domenica 27 agosto 2017

Il Vescovo di Montepeloso

Michele Arcangelo Lupoli
VIAGGIO IN BASILICATA

Dopo la sofferta partenza di Mons. Michele Arcangelo Lupoli, la notte del 23 maggio 1815, la sede di Montepeloso antico paese della Basilicata posto in alto tra Potenza e Matera, rimase privata del suo Vescovo fino al 25 maggio 1818. E’ questa la data sia della nomina di Michele Arcangelo Lupoli a vescovo di Conza e Campagna, e sia della unione della sede di Montepeloso con quella di Gravina di Puglia.
La storia che lega il vescovo Lupoli, originario di Frattamaggiore, con la sede di Montepeloso, che oggi porta il nome di Irsina ed è ecclesiasticamente unita in Diocesi con Matera, è una storia interessante e meritevole di approfondimenti narrativi e storiografici.
Nel caldo pomeriggio del 17 luglio scorso, di ritorno con la mia signora da un viaggio-vacanza tra Puglia e Basilicata, percorrendo la strada tra gli ondulati declivi che portano alla “Città dei sassi”, la nostra auto è stata invitata da una pattuglia ad accostarsi strettamente sulla destra per permettere la discesa veloce di una colonna di auto che scortavano il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Egli era di ritorno dalle celebrazioni in Matera per l’istituzione della “Cattedra Maritain” promossa dalla Università della Basilicata e dall’Istituto Internazionale Jacques Maritain di Roma.




Matera di sera
Durante la serata trascorsa in Matera ho potuto recepire l'importanza dell'evento, che dai media locali e nelle conversazioni popolari veniva collegato con la “Matera capitale della cultura europea 2019”. Un argomento significativo incrociato con i temi della civiltà, della filosofia cristiana, dell'umanesimo integrale, del dialogo personalistico ed interculturale, della innovazione e della riscoperta delle antiche radici storiche. La “Matera capitale della cultura” per i politici richiama il ruolo della Basilicata nel quadro geo-politico del Mediterraneo e la esemplarità del superamento dell'arretratezza connesso con la valorizzazione del patrimonio delle tradizioni.
Dopo quello della visita turistica di Matera ho voluto dedicare un giorno anche alla visita di alcuni luoghi storici della Basilicata legati alla storia locale frattese. L'intento è stato quello di dare consistenza all'impressione, che ho tratto dalla ricerca sulla storia locale del mio paese, circa l'importanza che la figura e l'opera del vescovo Michele Arcangelo Lupoli assumono anche per la storia civile ed ecclesiastica della Basilicata. A questo proposito è stata stimolante la lettura della pubblicazione Viaggiatori in Basilicata, patrocinata e divulgata sul portale istituzionale della Regione Basilicata, la quale dedica pagine interessanti alla descrizione del viaggio a Venosa realizzato alla fine del 700 da Michele Arcangelo Lupoli.

Irsina (antica Montepeloso)
Ho così viaggiato, partendo da Matera, per le strade erte ed assolate della Basilicata più interna e silenziosa; verso l'alto colle sovrastato dalla poderosa mole della cattedrale altomedievale di Irsina, l'antica Montepeloso sede episcopale del vescovo Lupoli; e viaggiando su un arduo e groviglioso percorso di strade antiche e moderne, di tracciati romani e nastri superstradali, verso la normanna ”Incompiuta” Abbazia della SS.Trinità di Venosa. Quest'ultima è la città-meta dello “Iter Venusinus” realizzato nel 1790 dal giovane e brillante Lupoli, novello sacerdote e non ancora vescovo ma già noto studioso accademico, teologo e valente archeologo.
Una buona biografia di Michele Arcangelo Lupoli (1765 – 1834), curata da Francesco Montanaro e Franco Palladino, si può leggere nel Dizionario Biografico degli Italiani della Treccani. La figura del vescovo Lupoli è considerata dalla nascita in Frattamaggiore, attraverso le tappe del suo curriculum vitae fino alla conclusione della sua vita come arcivescovo di Salerno. Altri approfondimenti sulla figura del vescovo Lupoli si possono operare con la lettura dei suoi scritti e di numerose pubblicazioni di Storia Locale, in particolare quelle dell'Istituto di Studi Atellani e della Rassegna Storica dei Comuni.

LA CATTEDRALE DI IRSINA
Cattedrale di Irsina: facciata, porta e statua di santa Eufemia
La visita alla cattedrale di Irsina e all'area archeologica di Venosa è stata l'occasione per raccogliere immagini e memorie inaspettate riguardanti il vescovo. Importante è stata la disponibilità del custode, il signor Vito Grazio Petrillo che ci ha aperto la porta della silente cattedrale e ci ha guidato, con narrazioni semplici ed artisticamente appropriate, tra le navate, le cappelle e l'ipogeo della chiesa; evidenziando i segni e le lapidi in essa presenti che riguardano l'episcopato del Lupoli. Particolare rilievo egli ha voluto dare alla descrizione dei pregi artistici della quattrocentesca statua della patrona Santa Eufemia martire, realizzata dal Mantegna ed esposta per qualche tempo anche al Louvre.
Per questa Santa, della quale jl vescovo tessè le lodi e scrisse i tratti agiografici conosciuti anche a Rovigno in Croazia ove si venera il corpo della martire, si registra una diffusa devozione che, proprio grazie al vescovo Lupoli, è estesa dalla fine del '700 anche nella diocesi di Aversa, a Carinaro, a Frattamaggiore e nella vicina Carditello.
La visita alla “Incompiuta” di Venosa è stata una esperienza che ha riguardato ulteriormente il vescovo di Montepeloso; giovane studioso di lettere classiche e della storia antica egli aveva indirizzato il suo “Iter” soprattutto alla descrizione della Venosa del periodo romano; non di meno la visita ha offerto l'occasione per leggere direttamente alcuni brani dal testo latino originale del vescovo, alla scoperta di dati documentali della sua storia personale e della origine correttamente datata delle sue memorie lucane.
Ho poi approfondito la ricerca con la lettura di qualche testo antico della storia locale di Montepeloso, ed ho potuto delineare alcuni tratti utili all'ampliamento del quadro storiografico riguardante il vescovo Lupoli.


Cattedrale di Irsina: lapide della consacrazione del 1802
Irsina ricorda Michele Arcangelo Lupoli come l'ultimo vescovo della sede antica di Montepeloso. Lo celebra come il giovane vescovo (aveva 32 anni quanto nel 1793 raggiunse la sua sede) che subito operò per il rinnovamento dello spirito religioso e devozionale del paese. Guidò infatti il suo popolo additandogli, con il dialogo personale delle Sante Visite con omelie e lettere pastorali, gli insegnamenti di una solida dottrina ecclesiale; legò clero e popolo alle manifestazioni di una spiritualità incentrata sul santorale, sulla devozione mariana e della santa patrona Eufemia, devozione che ancora oggi si avvale dell'orazionale e dell'agiografia del Vescovo. Riconsacrò nel 1802 la cattedrale che aveva avuto rifacimenti durante l'episcopato precedente; eresse un altare all'Arcangelo Michele nel 1815, curò il decoro liturgico della cattedrale e delle chiese diocesane che visitò con diligenza e consigli, lottò contro gli eccessi e i disordini sociali.



Cattedrale di Irsina: cappella di san Michele e Presbiterio

Dagli Opuscola: preghiera a santa Eufemia e testi delle lapidi in cattedrale

Illuminante per la conoscenza della spiritualità ispiratrice dell'azione pastorale del giovane vescovo in Montepeloso è la lettura della sua Lettera III Pastorale della orazione in comune scritta nel gennaio del 1799, dalla quale traspare la sollecitudine per la salvezza del popolo di Dio a lui affidato ed il chiaro riferimento alla teologia spirituale dei Padri e a quella redentorista di Sant'Alfonso Maria de Liguori, del quale fu anche documentato agiografo. Leggiamone l'introduzione:

                                                          ARCANGELO
PER LA GRAZIA DI DIO, E DELLA SEDE APOSTOLICA
VESCOVO DI MONTEPELOSO
ALLA STESSA S. SEDE IMMEDlATABfENTE SOGGETTO
'A Fedeli della sua Chiesa
Pace, e Benedizione nel Signore.

Caro mio Gregge, siccome la carità di Gesù Cristo ci stringe da tutti i lati per la vita, e salute vostra, cosi per suggellare la nostra pastoral sollecitudine nella Visita, non guari menata per la divina degnazione felicemente a capo, abbiamo ordinato nel Signore, che in tutt’i giorni, innanzi la levata del Sole, si faccia nella nostra Chiesa Cattedrale, per un de’ Diaconi da noi deputali, la Santa Orazione in comunione de’ fedeli. Imperciocché egli è un mezzo questo principalissimo, e lo più essenziale per ottenere dalla divina misericordia i doni, e le grazie di nostra salvezza; e niuno crediamo, che alla salute pervenga, se non pel mezzo della vocazione divina; niuno chiamato che sia, crediamo poter operare la propria salute, se non pel mezzo dell'ajuto del Signore; niuno crediamo meritar l’ajuto del Signore, se non pel mezzo della orazione: “Nullum credimus ad salutem, nisi Deo invitante, venire; nullum invitatum salutem suam, nisi Deo auxiliante, operari; nullum, nisi orantem, auxilium promereri” (S. Aug. Lib. de Eccl. Dogm, C, XVI).
Dal che voi ben vedete, che tanto importa il pregar Dio, quanto importa il salvarsi; tanto indispensabilmente è necessaria l'orazione, quanto è indispensabilmente necessaria la grazia. Noi colle proprie forze non siam capaci, dice l’Apostolo, d'aver tampoco un buon pensiero, e solo la grazia di Dio è, che ce ne rende capaci. “Non sumus sufficientes cogitare aliquid a nobis, quasi ex nobis; sed sufficientia nostra ex Deo est” (Ep. II ad Cor. III. v. 5).
Imperciocché per lo peccato fummo spogliati di tutto, la nostra povertà è divenuta estrema, tutto mancaci e nulla in noi è rimasto di buono, nulla siamo, nulla possiamo, e a nulla abbiam dritto. Miseri, ed infelici noi! se colui, che ha dato la vita per noi, Cristo Gesù Signor nostro, fonte della grazia, anzi la grazia stessa sostanziale, essenziale, e divina, che tutto può, tutto dà, tutto riempie, non abbia con eterno giuramento impegnata sua divina parola, esser sempre pronto a soccorrere ai nostri bisogni, quante volte da lui ricorriamo, e da lui cerchiamo: “Dico vobis, omnia quaecumque orantes petitis, credite quia accipietis, et evenient vobis” (Marc. II. v. 24). Ecco la condizione, miei cari figliuoli, con cui ha il Signore disposto profondere le sue misericordie, e li suoi doni, di cui non meno è doviziosa la di lui volontà, che la di lui potenza per darle: “Dives in omnes qui invocant illum” (Ep. ad Rom. X. v. 12).

Montepeloso fu la delizia ed il tormento del Vescovo Lupoli. Vi giunge giovane esperto degli studi umanistici, accademico e scrittore di fama, ma sopratutto uomo di preghiera ed umile teologo di Santa Madre Chiesa, come dimostravano le sue Lezioni di Teologia Dogmatica pubblicate su invito del l'Arcivescovo di Napoli a partire dal 1793. Trovò sequela ed entusiasmo nella chiesa di Montepeloso; ma i fatti della Rivoluzione Napoletana del 1799 ebbero ripercussioni anche nel paese lucano e la libertà spirituale del Vescovo gli costò ostilità ed accuse che lo costrinsero a riparare a Napoli e a subire il carcere borbonico per oltre un anno dal marzo 1800 al maggio 1801, e in attesa nella sua casa frattese dell'intervento di re Ferdinando IV che nel gennaio del 1802 lo prosciolse completamente. Singolare esperienza quella vissuta da Michele Arcangelo Lupoli nel rapporto con alcune parti avverse che lo osteggiavano a Montepeloso: accusato nel 1799 da borbonici fu costretto a lasciare il paese; attaccato nell'episcopio durante i tumulti causati da antiborbonici nel maggio del 1815 fu ancora costretto a lasciare il paese e a starne lontano fino alla nomina a vescovo di Conza e Campagna del maggio 1818.

La lettura dei brani riguardanti il vescovo Lupoli nel libro di Michele Janora (Memorie storiche, critiche e diplomatiche della città di Montepeloso oggi Irsina, edito nel 1901) ci offre interessanti dati.
Il Vescovo è considerato nel dibattito storiografico sulla leggenda d'origine e sul significato del nome di Montepeloso che egli filologicamente propone come Monte Cretoso con riferimento al suo territorio.
All'inizio dell'800 il vescovo fece trasportare in cattedrale la colonna rossa della Santa Croce che si venerava in una antica chiesa diruta dedicata a San Michele e la fece utilizzare per il candelabro del cero pasquale in cornu Evangelii.
Leggiamo dal libro dello Janora un elogio del vescovo a pag. 464:

Finalmente, ai 21 di dicembre del 1797, fu eletto Vescovo di Montepeloso dal Papa Pio VI il grande Michele Arcangelo Lupoli, prete della parrocchia di Frattamaggiore. Il nome di questo vescovo e assai noto nel campo delle scienze e delle lettere. Egli diede alla luce moltissimi volumi di teologia, d'archeologia e di letteratura, nonché un'infinità di prediche ed omelie. Ai 4 di giugno del 1818, fu traslocato in qualità di Arcivescovo della Chiesa Metropolitana di Gonza, d'onde passò a reggere l'Arcivescovado di Salerno e morì poco dopo del 1830.
Il ritratto del Lupoli si osserva in una sala del nuovo episcopio; e questo insigne prelato fu l'ultimo della serie di 33 vescovi che, per ben 339 anni, sedettero sulla sola cattedra di Montepeloso.

A questo proposito risulta interessantissima la nota sul quadro del Lupoli posta a pag 659 che riporta il testo latino del lodato curriculum del vescovo:

Il vescovo Lupoli mori nel 1834 e non poco dopo il 1830. Egli fu fatto vescovo a soli 32 anni. Ecco integralmente l'iscrizione che trovasi sotto d'un suo ritratto ad olio, esistente nell'episcopio di Montepeloso :
Michael Archangelus Lupoli, natus Fractamajore die XXII Septmbris 1765, ingenio ac doctrina excellens, adhuc juvenis sedem Montspelusii, idus septembris anno 1797, conscendit, Dehinc temporum asperitate fortiter tolerata, Regiae Palatnae Erculanensis XV vir, ac Romanus Apostolicae Academiae Religionis a Pio VII adscitus, Scriptor vere cultissimus, omnigenaque eruditione clarus, ad Archiepiscopalum Compsanum XI Kal. Julias Anno 1818, evectus demum suae virtutis praemìuin, Salernitanae Ecclesiae solium, reportavit, mense septembris 1831, Diemque suum obiit, Neapoli die XX mensis Julii MDCCCXXXIV.

Di alcune lapidi ed opere del Lupoli nella cattedrale leggiamo ancora dallo Janora a pag. 595:

Il 26 Settembre 1802, il dottissimo Monsignor Michele Arcangelo Lupoli, ultimo Vescovo della sola diocesi di Montepeloso, consacrò con tutta solennità la nuova cattedrale, come ci viene attestato da una lapide, posta sulla porta maggiore dalla parte interna e recante la seguente iscrizione.

ARCHAGELUS LUPOLI
PELUSIAlNORUM POlNTIFEX
CATHEDRALEM RASILICAM
SOLEMNI RITU
CONSECRAVIT
DIE XXVI SEPTEMBRIS AN. M. DCCC. II
PRAESULATUS SUI ANNO IIII.

Lo stesso Vescovo Lupoli fe', a sue spese, munire d' altare e tela rappresentante S. Michele la cappella della cattedrale, che s'intitola di S. Michele Arcangelo, nella quale, in alto, si osserva lo stemma del Lupoli, il cui nome spicca sul detto quadro.

Aggiungo a questa carrellata dello Janora anche lo stemma in bassorilievo ligneo del vescovo Lupoli che ho avuto occasione di fotografare nel Presbiterio della Cattedrale e apposto alla balaustra dell'organo settecentesco.

Cattedrale di Irsina: stemma del vescovo Michele Arcangelo Lupoli

LA SS. TRINITA' DI VENOSA
Dalla visita all'Incompiuta Abbazia della SS. Trinità di Venosa, effettuata qualche ora dopo quella della Cattedrale di Irsina, non mi aspettavo di trovare segni specifici a riguardo di Michele Arcangelo Lupoli. Mi aveva però interessato la lettura delle pagine dedicate nel libro di Giuseppe Settembrino e Michele Strazza, Viaggiatori in Basilicata (1770 – 1788) edito nel 2004 dal Consiglio Regionale della Basilicata, e che mi ha spinto ad approfondire la ricerca sul testo latino dell'Iter Venusinus pubblicato nel 1793 da Michele Arcangelo Lupoli (Iter Venusinus Vetustis Monumentis Illustratum).

Venosa: Abbazia della SS. Trinità "Incompiuta"
Insieme con la data di partenza dell'Iter fissata nel giorno di San Francesco d'Assisi, il 4 Ottobre del 1790, ho potuto recepire alcuni cenni autobiografici del Lupoli. Nel 1788 alcune perdite di cari, dello zio presbitero Giuseppe Lupoli suo educatore e del caro genitore Lorenzo, lo avevano profondamente prostrato proprio l'anno prima della sua ordinazione sacerdotale; egli decise così di accettare l'invito del signore di Venosa e di motivare il suo viaggio fatto in compagnia di amici come una esperienza di studio storico e di ricerca archeologica in ricordo dei cari recentemente defunti e in onore dei valori a cui era stato da essi educato.
Iter Venusinus: motivazione e data della partenza
In questo senso egli svolse un lavoro eccezionale descrivendo, con la scorta delle fonti erudite delle cronache antiche e con l'osservazione personale, i luoghi, la storia i monumenti e le lapidi incontrati nel suo viaggio. Alla SS. Trinità di Venosa, e luogo della Antica cattedrale venusina, egli dedicò un decina di pagine, e ne raccontò il sorgere dal paleocristianesimo evidenziando e descrivendo i materiali di spoglio antichi che testimoniavano di presenze romane, ebraiche, paleocristiane, ed infine i documenti altomediovali e normanni che si riferivano alla storia di quell'abbazia che si erge ancora oggi, incompiuta e grandiosa, con navate colonne ed archi poderosi che si ergono a 'cielo scoperto' nella campagna che pullulla di reperti archeologici.


Iter Venusinus: pagine sulla SS. Trinità  "Incompiuta" di Venosa
A proposito di segni del Lupoli nella SS Trinità di Venosa si può leggere nei suoi Opuscola pubblicati nel 1823 il testo due lapidi commemorative da lui dettate ed infisse nell'area basilicale al tempo dell'Iter.
Opuscola: lapidi dettate per la SS. Trinità di Venosa

Concludo con la giustificazione di questa breve ricerca parafrasando il messaggio espresso in latino dallo stesso Vescovo Michele Arcangelo Lupoli nella nota storiografica da lui apposta nel 1807 agli ACTA INVENTIONIS SANCTORUM CORPORUM SOSII DIACONI AC MARTYRIS MISENATIS Et SEVERINI NORICORUM APOSTOLI redatti a narrazione del ritrovamento delle spoglie del Santo Patrono di Frattamaggiore. Di fronte alle oscurità della storia ancora inesplorata di un popolo egli si augura che sorgano studiosi capaci di dare voce alla “costante e perpetua tradizione e di essere curatori delle memorie patrie” perchè “non c'è niente infatti di più tenace per un popolo che cammina nella storia della eredità spirituale ricevuta dai padri”-