sabato 15 dicembre 2012

L’itinerario di don Pasqualino prete frattese

Pasquale Costanzo acque a Frattamaggiore, provincia di Napoli, in diocesi di Aversa il 12 febbraio 1922 ed ivi morì nel clima natalizio del 23 dicembre 1991. Trascorse la fanciullezza nel quartiere natio di San Rocco educato ai buoni valori della famiglia e sviluppando la vocazione religiosa alle catechesi parrocchiali del servo di Dio don Salvatore Vitale. Adolescente fu accolto nel seminario di Aversa, ove era rettore il suo parroco don Nicola Capasso, che divenne poi Vescovo di Acerra. Compì gli studi filosofici e teologici al seminario di Salerno, ove visse i tempi drammatici della seconda guerra mondiale. Fu ordinato sacerdote il 17 giugno 1945 dal vescovo Antonio Teutonico.
Fu sacerdote esemplare, grande educatore e guida spirituale di aggregazioni giovanili (seminario, scout, azione cattolica, studenti medi) e di istituti religiosi (Annunziata di Aversa e Ritiro delle donzelle di Frattamaggiore). Fu canonico di San Sossio e presidente della Congrega del clero frattese, cappellano e collaboratore di varie chiese locali; soprattutto della chiesa di San Rocco.
Dal terremoto del 1980, a partire dall’intervento diretto operato in collaborazione con la diocesi e con il parroco don Giuseppe Ratto, ed insieme con il diacono don Ferdinando Ambrosio a favore delle popolazioni disastrate dell’Irpinia, la carità operante ed eroica fu il campo privilegiato del suo apostolato. La sua vita sacerdotale si intrecciò fortemente con il sentimento del poeta-scrittore e con la passione antropologica dello storico delle tradizioni del suo paese. Ha lasciato molte opere scritte ed un fondo alla Biblioteca Comunale. Frattamaggiore lo ritiene tra i suoi uomini illustri.
La sua anima sacerdotale traspariva anche nelle analisi ‘laiche’ che egli svolse intorno alla storia locale, ai costumi e alle tradizioni della sua città. Il sentimento che egli richiamò come motivazione del suo impegno di studioso fu sempre quello della gratitudine per il luogo che lo aveva visto nascere: il luogo della madre e del padre che lo avevano chiamato alla vita terrena. Verso quel luogo ritornava con sacra nostalgia quando era lontano, come negli anni del seminario, e quando meditava nella vita quotidiana con la preghiera, con la poesia e con la ricerca storica; come uomo di Dio, come pensatore e come educatore. Era per lui un luogo dell’anima: un simbolo che trasponeva e rendeva presente nell’arte del presepe e nella partecipazione emotiva alle auree del Natale.
Il concetto che egli amava, e che utilizzava per esprimere l’intimo rapporto con i luoghi del suo paese, era itinerario: un cammino svolto in una sorta di contemplazione operativa, lungo il quale egli recepiva il messaggio realmente significativo della storia e dei monumenti del suo paese. E questo messaggio egli lo riproponeva ai suoi concittadini, e ai giovani, con i significati e con gli orientamenti della guida d’anima e della sua esperta esegesi. In questo modo egli guidava chi lo leggeva e lo ascoltava, e chi con lui serenamente dialogava, soprattutto i giovani, su un cammino etico e religioso alla ricerca della verità e verso la scoperta di una paideia basata sul valore della dignità della persona vissuta nei legami più alti con la comunità e con la storia del proprio paese.
Presento una sua poesia sul Natale.


mercoledì 12 dicembre 2012

Dialogo in real time con Benedetto XVI


Le aree della umana comunicazione sono complesse e non univoche; talvolta aperte e liberamente percorribili; altre volte esclusive ed inabbordabili. Simboli e valori s'incontrano, linguaggi e pensieri si confrontano; a volte ci si riconosce, ci si accoglie; spesso ci s'ignora o ci si respinge.
Sempre si vuole comunque parlare, anche con il silenzio, con parole vere o con parole vane. Il mondo va come si dice, come dice una massima antica. E allora dicendo sempre parole di bene, prima o poi il mondo potrebbe andare veramente bene. Potrebbe essere un'intenzione progettuale.
La presenza di Benedetto XVI con un profilo sul social network, twitter, che utilizza la comunicazione essenziale e stringata in un numero di caratteri che impongono sintesi e chiarezza e ricostruzione di un discorso globale con frammenti di pensieri che si rincorrono e si interpellano, è un avvenimento ricco di significato. Il papa dice parole vere, utili a disvelare all'uomo il suo mistero ed il suo sentimento; dice parole della Chiesa maestra di umanità tra i fraseggi variegati che circolano nella rete, dei politici, delle star, dei giornalisti, dei diplomatici, dei monsignori, dei giovani, delle donne, di ricchi e di poveri, delle persone che vogliono semplicemente dire e sapere.
Egli dice parole che riguardano il Vangelo di Gesù Cristo comunicato con uno strumento attuale che può servire a molti per un approfondimento conoscitivo di Dio Padre, tramite le parole del Figlio e della sua Chiesa, e per ricevere stimoli spirituali ed ispirativi per narrare con il cielo, a volo d'uccello, la Sua gloria.

Dal commento recuperato da news.va leggiamo la prime cose dette dal papa con i suoi tweet:

Il primo tweet del Papa è stato ritwittato migliaia di volte già nei primissimi minuti dopo il lancio, mentre la notizia ha fatto il giro del mondo con breaking news dei principali media internazionali.
Poco dopo le 12, dunque, il Papa ha risposto alla prima domanda su come vivere l’Anno della fede nel nostro quotidiano. Quesito che gli era stato rivolto su Twitter attraverso #askpontifex. “Dialoga con Gesù nella preghiera – ha risposto il Papa - ascolta Gesù che ti parla nel Vangelo, incontra Gesù presente in chi ha bisogno”. Anche in questo caso, sono migliaia le persone che stanno riprendendo ed esprimendo il loro apprezzamento per il tweet del Papa. Quindi, intorno alle 15 ha risposto alla domanda: "Come vivere la fede in Gesù Cristo in un mondo senza speranza?". Nel tweet del Papa si legge: "Con la certezza che chi crede non è mai solo. Dio è la roccia sicura su cui costruire la vita e il suo amore è sempre fedele".

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Prologo francescano di spiritualità biblica


La Verna - San Francesco detta la Regola
Tutti coloro che amano il Signore con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente, con tutta la loro forza ed amano il loro prossimo come se stessi, ed odiano il proprio corpo con i suoi vizi e peccati, e ricevono il corpo ed il sangue del Signore nostro Gesù Cristo, e fanno degni frutti di penitenza: quanto mai sono felici questi e queste, facendo tali cose e perseverando in esse

E' l'esordio di San Francesco d'Assisi al prologo della Regola del terz'ordine francescano, ad esortazione dei fratelli e delle sorelle della penitenza. E' la via del bene e della fede che si contrappone alla via dei “ciechi che non riconoscono la vera luce, il Signore nostro Gesù Cristo”.
Nel formulare la regola dei secolari Francesco opera lo spontaneo ragionamento del santo che si conforma a Cristo e al suo Vangelo e lo propone ai suoi discepoli come orientamento del cammino per la salvezza.
L'ispirazione biblica (Dt 30, 1-3) è decisa. Dare la regola è dare un comandamento, il primo e il più grande di tutti: l'amore totale per Dio; insieme con l'altro che gli è simile: l'amore del prossimo come di se stessi. Allo stesso modo l'ispirazione del salmo (Sal 1, 1-3) delle due vie è luminosa:

Beato l'uomo che non segue il consiglio degli empi, non indugia nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli stolti; ma si compiace della legge del Signore, la sua legge medita giorno e notte. Sarà come albero piantato lungo corsi d'acqua, che darà frutto a suo tempo e le sue foglie non cadranno mai; riusciranno tutte le sue opere.

Impegnativa è l'ispirazione della conversione, il monito ancorchè biblico del Battista: “preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri” (Lc 3,4). E appare sul cammino della santità evangelica, che Francesco ha mostrato con la regola ai frati e alle sore penitenti, luminosa, la conferma di Gesù: "Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me" (Gv. 14, 6).

Il Prologo della Regola dell'Ordine Francescano Secolare è una esortazione di San Francesco rivolta “ai fratelli e alle sorelle della penitenza” con argomentazioni incoraggianti per “quelli che fanno penitenza” e con argomentazioni scoraggianti per “quelli che non fanno penitenza”. Nello stile semplice ed efficace della devota pedagogia comunitaria ed ecclesiale che ha nella Didachè, l'anonimo insegnamento apostolico dei primi secoli, un sorprendente modello di riferimento spirituale. 
Ecco l'esordio della Didachè

“Due sono le vie, una della vita e una della morte, e la differenza è grande fra queste due vie. Ora questa è la via della vita: innanzi tutto amerai Dio che ti ha creato, poi il tuo prossimo come te stesso; e tutto quello che non vorresti fosse fatto a te, anche tu non farlo agli altri”. 

domenica 2 dicembre 2012

Il Pellegrinaggio Lauretano nella diocesi di Aversa


La pratica devozionale dei luoghi mariani, molto diffusa nella diocesi di Aversa nell’età medievale, si arricchì di nuovi e diversificati segni spirituali, artistici e costruttivi, nell’epoca post-tridentina. Per l’esemplificazione di questa nuova dinamica nella diocesi aversana, una particolare menzione merita il sacello lauretano, costruito nel transetto laterale della Cattedrale di Aversa.

Il sacello lauretano è in pratica una ricostruzione, in scala ridotta, della Santa Casa di Nazareth che si visita nel santuario marchigiano di Loreto.
Il vescovo aversano Carlo I Carafa (1616-1644: epoca dell’episcopato), fu nunzio apostolico in Germania per oltre sette anni. Di ritorno alla sede di Aversa, che amò con particolare intensità, egli ebbe occasione di vivere l'esperienza del pellegrino a Loreto e volle condividerla con la sua chiesa particolare. Fece costruire la copia monumentale in scala fedele della Casa del santuario che lo aveva profondamente commosso.
Sacratissimae Dei Matri Virgini Carolus Episcopus Aversanus in humilissimam gratiarum actionem: è la dedica a Maria impressa sul suo libro pubblicato in Aversa nel 1630 a resoconto e a divulgazione del suo lavoro di diplomatico al servizio della Chiesa: Commentaria de Germania Sacra Restaurata...
L'anno della stampa è lo stesso della costruzione del sacello lauretano in cattedrale e si rafforza la testimonianza dell'umile e sentita devozione mariana del vescovo Carlo Carafa che a Maria volle dedicare la sua opera ed il suo ministero, come volle che fosse posta ai piedi del monumento mariano aversano la sepoltura delle sue spoglie mortali.
L'iniziativa del vescovo Carafa ebbe significati prestigiosi e devozionali, legandosi alla concessione dell’indulgenza plenaria; ed il modello aversano della casa di Nazareth fin dal '600 è stato fortemente legato alla spiritualità mariana in Diocesi.
Ancora oggi, dal 21 novembre al 10 dicembre si celebra il Giubileo Lauretano in onore della Vergine di Loreto compatrona con San Paolo apostolo della diocesi. In questa occasione un centinaio di comunità parrocchiali e migliaia di fedeli appartenenti alle diverse zone pastorali del territorio si recano in pellegrinaggio alla cattedrale per rinnovare il rito antico e per lucrare l'indulgenza plenaria. Tutte le componenti di tutte le età e di tutte le esperienze diocesane si ritrovano in preghiera nel duomo normanno vivendo insieme con il vescovo momenti importanti e ricordevoli della propria fede e della propria appartenenza ecclesiale. I giovani, gli anziani, i seminaristi, il clero, i religiosi e i laici fraternizzano raccogliendo i frutti devoti del sacro pellegrinaggio mariano e proponendo impegni entusiastici nella testimonianza della fede. Il dialogo e l'incontro del pellegrinaggio annuale sono in questo modo occasioni di novità e di un rivedersi tra amici e conoscenti. Prevalgono sorrisi speranze e narrazioni di percorsi e di progetti, di situazioni memorabili da condividere.
Tutti i vescovi e fedeli aversani hanno nei secoli rivolto alla Vergine Lauretana un segno della loro devozione, una preghiera speciale, una cappella musicale, opere di carità, una ricerca orante della sua materna protezione nelle varie circostanze ed attualità della vita.
Il vescovo Angelo Spinillo ultimamente ha scritto per i pellegrini al sacello laureatano di Aversa questa ultima preghiera.