poco ricordarlo così perché chi ha avuto la gioia e la consolazione di incontrarlo, di conoscerlo e di condividere con lui esperienze umane, culturali, professionali e pastorali non può chiudere bocca, tanta è la luce, la grazia e l'amore che promanava dalla sua persona e dalla sua testimonianza. Uomo dolce e mite, uomo di fede vera e di servizio, uomo di cultura ed educatore insigne, uomo di bontà e di carità sono solo alcuni aspetti della sua personalità incline al bene del prossimo e ad accogliere quanti vivevano condizioni di disagio sociale, di difficoltà esistenziali, di emarginazione culturale, di povertà materiale! Tarcisio è stato l'uomo di tutti, a servizio dei singoli ma ancora di più, esemplare e lodevole nelle istituzioni scolastiche agendo da educatore sapiente e generoso, e nelle varie comunità ecclesiali dove ha prestato la sua preziosa collaborazione quale ministrante, catechista, animatore dei ragazzi affidati alla protezione di S. Tarcisio, benemerita associazione fondata dalla cara mamma e ancora, quale esperto di canto nella corale parrocchiale. Una ricchezza carismatica che viene lasciata in eredità alla nostra città!”

Antonio Anatriello, in occasione degli auguri per il compleanno 2016 postati su fb, a lui si rivolse con queste parole: “In questo giorno: un solidale e affettuoso pensiero, ricordando la tua bontà, la tua fede, la tua sincera ma non chiusa fedeltà alla Chiesa, la tua semplicità, la tua signorilità e gentilezza, la tua riservatezza...”

Papa Francesco, da Cardinale nel 2002 commentando il Mistero dell’Assunzione di Maria, espresse l’interrogativo: “Non cerchiamo il nostro vero volto negli occhi degli altri? Non è vero che riposiamo da questa ricerca solo quando incontriamo il volto di un altro che ci ama e che vogliamo contemplare?”

Con questa ispirazione sicuramente qualche tratto del ‘volto’ di Tarcisio lo possiamo rilevare dalle sue stesse parole: quelle della commemorazione che egli fece nel 2003 della figura di don Pasqualino Costanzo, che scrisse con enfasi autobiografica per Il Nuovo Pellegrino della Parrocchia di San Rocco, e che leggiamo di seguito.


Personalmente penso che la figura di Tarcisio possa essere compresa bene nella dimensione della testimonianza storica ed ecclesiale di un laico impegnato nella vita della comunità locale; in maniera così intensa che non si può fare a meno di legarla al ministero del servizio e della pastorale nella Chiesa. La carità operante, la guida per i giovani, l’esemplare vita spirituale espressa nella testimonianza e nella preghiera, le condivise esperienze della ricerca di Dio, il chiaro riferimento alla guida dei Pastori e alla collaborazione con i sacerdoti, portano a comprendere Tarcisio nella schiera di quei laici esemplari che sono organicamente vicini ai parroci e ai loro collaboratori nel cammino e nel progetto pastorale. Esempi di questi laici ce ne sono sempre stati nella storia della chiesa locale, in particolare nella chiesa post-conciliare che ha vissuto la transizione della pastorale giovanile, fondata sulla Azione Cattolica sull’Oratorio e su nuovi percorsi comunitari e di volontariato, tra questi ricordo Michele Imbembo, Peppino Sessa, molti altri e lo stesso Tarcisio (per un approfondimento di questo argomento puoi leggere questo post).

In particolare per la conoscenza di Tarcisio posso far riferimento ad alcuni altri avvenimenti ed impegni che hanno caratterizzato la qualità della sua testimonianza cristiana.
Nell’attività della Caritas di San Rocco egli è stato il volontario della frontiera; l’ho visto immergersi senza mezze misure e/o ritrosie, e con grande spirito di servizio, nell’opera di misericordia corporale e spirituale svolta per qualche persona indigente che viveva in strada ai margini della parrocchia.
Amante della Parola di Dio, che spesso proclamava come lettore dall’ambone, egli ha partecipato nel 2008 a La Bibbia Notte e Giorno organizzata dalla CEI, leggendo, tra i tanti lettori che si alternarono nella Chiesa di Santa Groce di Gerusalemme a Roma, alcune pagine del Libro del Siracide, in particolare i brani da lui amati sull’amicizia.


Nel 2010, e poi anche negli anni successivi, fu impegnatissimo per far da guida di pastorale turistica a schiere di fedeli Frattesi, tra i quali il sottoscritto, che si recavano in pellegrinaggio alla Cattedrale di Policastro per vivere la grazia dell’apertura del processo di beatificazione del Vescovo Federico Pezzullo (1890-1979). Si comprende l’entusiasmo personale e coinvolgente di Tarcisio, nipote del vescovo Federico che era fratello di sua madre (per un approfondimento di questo argomento puoi leggere questo post).



In particolare nell’ottobre del 2010 un evento importante della cultura storica ecclesiatica della Diocesi di Aversa registrò il suo intervento ufficiale tra i relatori della presentazione del libro del prof. Luciano Orabona, scrittore e docente di Storia della Chiesa: Laici e Vangelo in terre del Mezzogiorno - L'Azione Cattolica di Aversa e della Campania tra cronaca e storia.


La presentazione si tenne nella Chiesa della Madonna dell Grazie e quello di Tarcisio fu un intervento ricco di riferimenti storici e spirituali.
Nel 2011 Tarcisio fece l’esperienza del pellegrinaggio in Terra Santa organizzato dalla Comunità della Basilica di San Sossio. Partecipai a quel pellegrinaggio anch’io e raccolsi la testimonianza di Ernesto che condivideva la stanza d’albergo circa la sua continua preghiera, per la quale si raccoglieva anche di notte.


Vissuto nella spiritualità eucaristica, in onore pure del Santo di cui porta il nome, Tarcisio volle ringraziare e lodare il Signore con intensità in tutte le circostanze. Nella chiesa di Sant’Anna a Gerusalemme, particolarmente nota per la sua acustica, volle partecipare al canto religioso e sublime dei tanti che si cimentavano con bravura e sentimento.