martedì 13 dicembre 2011

La costruzione del presepio

La motivazione fondamentale della costruzione del presepio si lega ad una riflessione di carattere teologico e devozionale sulla Incarnazione del Figlio di Dio, e alla rappresentazione simbolica del mistero della Natività. Altre motivazioni attengono la tradizionale relazione educativa tra le generazioni e l’interagire in una comunità di vita e di valori. Molti ricordano il presepio della fanciullezza come una costruzione a cui partecipare in famiglia con la guida del padre, nel palazzo o nella comunità ecclesiale e cittadina con la guida di una persona esperta. Il presepio veniva semplicemente realizzato per celebrare l'avvenimento religioso della Nascita di Gesù, e la sua costruzione riusciva a motivare l'impegno e a stimolare la creatività fino a procurare la profonda emozione della coscienza di partecipare a momenti importantissimi per la propria e l'altrui vita. 
Quella emozione non è un dato relegabile solo alla memoria; essa è sempre esperibile, anche nell'oggi, perché è una espressione precipua dell'animo umano, e riappare quando questo si ritrova a riflettere sui valori essenziali della vita e sui contenuti dei propri convincimenti. E' una emozione, talvolta di carattere estetico e religioso, che diviene un moto operativo, artistico ed educativo, quando i valori e i convincimenti cerca di rappresentarli oggettivamente e costruttivamente attraverso un linguaggio ed un’opera simbolici e significativi 
Tale è l'emozione che la costruzione del presepio suscitava un tempo, offrendo materia alla riflessione e alla rappresentazione dei valori e dei legami familiari e comunitari; e che risuscita rioffrendosi con spunti costruttivi e rappresentativi dei valori nei discorsi e nei legami dell'oggi. 
In molti luoghi del napoletano, tra gli amici che si ritrovano a parlare del presepio è comune l'esperienza della leggenda d'origine che lega il proprio ricordo infantile con il periodo natalizio. Si tratta della memoria di gesti comunitari antichi evocata dalla costruzione del manufatto presepiale insieme con le situazioni di vita e i sentimenti della festa più amata dai bambini e dagli anziani. 
Il presepio si ripropone così come luogo della memoria e del dialogo tra le generazioni, espressione simbolica e rappresentazione di una riflessione, di una fede e di un discorso che è sempre pedagogico anche nelle sue manifestazioni più evidentemente artistiche o religiose. 
In questa memoria ci si sente particolarmente coinvolti a causa delle notevoli trasformazioni economiche ed ambientali ingeneratesi con la modernità, ed il richiamo della tradizione risponde psicologicamente ad una esigenza di riflessione sulla propria identità culturale e personale. 

Bibliografia:   P. Saviano, Civiltà del presepe - Natale e storie di paese, Roma 2009          libro on line
                

domenica 11 dicembre 2011

Mons. Alessandro D'Errico tra i premiati della nona edizione del Premio Bonifacio VIII

Ad Anagni, 'Città dei Papi', il 9 Dicembre 2011 si è tenuta la cerimonia di chiusura della IX edizione del Premio Bonifacio VIII. Un riconoscimento nazionale ed internazionale, istituito dall'Accademia Bonifaciana, che intende onorare gli operatori di pace e i promotori dell'assistenza ai paesi più poveri. Un premio che, secondo le parole del Presidente Sante De Angelis, “trae ispirazione dal messaggio di pace del Papa del primo Giubileo e che persegue l'obiettivo perennemente attuale per il bene dell'umanità, coniugando la promozione culturale con i valori dello spirito e realizza un significativo impegno sociale a favore di diverse situazioni di disagio e di indigenza”. 
Il premio, simboleggiato con un volto di Bonifacio VIII artisticamente scolpito da Egidio Ambrosetti, fu assegnato per la prima volta nel 2003 al papa Giovanni Paolo II. Da allora a cadenza annuale, e nella cornice architettonica dei palazzi della cittadina medievale, esso è stato consegnato a svariate e meritevoli personalità della vita ecclesiastica, istituzionale, civile e militare.
Tra queste: i Cardinali Jose Saraiva Martins, Renato raffaele Martino, Javier Lozano Barragan, Angelo Comastri, Crescenzio Sepe, Ersilio Tonini, Elio Sgreccia, Giovanni Lajolo; i Presidenti emeriti della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro e Carlo Azeglio Ciampi; il Premio Nobel Rita levi Montalcino ed il Senatore Giulio Andreotti.
Quest'anno ha voluto sottolineare il valore del Premio Bonifacio anche il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che ha inviato una medaglia di rappresentanza e ha rivolto un messaggio che evidenzia il percorso civile e culturale ed il costante impegno per la pace, il dialogo e la coesione sociale.   
La cerimonia del 9 Dicembre ha riguardato la premiazione di Mons. Arcivescovo Alessandro D'Errico, Nunzio Apostolico in Bosnia-Erzegovina e Montenegro, nella cui opera pastorale e diplomatica, svolta a nome della Chiesa nella complessità dei rapporti interreligiosi e civili delle regioni balcaniche, sono particolarmente esaltati i valori promossi dal Premio Bonifacio.
Nella stessa giornata hanno ricevuto il riconoscimento anche altre importanti personalità: il cardinale Salvatore De Giorgi Arcivescovo emerito di Palermo, Mons. Carlo Liberati Arcivescovo Prelato di Pompei, il Generale Biagio Abrate, l'Ammiraglio Bruno Branciforte, Angelo Caloia Presidente della Fabbrica del Duomo di Milano, Miguel H. Diaz Ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede, il Senatore Lamberto Dini.
Papa Benedetto XVI ha inviato un messaggio con “una speciale Apostolica Benedizione all'Istituzione organizzatrice dell'evento e agli Autorevoli Personaggi insigniti del Premio”.
La locandina dell'evento, intitolata '...per una cultura della pace...' e raffigurante il beato Giovanni Paolo II alla ricezione del Premio, è stata realizzata da una artista ucraina.

mercoledì 16 novembre 2011

Vangelo e Missione nella vita del Servo di Dio padre Mario Vergara

   E' trascorso un secolo dalla nascita di padre Mario Vergara (Frattamaggiore (Italia) 18 Novembre 1910 – Shadaw (Birmania) 25 Maggio 1950). La bibliografia più antica, che ha riguardato la vita del missionario caduto martire, ha riportato in genere la data di nascita del 16 novembre 1910.
Le recenti ricerche nell'Archivio Comunale e nell'Archivio Parrocchiale della città natale hanno portato a rilevare il 18 novembre 1910 come data di nascita ed il 20 novembre 1910 come data del battesimo.
   L’opera fondamentale sulla vita e sul martirio di Mario Vergara è la biografia scritta dal suo confratello padre Ferdinando Germani del PIME (Germani F., P. Mario Vergara, Martire della Fede e della Carità in Birmania). L’opera edita a Napoli nel 1987 ha il carattere di una vasta e documentata ricerca agiografica, ricca di contributi storici, geografici, religiosi e testimoniali. Tutti i contributi offrono spunti, tratti ed episodi della personalità e della vita di padre Mario e hanno valore e significato in una importante storiografia ecclesiastica, sia diocesana e sia propria della congregazione missionaria del Pontificio Istituto Missioni Estere. L’opera di padre Germani, costruita nello scavo storico profondo e nella levità spirituale dell’umile e certosino lavoro fatto per far risaltare la luce del protagonista mediante l’assemblaggio dei numerosi dati e documenti, si compone dei tanti ritratti di padre Mario Vergara colti nelle corrispondenze personali ed ufficiali, nei dialoghi e nelle narrazioni amicali, durante la parabola della sua esistenza terrena.
   I contributi narrativi più importanti provengono in primo luogo dai suoi amici di gioventù, don Gennaro Auletta, prete scrittore e giornalista, e mons. Angelo Perrotta, parroco di San Sossio, i quali condivisero con lui il percorso diocesano degli studi vocazionali nei seminari di Aversa e di Posillipo. Poi provengono dai suoi confratelli missionari, da Pasquale Anatriello, compaesano e in passione socius” in Birmania e nei campi di concentramento in India, da Pietro Galastri, giovane collaboratore che gli fu accanto negli ultimi due anni della missione e nel martirio, da Giovanni Battista Gobbato, divenuto nel 1961 vescovo di Taunggyi in Myanmar, che ne ricordò la profonda spiritualità sacerdotale e la modernità del pensiero pastorale.   
   Ulteriori apporti conoscitivi della figura di Mario Vergara provengono dal suo maestro di seminario e confratello missionario Pasquale Ziello, dal suo superiore di Ducenta padre Paolo Manna, beatificato nel 2001, e da padre Igino Mattarucco suo successore nella missione che lo vide martire. In particolare da padre Pietro Galastri, suo giovane confratello collaboratore, provengono le testimonianze più vivide e ‘in diretta’ circa il pensiero pastorale e lo stile del lavoro missionario di padre Mario Vergara svolto nel periodo culminante della sua attività e della sua esistenza. Non meno importanti sono i contributi che provengono dalle tante altre e disparate fonti coeve e postume, consistenti nei ricordi occasionali, nelle memorie di contatti, di avvenimenti e situazioni di vita condivisi, delle tante persone, compresi i suoi familiari, che hanno rammemorato il loro incontro fisico e spirituale ed il loro legame con Mario Vergara e la sua opera.
   Sulla presentazione della figura di padre Mario Vergara si sono impegnati anche altri autori della storiografia locale (Gaetano Capasso per la storia diocesana, Angelo Perrotta per la memoria pastorale, Sosio Capasso per la storia comunale, Alfonso D’Errico per la comunicazione giornalistica), e sicuramente numerosissime sono anche le testimonianze destinate alla positio del Servo di Dio nel percorso verso la sua beatificazione. Particolarmente interessante si mostra la pista di ricerca, svolta anche nel mio libro (Pasquale Saviano, Padre Mario Vergara la missione più bella - Vita del Servo di Dio, Roma 2010), che si può sviluppare sulla raccolta degli scritti personali del missionario frattese: il dialogo diretto con il suo pensiero e con le sue parole permette la conoscenza immediata di momenti importanti della sua vita, consente la partecipazione sentita alla sua esperienza umana e religiosa, e favorisce la ricezione proficua del suo insegnamento.
   Gli scritti di padre Mario Vergara, finora recuperati dall’opera di padre Germani, dalla corrispondenza di mons. Perrotta, dagli Archivi del PIME, dall’opuscolo pubblicato dalla Chiesa di San Sossio di Frattamaggiore, e da qualche altra rara fonte, evidentemente non rappresentano l’intero corpus del missionario ma danno la possibilità, leggendoli e meditandoli, di percorrere un piccolo sentiero in sua compagnia, in ascolto del suo messaggio e nella condivisione spirituale della sua testimonianza del Vangelo.
   Scrivere della vita del missionario significa renderne comprensibile il quadro di riferimento vocazionale, il senso religioso dell’opera personale che trova significato teologico nell’opera della Chiesa, considerata nelle sue dimensioni universali e in quelle particolari della Chiesa locale. La riflessione sulla Chiesa missionaria, la Chiesa che padre Mario Vergara ha rappresentato nella lontana terra birmana e che ha dato senso religioso e teologico alla sua opera personale, porta a rilevare il suo fondamento sul Vangelo di Gesù Cristo. La missione della Chiesa, intesa come annuncio del Regno di Dio ed evangelizzazione delle genti, trova fondamento nella chiamata stessa del Signore.
   Gesù scelse i suoi discepoli e “chiamò a se quelli che egli volle […] Ne costituì dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare” (Mc 3, 13-15). Egli li mandò ad annunziare il Regno di Dio e a "guarire gli infermi” (Lc 9, 2). Insieme con i dodici Apostoli (= inviati) Gesù “designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a se in ogni città e luogo dove stava per recarsi". Diceva loro “la messe è molta, ma gli operai sono pochi” (Lc 10, 2). Egli li inviava nello sterminato campo dell’evangelizzazione perché curassero i malati ed annunziassero a tutti: “E’ vicino a voi il Regno dei Cieli” (Lc 10, 9). Quei primi missionari del Vangelo tornarono da Gesù “pieni di gioia” (Lc 10, 17) felici di vedere sottomesse le forze del male nel nome del Signore. Gesù aveva dato loro la possibilità di partecipare direttamente alla costruzione del Regno dei Cieli e di viverne il divino mistero. Ai discepoli inviati, e alle genti che ascoltavano l’annuncio del Vangelo, Gesù aveva, infatti, detto: “Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano grazie al vostro Padre che è nei Cieli” (Mt 5, 16).
   Fin dall’inizio, così, la comunità dei discepoli di Gesù ha avuto una caratterizzazione missionaria, e attraverso la missione i discepoli vengono introdotti nel mistero di Dio e resi capaci di partecipare con Gesù alla trasformazione e alla salvezza del mondo. Il Vangelo viene compreso con pienezza nella luce della Risurrezione del Maestro: “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi” (Gv 20, 21). Il mandato missionario diviene l’esplicita manifestazione della volontà del Risorto e l’impegno più coerente della Comunità dei credenti per partecipare alla realizzazione del progetto di Dio e della redenzione dell’uomo: “Andate […] e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 19-20). In quello “Andate” detto nel Vangelo di Matteo, e in quel “partirono e predicarono dappertutto” narrato nel Vangelo di Marco, come afferma uno storico della Chiesa, si ritrova il primo anello della catena delle Missioni ed il fondamento dell’edificio missionario della Chiesa.
   La peregrinatio della Chiesa per le strade del mondo e per l’annuncio del vangelo di Gesù Cristo è stata nei secoli ininterrotta. All’opera personale dell’apostolo si è sempre accompagnata il sorgere di comunità che hanno continuato il cammino della fede. La storia che giunge fino al secolo scorso ha disposto vie tutte ‘occidentali’ per la propagazione del messaggio missionario; in una modalità forse assimilabile alla disposizione delle ‘vie’ romane dell’impero antico che risultò utile alla diffusione del primo messaggio degli Apostoli. Il messaggio missionario dell’epoca contemporanea, per raggiungere i luoghi della missione in ogni parte del mondo, ha viaggiato soprattutto con i mezzi delle nazioni europee. In queste nazioni si sono sviluppate molteplici iniziative ed istituzioni con lo scopo della missione, che ha assunto anche aspetti confessionali.
   Le Missioni Cattoliche in particolare hanno conosciuto una grande fioritura di Congregazioni, di Istituti, di santi per le missioni (Paolina Jaricot, Teresa di Lisieux…) e di santi missionari (Daniele Comboni, Paul Denn…). La Spagna, l’Inghilterra, il Portogallo, la Francia, l’Italia, il Belgio, hanno avuto rispetto ai territori nuovi predominanti interessi coloniali. Ciò ha consentito ai missionari di raggiungere quasi ogni luogo della terra: espressione questa di una grande capacità operativa delle loro organizzazioni e dei loro istituti. Ma ciò li ha fatto anche vivere a contatto con la povertà del mondo, con l’immane sofferenza di villaggi e di popoli interi, in un’epoca di sconvolgimenti politici e bellici, nella condivisione e nell’emancipazione rischiosa ed eroica che spesso li ha portato ad un martirio che è segno non solo religioso dell’evangelizzazione e della redenzione dei popoli: espressione questa di una grande fede nel Vangelo, come quella del nostro padre Mario Vergara.
   La riflessione sull’humus storico religioso locale, legato alla scelta e alla testimonianza esemplare di Mario Vergara, porta a dare rilievo ad alcuni dati. In primo luogo si evidenzia la presenza antica del PIME nella diocesi di Aversa con la sua spirituale ed operosa risposta alla sentita istanza missionaria della Chiesa locale. All’Istituto missionario è legata la memoria incancellabile dei numerosi padri, nativi dei numerosi paesi della diocesi, che a partire dall’esperienza formativa del seminario vescovile hanno scelto di procedere sul cammino delle missioni estere. Queste scelte hanno avuto un misterioso legame con il convincimento, con il coraggio e con il persistente rischio del martirio, con l’eroismo del lavoro apostolico svolto secondo il mandato più radicale e l’aspettativa più chiara del Vangelo.




Bibliografia e recensione:

mercoledì 19 ottobre 2011

Convegno Pastorale Diocesano di Aversa

Si è tenuto nella serata di sabato 24 settembre 2011 nella Basilica di San Lorenzo fuori le mura, antica e gloriosa abbazia benedettina risalente al X secolo.  
Secondo le indicazioni del Vescovo Angelo Spinillo il Convegno ha voluto iniziare un percorso triennale di educazione alla fede, alla speranza e alla carità, ispirato al documento dei Vescovi italiani “Educare alla vita buona del Vangelo”.  Di seguito riferiamo le sue parole.
Il tema del convegno e, quindi, del nuovo anno pastorale ci mette in sintonia con quanto la Chiesa italiana sta vivendo e proponendo: un rinnovato impegno, una più viva attenzione all’educazione, soprattutto il desiderio di educare, di trasmettere con entusiasmo quanto è ricchezza della nostra vita cristiana.
Educare, infatti, non è l’insegnare dottrine rigidamente statiche, con la pretesa di omologare la vita delle persone in unico schema mentale. Potremmo riconoscere questo atteggiamento e questa logica nei Farisei di cui ci parla il Vangelo. Gesù il Maestro ci ha insegnato che educare è, piuttosto, il desiderio e la speranza di camminare insieme. Infatti, Gesù chiama i suoi discepoli, chiama coloro che incontra sulla via, e a tutti, e, soprattutto, a chi gli chiede una via per la vita non dà semplicemente delle indicazioni, ma sempre dice: “seguimi”. Gesù non si limita a dare astratte regole di vita lasciando poi che ciascuno faccia un suo cammino, ma vuole che tutti possano essere partecipi del suo vivere. Egli non manda via la folla perché vadano “e si comprino qualcosa da mangiare” (Mc 6,36), Egli è il Maestro che lava i piedi dei suoi discepoli e “ci educa con la sua stessa vita” (EVBV 16), Egli spezza il pane ed offre a tutti il suo corpo, tutto se stesso. La comunità cristiana, allora, educa quando illumina la realtà quotidiana con la disponibilità a seguire il Signore, a vivere con Lui e per Lui; quando educa se stessa alla fede nel Dio che la chiama alla pienezza della vita.
Ancora nel documento “Educare alla vita buona del Vangelo”, i Vescovi italiani ci hanno ricordato che “Dio ha educato il suo popolo trasformando l’avvicendarsi delle stagioni dell’uomo in una storia di salvezza”, ovvero nel vivere le vicende di ogni giorno seguendo Lui, educandoci a liberarci dal condizionamento del bisogno e del piccolo interesse, partecipando della sua carità in ogni nostra cosa. Vogliamo educarci a vivere alla presenza del Signore, sentendo che in ogni situazione della storia Dio chiama il suo popolo ad alzare lo sguardo verso la terra promessa, a camminare seguendo Lui che è la vita. In questa prospettiva, ci è sembrato utile proporre per la nostra comunità diocesana un cammino triennale di educazione alla fede, alla speranza, alla carità, ovvero un percorso
• di educazione all ascolto della presenza di Dio, da cui si genera la fede,
• di educazione alla celebrazione della presenza di Dio, in cui si fonda e vive la speranza,
• di educazione alla comunione di amore di Dio, in cui si sviluppa la carità.

L'educazione alla fede, obiettivo del primo anno del cammino pastorale, si avvale dell'icona dei discepoli che nel giorno della Pasqua incontrano il Risorto sulla stada di Emmaus e sulla loro narrazione: Gesù “lungo la via, ci parlava” (Lc 24, 32).
Come  simbolo esplicativo è stato presentata da don Francesco Picone l'opera d'arte La Cena di Emmaus del Caravaggio.
  
E' toccato all'ospite Relatore, Mons. Antonio Staglianò vescovo di Noto, lo sviluppo teologico ed esortativo del tema del Convegno così delineato dal vescovo Spinillo:
Perché la nostra fede possa crescere ed essere solida, dobbiamo educarci all’ascolto di Dio, della sua parola, della sua presenza nella storia del mondo, nella nostra storia personale.
Le parole ed i concetti del vescovo Staglianò sono stati brillantemente ed efficacemente espressi, talvolta poeticamente, per un'ora intera; hanno rimarcato una teologia profonda ed una antropologia chiara dell'ascolto della Parola che Dio creatore rivolge all'Uomo sua creatura, per la sua salvezza e nella sua storia personale ed ecclesiale. Tutti i convenuti hanno avvertito l'importanza ed il senso di un insegnamento capace di coinvolgere, suscitare interesse ed impegno per la fede.

Tra i video della Diocesi di Aversa si ritrova anche quello della Relazione di Mons. Staglianò.

giovedì 22 settembre 2011

La Golden Charter di International League of Humanists a Mons. Alessandro D'Errico

Una bella notizia da condividere con letizia significato e riflessione etica. Anche con gratitudine per la luce evangelica di cui s'illumina un lavoro apostolico per la pace e la concordia tra i popoli. Ulteriormente bella, se possibile, perchè riguarda un vescovo amico.      
Dalla cronaca locale in rete (vecernij.ba) si apprende che il 14 settembre del 2011 nella Sala dei Congressi del KSC di "Sv. Josip" a Sarajevo, alla presenza del Cardinale Vinko Puljic, si è tenuto la cerimonia della consegna della Carta d'Oro di Amore e di Pace della Lega Internazionale di Umanisti a Mons. Arcivescovo Alessandro D'Errico, Nunzio Apostolico in Bosnia-Erzegovina e Montenegro.
La cerimonia è iniziata con l' 'Inno alla gioia', proprio della ILH, seguito da un silenzio memore dei membri defunti della Lega e delle vittime della violenza nel mondo. Si è documentato poi la storia e le iniziative della Lega in campo internazionale, alternando la visione di cortometraggi con brani musicali. 
Spiegando la decisione di concedere il prestigioso premio a Mons. D'Errico, il Segretario Generale della ILH, Zdravko Šurlan, ha detto che la Carta va nelle mani di un uomo che è andato diffondendo la pace nel mondo e che in Bosnia-Erzegovina, animato da alte convinzioni etiche e da fede grande, guardando al futuro, ha sempre sostenuto l'uguaglianza delle persone e dei popoli.
Dello stesso tenore sono stati gli indirizzi degli interventi che si sono susseguiti per la celebrazione del riconoscimento.
Il Cardinale Puljic, che ha avuto l'onore della consegna manuale della Golden Charter, ha tratteggiato l'opera svolta dal Nunzio Apostolico tra i politici e le comunità religiose, improntata alla cordialità, al dialogo e alla pazienza. Un calore umano che il Cardinale ha riferito ai legami familiari del Nunzio e al clima di fede e di accoglienza da lui personalmente conosciuti e sperimentati durante una visita a Frattamaggiore, città d'origine di Mons. D'Errico.   
L' “alta distinzione” è stata poi accolta da Mons. D'Errico che, oltre i meriti personali, ne ha recepito soprattutto il significato di riconoscimento alla “missione che la Nunziatura Apostolica cerca di svolgere a favore della Santa Sede”. 
In precedenza erano già state insignite dello stesso riconoscimento grandi personalità ecclesiastiche come lo stesso Cardinale Puljic ed il Papa Giovanni Paolo II ora beato.
I significati generali dell'evento ed alcuni riporti della stampa si possono leggere nei comunicati ufficiali e nello stesso intervento tenuto dal Nunzio Apostolico.   

martedì 7 giugno 2011

Altri racconti di Rocco Pellecchia - I rumori della notte e i silenzi degli uomini

E' la seconda volta che Rocco si cimenta con la scrittura di un libro. Per il primo, Come in un film, ebbi occasione di parlarne come di uno strumento narrativo a cui Rocco affidava le sue riflessioni e la sua filosofia della vita per stabilire un dialogo ed una comunicazione sui valori essenziali con tutti quelli che lo avrebbero letto. I valori erano la fede, la religiosità, l'amicizia, l'amore, la sincerità, la reciproca accoglienza, l'umile comprensione, l'autocritica e la speranza...
Per questo secondo libro, I rumori della notte e il silenzio degli uomini, il dialogo e la comunicazione sembrano lasciare il posto all'introspezione, all'esigenza di verificare personalmente l'impatto con la narrazione; quasi che a Rocco interessi più il comprendere che il dire le cose che ha scritto nel libro, rivestendo egli stesso in qualche suo racconto, non a caso, i panni del lettore.
Lo scorrere semplice e sorprendente delle storie narrate si intreccia con le reazioni personali del narratore; in ciò consiste il fondamento dialogale del libro, che lascia al lettore la possibilità di partecipare, comprendere, condividere, ma anche di criticare, osservare, incuriosirsi.
Come lettore del libro, che ho agevolmente letto in una mezza giornata, ho trovato interessanti gli stimoli alla riflessione, la ricerca della verità, gli interrogativi etici ed esistenziali proposti. Sono questi, in fondo, gli obiettivi comunicativi del libro, gli strumenti a cui Rocco affida il suo messaggio ai lettori.
Ma anche una certa tensione metodologica mi ha impressionato: quella del rapporto particolare che Rocco ha stabilito con il libro, inteso come concetto universale, rispetto al quale ha voluto produrre la sua particolare opera letteraria.
Il lbro come strumento e come messaggio: in questa chiave emergono le domande, i valori, i risvolti, il lavorio e i contenuti della comunicazione di Rocco come autore.

Titolo: Cosa produce rumore nel silenzio della notte? Cosa nasconde il silenzio degli uomini?
E' una ricerca di parole o di comportamenti?
E' la tensione faticosa, ma irrinunciabile, di manifestare agli altri la propria essenza?
E' l'esigenza di spersonalizzarsi per dire cose molto personali?

1- Ti chiamerò ... Salvatore (Dialogo immaginario)
Qui il libro per Rocco è quello di un altro. E' l'invenzione per parlare dell'ambiguità di una persona autorevole, di un padre disonesto ingiustificabile ed indifendibile.
Il messaggio: "Le persone vogliono esempi puliti e chiedono coerenza e trasparenza".

2- Il rimorso e l'inganno (La voce di Dio)
Qui Rocco viene attratto dal genere della sceneggiatura, racconta la trama di una fiction televisiva su soldi e sentimenti. Il libro per lui è poggiato sul comodino, o è aperto su una pagina casuale e serve a stimolare e a ricercare una propria identificazione: l'occasione per esprimere le sue osservazioni etiche che rimangono inedite, considerate nella sua incomunicata intimità e nella fede personale.
Il messaggio: "A colloquio con la propria coscienza si scopre la voce di Dio".

3- I silenzi delle parole
Qui le storie di vita che Rocco finalmente può narrare, con parole che descrivono con profondità e chiarezza situazioni realistiche, stati d'animo e relazioni umane, si offrono come la materia adatta per un libro da scrivere. Sono sempre gli ambiti esistenziali del lavoro, della casa, del matrimonio, dell'amicizia, congeniali al discorso di Rocco; ma sono trattati nella discrezione e nella considerazione di avvenimenti che trascendono le dimensioni personali e possono riguardare il pubblico più vasto.
Il messaggio: "Dopo tante costrizioni, sicuramente posso decidere di uscire dalla prigione dei luoghi comuni".

4- Il silenzio della ragione
Qui Rocco può ritornare con serenità alle pagine di un suo libro già scritto; riscoprire la ricchezza, la bellezza e la sacralità di una esperienza comunitaria umile e stupefacente. Le parole di un libro possono essere lette, ascoltate, rimuginate, ed è possibile ritrovarvi significati nuovi ed inaspettati che rimandano al riconoscimento della propria storia di vita e alla comprensione della storia altrui, in una visione di fede e di sincerità.
Il messaggio: "L'umile ascolto coincide con il risveglio della coscienza"

5- I rumori della notte e i silenzi degli uomini
Qui si compie il percorso letterario del libro di Rocco. Sembra quasi avverarsi la frase che don Pasqualino Costanzo, prete e scrittore indimenticato, utilizzava per parlare di un suo libro compiuto che veniva 'finalmente licenziato per la stampa'.
Gli interrogativi del titolo hanno trovato una spiegazione, il libro di un altro è servito a riguardare storie di vita e a rivedere esperienze ed idee personali. Un libro già scritto è servito da verifica per uno nuovo che si è andato scrivendo e che può essere offerto, finalmente, come espressione di quelle dimensioni interiori personali e di quei legami che si rifiutano di mostrarsi falsi.

Il libro si avvale della presentazione di Nando Tavasso, di M. Rosaria Rispo, e di Salvatore Capasso.

sabato 16 aprile 2011

Giovanni Paolo II La Biografia - La presentazione nel Duomo di Napoli del libro di Andrea Riccardi

Ho incrociato lo sguardo del papa beato un mattino di primavera di qualche anno fa, quando ancora s'immergeva tra i fedeli di Piazza San Pietro ritto in piedi afferrato alla sbarra della papa-mobile scoperta. Un lento transito dal Braccio di Carlo Magno che lo ha portato con il volto a me vicino e al sorridente saluto personale. Ci siamo riconosciuti; nella piazza inondata dalle note che accompagnavano la sua preghiera del Salmo 27; forte la memoria della preghiera comune nelle albe romane dell'anno che vide la caduta del 'muro', e dei giorni giovanili di un Maggio miracoloso.

E' stato per me sempre buono e giusto partecipare ad incontri ispirati al suo magistero e alla sua preghiera. Perciò ho accolto l'invito della collega Anna M. Anastasia di partecipare alla presentazione del libro di Andrea Riccardi sulla biografia di Giovanni Paolo II che si è tenuta nella Basilica di Santa Restituta nella Cattedrale di Napoli la sera del 31 Marzo 2011.

Con l'Autore, docente di Storia Contemporanea e fondatore della Comunità di Sant'Egidio, sono intervenuti il moderatore Angelo Scelzo sottosegretario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, Giuseppe Galasso storico insigne, Massimo Franco del Corriere della Sera, ed il Cardinale Crescenzio Sepe arcivescovo di Napoli.

La presentazione napoletana della biografia ha così assunto i tratti culturali di una comunicazione storiografica, giornalistica e religiosa.

Galasso l'ha considerata un'opera imponente con valore di fonte importante per la Storia della Chiesa e per la Storia in generale, ed ha sviluppato alcune questioni poste dalla lettura del testo di Riccardi. In particolare egli ha discusso la natura del 'governo' di papa Wojtyla, i suoi aspetti carismatici e i rapporti con il governo curiale; ha evidenziato nell'opera del papa il compimento del Vaticano II, l'annullamento delle strumentalizzazioni interne ed esterne della Chiesa, la realizzazione di un cattolicesimo di popolo e la pratica di un devozionalismo innovativo. Non ha fatto mancare, frattanto, impressioni interpretative circa un pensiero filosofico del papa riferibile alla fenomenologia e allo storicismo, e circa il confronto con l'opera dei cardinali Casaroli e Ratzinger.

Franco ha considerato il libro del Riccardi, pubblicato alle soglie della beatificazione di Giovanni Paolo II, come un saggio sull'umanità e non sulla santità del papa. Come giornalista politico egli ha considerato le "radici polacche" e la prospettiva di Wojtyla rispetto all'Italia ricca di approcci religiosi-sociali e non propriamente politici. Ha accennato ad Andreotti come "cardinale esterno" ed ha riferito dell'opera comunicativa e di dialogo del papa con le altre cofessioni e religioni: i rapporti con il protestantesimo e l'ecumenismo, il rapporto con l'ebraismo, l'incontro per la pace ad Assisi.

Il Cardinale Sepe ha parlato di "top della storiografia e dell'analisi socio-politica" per la presenza di relatori "eccelsi" alla presentazione del libro, e per la chiarezza e la profondità dell'Autore: quanto di meglio si poteva sperare per la conoscenza ed il rilievo della figura di Giovanni Paolo II.

Significativamente inserita tra le iniziative del 'Giubileo per Napoli' da lui istituito, la presentazione del libro ha dato occasione al cardinale di fare memoria di un papa che ha avuto un'importanza straordinaria per la sua vita di uomo, di sacerdote e di vescovo. Egli ha narrato del papa molti episodi belli e sconosciuti ed ha tracciato alcuni tratti fondamentali della personalità.

L'elezione del papa polacco fu una "novitas attesa": all'Ufficio delle comunicazioni vaticane per l'incipente elezione furono predisposte 20 biografie di cardinali papabili e tra queste c'era anche quella di Karol Wojtyla. Un papa dalla personalità forte, un uomo libero e rispettoso, un uomo dell'ascolto, filosofo e teologo, poeta e pastoralista, politico e mistico, carismatico e profetico. Uomo di fede e di preghiera, sempre immerso in Dio come in una fonte, che pregava fin dall'alba per tutte le richieste di preghiera. Al grande Giubileo, guardando le folle immense, dialogando con il vescovo Sepe il papa ringraziava Dio per la Chiesa che riprendeva a pregare: ci vedeva il dito di Dio, il vescovo Sepe, tutta la mano ci vedeva il papa.

"Dio ha voluto scrivere una nuova storia e una nuova geografia attraverso la vita di papa Wojtyla": è stata la conclusione del Cardinale Sepe.


La scheda del libro della San Paolo Edizioni:

lunedì 14 febbraio 2011

ANTIFONE D'AUTORE PER I RACCONTI DI 'COME IN UN FILM'

Credo che le piccole frasi e le citazioni messe da Rocco Pellecchia, autore di queste pagine, a mo' di antifone all'inizio dei vari racconti da lui "raccolti", siano la loro migliore presentazione. Esse sono segnali lanciati dall'altro capo della lettura, dall'autore che si è servito delle parole scritte per leggere dentro le narrazioni alcune importanti manifestazioni del suo e dell'animo umano. Esse contengono una filosofìa intelligente (intus legere = leggere dentro le cose) della vita, una riflessione personale che egli vuole comunicare agli altri e vuole che questa venga compresa e letta nella luce più giusta ed impegnativa.

La sua filosofìa, le chiavi di lettura da lui offerte sono interessantissime per farsi coinvolgere in un dialogo che può rappresentare il luogo dell'ascolto delle sue ragioni e lo stimolo per belle riflessioni personali dei lettori: un dialogo che è in fondo il senso ultimo di ogni libro scritto ed il desiderio più o meno inespresso di ogni autore. Ecco alcuni aspetti della sua filosofìa: l'uomo ha delle idee da raccontare, ciò appartiene alla sua natura più profonda, perché la vita spinge a sviluppare fin da bambino le sue funzioni affabulative intorno ai sentimenti e alle esperienze vissute.

Anche Rocco ha delle idee da raccontare, soprattutto quelle che si sono sviluppate e formate per rappresentare l'universo simbolico dei valori da condividere nella sincerità con il suo prossimo. Sono i valori della vita concreta, semplice ed eccezionale ad un tempo, della routine esistenziale e della novità di impegni, un tempo imprevisti, come, ad esempio, quello dell’intensa partecipazione alla vita parrocchiale. E' l'Altro in assoluto, che viene riverberato anche nella frequentazione biblica, a rappresentare lo sfondo integrativo dei suoi sentimenti, delle sue comunicazioni, della personale ricerca dell'autenticità e della sincerità corrisposta.

In questo riferimento fondale delle istanze della personalità di Rocco, espresse nei racconti e nei versi poetici in essi frammisti, si intravede la motivazione dei valori da lui testimoniati e proposti al dialogo, alla riflessione e all'esperienza dei lettori: la fede, la religiosità, l'amicizia, l'amore, la sincerità, la reciproca accoglienza, l'umile compren­sione, l'autocritica e la speranza....

L' e-book in formato PDF si può scaricare dal sito della Parrocchia San Rocco di Frattamaggiore:

http://www.parrocchiasanrocco.info