Michele Arcangelo Lupoli |
VIAGGIO IN BASILICATA
Dopo
la sofferta partenza di Mons. Michele Arcangelo Lupoli, la notte del
23 maggio 1815, la sede di Montepeloso antico paese della Basilicata
posto in alto tra Potenza e Matera, rimase privata del suo Vescovo
fino al 25 maggio 1818. E’ questa la data sia della nomina di
Michele Arcangelo Lupoli a vescovo di Conza e Campagna, e sia della
unione della sede di Montepeloso con quella di Gravina di Puglia.
La
storia che lega il vescovo Lupoli, originario di Frattamaggiore, con
la sede di Montepeloso, che oggi porta il nome di Irsina ed è
ecclesiasticamente unita in Diocesi con Matera, è una storia
interessante e meritevole di approfondimenti narrativi e
storiografici.
Nel
caldo pomeriggio del 17 luglio scorso, di ritorno con la mia signora
da un viaggio-vacanza tra Puglia e Basilicata, percorrendo la strada
tra gli ondulati declivi che portano alla “Città dei sassi”,
la nostra auto è stata invitata da una pattuglia ad accostarsi
strettamente sulla destra per permettere la discesa veloce di una
colonna di auto che scortavano il Presidente della Repubblica Sergio
Mattarella. Egli era di ritorno dalle celebrazioni in Matera per
l’istituzione della “Cattedra Maritain” promossa dalla
Università della Basilicata e dall’Istituto
Internazionale Jacques Maritain di Roma.
Matera di sera |
Dopo
quello della visita turistica di Matera ho voluto dedicare un giorno
anche alla visita di alcuni luoghi storici della Basilicata legati
alla storia locale frattese. L'intento è stato quello di dare
consistenza all'impressione, che ho tratto dalla ricerca sulla storia
locale del mio paese, circa l'importanza che la figura e l'opera del
vescovo Michele Arcangelo Lupoli assumono anche per la storia civile
ed ecclesiastica della Basilicata. A questo proposito è stata
stimolante la lettura della pubblicazione Viaggiatori in
Basilicata, patrocinata e divulgata sul portale istituzionale
della Regione Basilicata, la quale dedica pagine interessanti alla
descrizione del viaggio a Venosa realizzato alla fine del 700 da
Michele Arcangelo Lupoli.
Irsina (antica Montepeloso) |
Una
buona biografia di Michele Arcangelo Lupoli (1765 – 1834), curata
da Francesco Montanaro e Franco Palladino, si può leggere nel
Dizionario Biografico degli Italiani della Treccani. La figura
del vescovo Lupoli è considerata dalla nascita in Frattamaggiore,
attraverso le tappe del suo curriculum vitae fino alla
conclusione della sua vita come arcivescovo di Salerno. Altri
approfondimenti sulla figura del vescovo Lupoli si possono operare
con la lettura dei suoi scritti e di numerose pubblicazioni di Storia
Locale, in particolare quelle dell'Istituto di Studi Atellani
e della Rassegna Storica dei Comuni.
LA CATTEDRALE DI IRSINA
Cattedrale di Irsina: facciata, porta e statua di santa Eufemia |
Per
questa Santa, della quale jl vescovo tessè le lodi e scrisse i
tratti agiografici conosciuti anche a Rovigno in Croazia ove si
venera il corpo della martire, si registra una diffusa devozione che,
proprio grazie al vescovo Lupoli, è estesa dalla fine del '700 anche
nella diocesi di Aversa, a Carinaro, a Frattamaggiore e nella vicina
Carditello.
La
visita alla “Incompiuta” di Venosa è stata una esperienza
che ha riguardato ulteriormente il vescovo di Montepeloso; giovane
studioso di lettere classiche e della storia antica egli aveva
indirizzato il suo “Iter” soprattutto alla descrizione
della Venosa del periodo romano; non di meno la visita ha offerto
l'occasione per leggere direttamente alcuni brani dal testo latino
originale del vescovo, alla scoperta di dati documentali della sua
storia personale e della origine correttamente datata delle sue
memorie lucane.
Ho
poi approfondito la ricerca con la lettura di qualche testo antico
della storia locale di Montepeloso, ed ho potuto delineare alcuni
tratti utili all'ampliamento del quadro storiografico riguardante il
vescovo Lupoli.
Cattedrale di Irsina: lapide della consacrazione del 1802 |
Cattedrale di Irsina: cappella di san Michele e Presbiterio |
Dagli Opuscola: preghiera a santa Eufemia e testi delle lapidi in cattedrale |
Illuminante per la conoscenza della spiritualità ispiratrice dell'azione pastorale del giovane vescovo in Montepeloso è la lettura della sua Lettera III Pastorale della orazione in comune scritta nel gennaio del 1799, dalla quale traspare la sollecitudine per la salvezza del popolo di Dio a lui affidato ed il chiaro riferimento alla teologia spirituale dei Padri e a quella redentorista di Sant'Alfonso Maria de Liguori, del quale fu anche documentato agiografo. Leggiamone l'introduzione:
ARCANGELO
VESCOVO
DI MONTEPELOSO
ALLA
STESSA S. SEDE IMMEDlATABfENTE SOGGETTO
'A
Fedeli della sua Chiesa
Pace,
e Benedizione nel Signore.
Caro
mio Gregge, siccome la carità di Gesù Cristo ci stringe da tutti i
lati per la vita, e salute vostra, cosi per suggellare la nostra
pastoral sollecitudine nella Visita, non guari menata per la divina
degnazione felicemente a capo, abbiamo ordinato nel Signore, che in
tutt’i giorni, innanzi la levata del Sole, si faccia nella nostra
Chiesa Cattedrale, per un de’ Diaconi da noi deputali, la Santa
Orazione in comunione de’ fedeli. Imperciocché egli è un mezzo
questo principalissimo, e lo più essenziale per ottenere dalla
divina misericordia i doni, e le grazie di nostra salvezza; e niuno
crediamo, che alla salute pervenga, se non pel mezzo della vocazione
divina; niuno chiamato che sia, crediamo poter operare la propria
salute, se non pel mezzo dell'ajuto del Signore; niuno crediamo
meritar l’ajuto del Signore, se non pel mezzo della orazione:
“Nullum credimus ad salutem, nisi Deo invitante, venire; nullum
invitatum salutem suam,
nisi Deo auxiliante, operari; nullum, nisi orantem, auxilium
promereri” (S. Aug. Lib. de Eccl. Dogm, C, XVI).
Dal
che voi ben vedete, che tanto importa il pregar Dio, quanto importa
il salvarsi; tanto indispensabilmente è necessaria l'orazione,
quanto è indispensabilmente necessaria la grazia. Noi colle proprie
forze non siam capaci, dice l’Apostolo, d'aver tampoco un buon
pensiero, e solo la grazia di Dio è, che ce ne rende capaci. “Non
sumus sufficientes cogitare aliquid a nobis, quasi ex nobis; sed
sufficientia nostra ex Deo est” (Ep. II ad Cor. III. v. 5).
Imperciocché
per lo peccato fummo spogliati di tutto, la nostra povertà è
divenuta estrema, tutto mancaci e nulla in noi è rimasto di buono,
nulla siamo, nulla possiamo, e a nulla abbiam dritto. Miseri, ed
infelici noi! se colui, che ha dato la vita per noi, Cristo Gesù
Signor nostro, fonte della grazia, anzi la grazia stessa sostanziale,
essenziale, e divina, che tutto può, tutto dà, tutto riempie, non
abbia con eterno giuramento impegnata sua divina parola, esser sempre
pronto a soccorrere ai nostri bisogni, quante volte da lui
ricorriamo, e da lui cerchiamo: “Dico vobis, omnia quaecumque
orantes petitis, credite quia accipietis, et evenient vobis”
(Marc. II. v. 24). Ecco la condizione, miei cari figliuoli, con cui
ha il Signore disposto profondere le sue misericordie, e li suoi
doni, di cui non meno è doviziosa la di lui volontà, che la di lui potenza
per darle: “Dives in omnes qui invocant illum” (Ep. ad
Rom. X. v. 12).
Montepeloso fu la delizia ed il tormento del Vescovo Lupoli. Vi giunge giovane esperto degli studi umanistici, accademico e scrittore di fama, ma sopratutto uomo di preghiera ed umile teologo di Santa Madre Chiesa, come dimostravano le sue Lezioni di Teologia Dogmatica pubblicate su invito del l'Arcivescovo di Napoli a partire dal 1793. Trovò sequela ed entusiasmo nella chiesa di Montepeloso; ma i fatti della Rivoluzione Napoletana del 1799 ebbero ripercussioni anche nel paese lucano e la libertà spirituale del Vescovo gli costò ostilità ed accuse che lo costrinsero a riparare a Napoli e a subire il carcere borbonico per oltre un anno dal marzo 1800 al maggio 1801, e in attesa nella sua casa frattese dell'intervento di re Ferdinando IV che nel gennaio del 1802 lo prosciolse completamente. Singolare esperienza quella vissuta da Michele Arcangelo Lupoli nel rapporto con alcune parti avverse che lo osteggiavano a Montepeloso: accusato nel 1799 da borbonici fu costretto a lasciare il paese; attaccato nell'episcopio durante i tumulti causati da antiborbonici nel maggio del 1815 fu ancora costretto a lasciare il paese e a starne lontano fino alla nomina a vescovo di Conza e Campagna del maggio 1818.
La
lettura dei brani riguardanti il vescovo Lupoli nel libro di Michele
Janora (Memorie storiche, critiche e diplomatiche della città di
Montepeloso oggi Irsina, edito nel 1901) ci offre interessanti
dati.
Il
Vescovo è considerato nel dibattito storiografico sulla leggenda
d'origine e sul significato del nome di Montepeloso che egli
filologicamente propone come Monte Cretoso con riferimento al
suo territorio.
All'inizio
dell'800 il vescovo fece trasportare in cattedrale la colonna rossa
della Santa Croce che si venerava in una antica chiesa diruta
dedicata a San Michele e la fece utilizzare per il candelabro del
cero pasquale in cornu Evangelii.
Leggiamo
dal libro dello Janora un elogio del vescovo a pag. 464:
Finalmente,
ai 21 di dicembre del 1797, fu eletto Vescovo di Montepeloso dal Papa
Pio VI il grande Michele Arcangelo Lupoli, prete della parrocchia di
Frattamaggiore. Il nome di questo vescovo e assai noto nel campo
delle scienze e delle lettere. Egli diede alla luce moltissimi volumi
di teologia, d'archeologia e di letteratura, nonché un'infinità di
prediche ed omelie. Ai 4 di giugno del 1818, fu traslocato in qualità
di Arcivescovo della Chiesa Metropolitana di Gonza, d'onde passò a
reggere l'Arcivescovado di Salerno e morì poco dopo del 1830.
Il
ritratto del Lupoli si osserva in una sala del nuovo episcopio; e
questo insigne prelato fu l'ultimo della serie di 33 vescovi che, per
ben 339 anni, sedettero sulla sola cattedra di Montepeloso.
A
questo proposito risulta interessantissima la nota sul quadro del
Lupoli posta a pag 659 che riporta il testo latino del lodato
curriculum del vescovo:
Il
vescovo Lupoli mori nel 1834 e non poco dopo il 1830. Egli fu fatto
vescovo a soli 32 anni. Ecco integralmente l'iscrizione che trovasi
sotto d'un suo ritratto ad olio, esistente nell'episcopio di
Montepeloso :
Michael
Archangelus Lupoli, natus Fractamajore die XXII Septmbris 1765,
ingenio ac doctrina excellens, adhuc juvenis sedem Montspelusii, idus
septembris anno 1797, conscendit, Dehinc temporum asperitate fortiter
tolerata, Regiae Palatnae Erculanensis XV vir, ac Romanus Apostolicae
Academiae Religionis a Pio VII adscitus, Scriptor vere cultissimus,
omnigenaque eruditione clarus, ad Archiepiscopalum Compsanum XI Kal.
Julias Anno 1818, evectus demum suae virtutis praemìuin,
Salernitanae Ecclesiae solium, reportavit, mense septembris 1831,
Diemque suum obiit, Neapoli die XX mensis Julii MDCCCXXXIV.
Di
alcune lapidi ed opere del Lupoli nella cattedrale leggiamo ancora
dallo Janora a pag. 595:
Il
26 Settembre 1802, il dottissimo Monsignor Michele Arcangelo Lupoli,
ultimo Vescovo della sola diocesi di Montepeloso, consacrò con tutta
solennità la nuova cattedrale, come ci viene attestato da una
lapide, posta sulla porta maggiore dalla parte interna e recante la
seguente iscrizione.
ARCHAGELUS
LUPOLI
PELUSIAlNORUM
POlNTIFEX
CATHEDRALEM
RASILICAM
SOLEMNI
RITU
CONSECRAVIT
DIE
XXVI SEPTEMBRIS AN. M. DCCC. II
PRAESULATUS
SUI ANNO IIII.
Lo stesso Vescovo Lupoli fe', a sue spese, munire d' altare e tela rappresentante S. Michele la cappella della cattedrale, che s'intitola di S. Michele Arcangelo, nella quale, in alto, si osserva lo stemma del Lupoli, il cui nome spicca sul detto quadro.
Aggiungo
a questa carrellata dello Janora anche lo stemma in bassorilievo
ligneo del vescovo Lupoli che ho avuto occasione di fotografare nel
Presbiterio della Cattedrale e apposto alla balaustra dell'organo
settecentesco.
LA SS. TRINITA' DI VENOSA
Dalla
visita all'Incompiuta Abbazia della SS. Trinità di Venosa,
effettuata qualche ora dopo quella della Cattedrale di Irsina, non mi
aspettavo di trovare segni specifici a riguardo di Michele Arcangelo
Lupoli. Mi aveva però interessato la lettura delle pagine dedicate
nel libro di Giuseppe Settembrino e Michele Strazza, Viaggiatori
in Basilicata (1770 – 1788) edito nel 2004 dal Consiglio
Regionale della Basilicata, e che mi ha spinto ad approfondire la
ricerca sul testo latino dell'Iter Venusinus pubblicato nel
1793 da Michele Arcangelo Lupoli (Iter Venusinus Vetustis
Monumentis Illustratum).
Venosa: Abbazia della SS. Trinità "Incompiuta" |
Insieme
con la data di partenza dell'Iter fissata nel giorno di San Francesco
d'Assisi, il 4 Ottobre del 1790, ho potuto recepire alcuni cenni
autobiografici del Lupoli. Nel 1788 alcune perdite di cari, dello zio
presbitero Giuseppe Lupoli suo educatore e del caro genitore Lorenzo,
lo avevano profondamente prostrato proprio l'anno prima della sua
ordinazione sacerdotale; egli decise così di accettare l'invito del
signore di Venosa e di motivare il suo viaggio fatto in compagnia di
amici come una esperienza di studio storico e di ricerca archeologica
in ricordo dei cari recentemente defunti e in onore dei valori a cui
era stato da essi educato.
In
questo senso egli svolse un lavoro eccezionale descrivendo, con la
scorta delle fonti erudite delle cronache antiche e con
l'osservazione personale, i luoghi, la storia i monumenti e le lapidi
incontrati nel suo viaggio. Alla SS. Trinità di Venosa, e luogo
della Antica cattedrale venusina, egli dedicò un decina di pagine, e
ne raccontò il sorgere dal paleocristianesimo evidenziando e
descrivendo i materiali di spoglio antichi che testimoniavano di
presenze romane, ebraiche, paleocristiane, ed infine i documenti
altomediovali e normanni che si riferivano alla storia di
quell'abbazia che si erge ancora oggi, incompiuta e grandiosa, con
navate colonne ed archi poderosi che si ergono a 'cielo scoperto'
nella campagna che pullulla di reperti archeologici.
Iter Venusinus: pagine sulla SS. Trinità "Incompiuta" di Venosa |
A
proposito di segni del Lupoli nella SS Trinità di Venosa si può
leggere nei suoi Opuscola pubblicati nel 1823 il testo due lapidi
commemorative da lui dettate ed infisse nell'area basilicale al tempo
dell'Iter.
Concludo
con la giustificazione di questa breve ricerca parafrasando il
messaggio espresso in latino dallo stesso Vescovo Michele Arcangelo
Lupoli nella nota storiografica da lui apposta nel 1807 agli ACTA
INVENTIONIS SANCTORUM
CORPORUM SOSII DIACONI AC MARTYRIS MISENATIS Et SEVERINI NORICORUM
APOSTOLI redatti a
narrazione del ritrovamento delle spoglie del Santo Patrono di
Frattamaggiore. Di fronte alle oscurità della storia ancora
inesplorata di un popolo egli si augura che sorgano studiosi capaci
di dare voce alla “costante e perpetua tradizione e di essere
curatori delle memorie patrie” perchè “non c'è niente infatti
di più tenace per un popolo che cammina nella storia della eredità
spirituale ricevuta dai padri”-
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