sabato 31 dicembre 2016

Monumenti storici


Il 15 Dicembre 2016 si sono conclusi gli eventi culturali legati alla celebrazione del centenario della nascita di Sosio Capasso, il maggior storico contemporaneo di Frattamaggiore. La cerimonia conclusiva è culminata con la inaugurazione di un monumento con il busto bronzeo dell’illustre concittadino collocato nel giardino pubblico antistante la seicentesca chiesa dell’Annunziata e di Sant’Antonio. Un onore tributato all’illustre concittadino, a nome di tutta la cittadinanza memore, dall’Amministrazione Comunale e dall’Istituto di Studi Atellani di cui egli era stato Fondatore e Presidente. Si è trattato di una cerimonia che ha assunto significati importanti sia per la cultura e la memoria storica locale e sia per il dialogo tra le generazioni del paese, grazie alla partecipazione dei rappresentanti istituzionali, il Sindaco dott. Marcantonio Del Prete e il Presidente dell’Istituto dott. Francesco Montanaro, dei familiari di Sosio Capasso, di una numerosa popolazione, di varie scolaresche accompagnate dai loro docenti, e dell’artista dott. Luigi Caserta fattore del busto.
La presenza del monumento nel giardino pubblico, oltre il valore simbolico del ricordo passato di un uomo importante, ha anche un valore poetico legato ai tanti possibili momenti d’incontro e di riflessione sul senso della vita e della storia che nel futuro le persone che gli passano o gli sostano occasionalmente accanto avranno modo di esperire…
Sossio Capasso, con le sue opere di ricerca storica, è stato anch’egli fattore di monumenti destinati ad educare e a durare nel tempo, indipendentemente dall'inciviltà, dall’incuria umana e dal consumo del tempo.
La prima visione del nuovo monumento, posato nel giardinetto di Piazza Riscatto giusto nel tempo delle Feste del Natale del paese, ha suscitato alla sensibilità dello studioso di storia uno spontaneo confronto con un altro esemplare e simbolico monumento dedicato altrove ad un altro illustre Capasso frattese. Al busto marmoreo dedicato in Sorrento al grande archivista Bartolommeo Capasso e collocato nei giardini della terrazza sul mare dinanzi alla Chiesa e al Convento di San Francesco. Si rassomigliano i due monumenti, nei significati artistici funzionali e in quelli sapienziali, dedicati a due grandi studiosi della Storia Patria, lustro e onore del loro Paese.
A Bartolommeo, appartenente al secolo precedente, Sosio dedicò un ritratto storico monumentale rivendicando nelle sue opere (Bartolommeo Capasso e la nuova storiografia napoletana e Bartolommeo Capasso padre della storia napoletana) le origini frattesi del grande sorrentino. Queste le sue parole:

Il tre marzo del 1900 moriva in Napoli, al n. 7 di via Chiatamone, Bartolommeo Capasso. «Passò da una specie di dolce sfinimento al sonno eterno. O buoni poveri occhi che da un anno non vedevano più. La morte li chiuse con una carezza: il vecchio pareva che dormisse. La camera ove, sul suo semplice letticcio, Bartolommeo Capasso, bianco bianco, immoto, pareva che fosse placidamente assopito, la camera luminosa era piena di fiori, in quella luce, sul suo candido letto, il gran vecchio onesto e giusto pareva un santo»: così Salvatore Di Giacomo sul “Corriere di Napoli” del giorno seguente. Chi era stato Bartolommeo Capasso, il «gran vegliardo», come amavano chiamarlo coloro che più gli erano vicini, o «il padre della storia napoletana», quale lo consideravano gli eruditi e gli studiosi entro e fuori i confini d’Italia? E perché Frattamaggiore, in provincia di Napoli, considerandolo, a giusto titolo, un proprio figlio, gli ha intitolato una Scuola e gli ha dedicato una delle sue strade più belle? Bartolommeo Capasso vide la luce in Napoli il 22 febbraio 1815, nel quartiere Porto, nella casa di proprietà paterna, al n. 15 della via Principessa Margherita, all’epoca denominata supportico Caiolari, una casa che era appartenuta ai Figliamonti e che suo padre aveva acquistato essendo la prima moglie appartenente di quella famiglia. Entrambi i genitori erano frattesi: il padre, Francesco, era un ricco commerciante di canapa; la madre, Maria Antonia Padricelli, fu un «raro esempio di cristiane e domestiche virtù», come egli ebbe a definirla dedicandole, nel 1846, la Topografia storico archeologica della Penisola Sorrentina e la raccolta di antiche iscrizioni, edite, appartenenti alla medesima.


Durante il Natale di qualche anno fa mi ritrovai per una passeggiata a Sorrento ed ebbi occasione di predisporre questo post che pubblicai sul portale storialocale.it, notiziario dell’Istituto di Studi Atellani – Rassegna Storica dei Comuni. Lo ripropongo per questo omaggio natalizio dedicato alla memoria monumentale dei due grandi storici frattesi.


mercoledì 2 novembre 2016

Il dialogo con i giovani tema del Convegno Pastorale di Aversa

Il Convegno di apertura dell'Anno Pastorale 2016-2017 della Diocesi di Aversa si è svolto nei giorni 30 settembre e 1 ottobre 2016. Il primo giorno in Cattedrale in ascolto degli interventi dei relatori prof.ssa Paola Bignardi e don Michele Falabretti esperti nazionali della pastorale giovanile, il secondo giorno in dialogo nei gruppi di riflessione formatisi per la discussione della problematica ecclesiale e giovanile negli ambiti: tradizione, cittadinanza, fragilità umana, vita affettiva, lavoro e festa.
Il tema del Convegno, ispirato alla Sacra Scrittura, è stato: “Una generazione narra all'altra” … e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli (Gv 2, 1-2).
Tutte le realtà parrocchiali e le comunità ecclesiali della Diocesi hanno avuto i loro rappresentanti adulti e giovani al Convegno che ha registrato così una foltissima ed articolata presenza in Cattedrale e nei Gruppi.
Gli interventi dei relatori sono stati ascoltati con attenzione e recepiti nelle loro interessanti stimolazioni.

Il Convegno è stato aperto con la presentazione del Vescovo di Aversa Mons. Angelo Spinillo, il quale ha indicato le motivazioni e i significati relativi all'orientamento spirituale del nuovo anno pastorale, proponendo come icona del Convegno le Nozze di Cana e l'intercessione di Maria:
... Il nuovo anno pastorale vive ancora nella luce del giubileo della misericordia, che concluderemo qui in Cattedrale la prossima domenica 13 novembre. Tuttavia, prendendo spunto dalla ricorrenza del cinquantesimo anniversario dell’incoronazione dell’immagine, venerata nella cappella del nostro Seminario con il titolo di “Madonna dei giovani”, che Mons. Antonio Cece volle celebrare l’11 giugno 1967, con grande partecipazione di tutte le componenti della Diocesi, abbiamo pensato di dedicare questo nuovo tempo di cammino pastorale ad una rinnovata e particolare attenzione ad un più coinvolgente e vitale dialogo con i giovani...
Così, guardando alla preziosa intercessione di Maria, vogliamo affiancare al titolo generale dell’anno pastorale un riferimento ugualmente intenso e ricco di speranza.
“…c’era la madre di Gesù.
Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli” (Gv 2, 1-2)
Quelle anfore, quelle idrie vuote, sono come una rappresentazione di un drammatico vuoto di umanità che chiede di poter essere riempito e trasformato. Maria, la piena di grazia, la donna “nuova”, chiamata ad essere madre di una nuova umanità, vede, sente in sé, accoglie quel desiderio di vita, lo presenta a Gesù, a quel Figlio che è venuto nel mondo per essere “via, verità e vita” (Gv 14,6), all’Emmanuele, il Dio con noi che trasforma ogni nostro tempo di morte nel suo tempo di vita”.

Sono seguite poi gli interventi dei due relatori invitati al Convegno per trattare le problematiche giovanili dal punto di vista scientifico socio-antropologico e dal punto di vista teologico-pastorale.

La Prof.ssa Paola Bignardi, già Presidente Nazionale dell’Azione Cattolica, e autrice insieme con Rita Bichi, della recente pubblicazione “Dio a modo mio, giovani e fede in Italia”, ha sviluppato una comunicazione chiarificatrice degli interrogativi del mondo giovanile e suffragata dai dati più recenti della ricerca sul mondo giovanile – Rapporto Giovani - realizzata dall'Istituto Toniolo, ente fondatore dell'Università Cattolica di Milano.
All'interrogativo “chi sono i giovani?” si risponde perseguendo “un obiettivo di conoscenza con spirito di ascolto”; e riferendosi alla Evangelii Gaudium di Papa Francesco, la prof.ssa Bignardi ritiene “l'ascolto con il cuore come il punto di partenza per esperienze di comunicazione della fede”. Con questo atteggiamento spirituale ella ha presentato i dati salienti riguardanti la fede nel mondo giovanile e letti nel Rapporto Giovani attraverso la rilevazione operata con un questionario. Ha presentato il calo delle percentuali riguardanti la fede cattolica (dal 56% al 52 % in un anno) e la frequenza alla pratica religiosa (frequentanti 24%, non frequentanti 28%); ha descritto l'incidenza del genere sul sentimento religioso (ragazze + 10% rispetto ai ragazzi); le differenze geografiche sulle espressioni della fede (Nord 50%, Sud 60%); le scarse considerazioni, in termini di fiducia nelle istituzioni, dei giovani nei confronti della Chiesa. 

Dati più interessanti e complessi emergono dal dialogo diretto e personale con i giovani: “l'ascolto dice più della statistica” ha affermato la relatrice che ha tracciato un quadro della problematica della fede dei giovani che si esprime nelle “modalità del credere”, nella concezione di Dio, negli stati d'animo orientativi, nella preghiera personalistica, nel cammino di maturazione incerto, nell'importanza della ”esperienza di relazioni personali con persone significative”. Sul dato delle 142 risposte su 150 giovani che hanno dichiarato che “è bello credere”, sulla “bellezza della fede” si può “aprire una finestra sulla religiosità dei giovani” importante per la loro crescita spirituale.
L'intervento del Rev. Don Michele Falabretti, Responsabile nazionale del Servizio per la Pastorale Giovanile della C.E.I., ha assunto una connotazione che “litiga con sociologia e numeri” e si è espresso come una riflessione pastorale che, aldilà della ricerca, propone l'esperienza del Vangelo. Le sue parole “Il Vangelo è sempre vivo... con le sue domande e con le sue provocazioni... Le ricerche in Pastorale non funzionano … ci vuole la vita vissuta... La Pastorale trova risposte alle questioni dove ci si trova”.

Ha narrato così alcune sue esperienze pastorali per dimostrare l'importanza di una fede vissuta, anche da parte dei giovani, in continuo rapporto con il Vangelo di Gesù e nella testimonianza e nella partecipazione alla vita ecclesiale.


mercoledì 21 settembre 2016

La poesia del padre: per una recensione di Libere composizioni

Queste Libere composizioni sono state motivate ed originate, e rese parole rappresentative, da “...pensieri, considerazioni sulla vita, stati d’animo, sentimenti e ammirazione per la natura...”. Così Giuseppe, nella sua Premessa, ci consegna il suo personale concetto di 'poesia' legato alla liberazione e alla comunicazione di una certa ineffabilità dell'esperienza interiore vissuta in relazione ad eventi e situazioni che gli hanno suscitato domande di senso e di significato.
Egli traduce nel linguaggio comune e razionale il lavorio della riflessione immediata e profonda del suo pensiero; e l'unicità dell'esperienza personale è proposta nella diversificata lettura delle strutture di vita umana: la riflessione psicologica, la filosofia della vita, la spiritualità, la religiosità, la natura, il sentimento e la bellezza.
E' di grande chiarimento nella stessa Premessa ciò che egli ha posto come sfondo accogliente per la sua opera poetica, ovvero le dimensioni della libertà “dove la propria anima ha potuto liberamente esprimersi”. E nelle singole composizioni, un lustro di 63 poesie dal 2010 al 2016, si ritrovano i contatti comunicativi con la sua anima; si ritrovano le persone e i luoghi, anche emotivi, a cui si rivolge; e la cui immagine liberata ed il cui senso vuole ricondurre nei paesaggi e nella memoria del suo universo interiore.
E' forse possibile leggere le poesie come un unico insieme ed accedere alla conoscenza progressiva della tensione che le ha animate. Si scopre così subito il punto di partenza nella consapevole e sacra umiltà della Creatura, del Poeta, che rivolge al Cielo la sua gratitudine. Esperire poi l'angoscia della solitudine e del dolore, e reagire con un convinto ed impegnativo percorso di scoperta e di valorizzazione delle esperienze e dei legami più importanti della vita.
E poetare così dell'Amore, dell'Amicizia; del Padre, della Madre, del Fratello. Parlare di Dio e del Regno degli Angeli, della Giustizia e della Storia umana, della Terra e della Bellezza dei sentimenti, della Morte e della Vita, del Tempo e dell'Anima.
Il cimento poetico può apparire una sorprendente novità per chi conosce di Giuseppe la persistenza degli interessi scientifici e della comunicazione, anche multimediale, dello studioso e del sociologo. Ma credo che la poesia, intesa come la possibilità di “liberamente esprimersi”, abbia sempre un poco accompagnato il suo impegno esistenziale e la sua attività. E così si può leggere la profondità e la riconoscibilità del suo messaggio antropologico nella poesia di un piccolo brano della libera composizione dedicata al padre:


Non un lamento, non un minimo
accenno al duro lavoro e alla
propria ed inevitabile sofferenza.
Eppure, era lì, ogni giorno, al
sorgere del sole, ad inginocchiarsi
per ringraziare Dio.
Sempre pronto a ripartire,
a vivere con speranza il nuovo
giorno, a portare con se , senza
lasciarla agli altri, quella sofferenza
insieme al suo paniere.


Sicuramente le poesie vanno opportunamente lette nella loro singolarità, come momenti unici; veri quadri d'arte dotati di significati particolari legati alle occasioni e ai contesti in cui sono state formulate. In questo senso, nella loro semplicità e bellezza, esse possono veramente offrire al lettore la possibilità di quella comprensione e di quella condivisione motivazionale che hanno spinto Giuseppe ad affermare “la convinzione che il vero Poeta non è chi scrive, ma chi legge”.