martedì 12 novembre 2013

In memoria dei caduti di Nassirya

In quella occasione mi fu donato una copia del Calendario Storico dei Carabinieri 2004. Ci eravamo recati, docenti ed alunni del Liceo Scientifico e delle Scienze Sociali di Mondragone, alla locale Caserma dell'Arma per consegnare il segno della partecipazione della Scuola al lutto per i 19 caduti nella strage causata da un attacco terroristico suicida alla base militare italiana di Nassirya in Irak. Tra i caduti, insieme con 5 militari e 2 civili, si contarono 12 carabinieri.


Rileggo nella presentazione di quel calendario i tratti essenziali della storia italiana dell'Arma, bicentenaria nel prossimo anno 2014, ed il suo impegno esteso “per la pace e la sicurezza di tutta la comunità internazionale”.
Il valore comunitario della pace emerse subito nella riflessione che si avviò tra gli studenti che vollero dedicare al tragico avvenimento ricerche, approfondimenti, pensieri e parole che scrissero singolarmente, affissero in strisce cartacee alla bandiera italiana, e riunirono in un file multimediale che vollero personalmente consegnare ai Carabinieri operanti in città. Fu una esperienza commossa e partecipata con sinceri sentimenti di fraternità e vicinanza.

Ho riguardato nel mio archivio didattico multimediale anche le pagine predisposte dagli studenti per il laboratorio giornalistico scolastico 'Galileo' che si cimentava con la pubblicazione del periodico 'News delle Scienze Sociali'. Oggi che si conta un numero più alto di caduti italiani nelle missioni di pace in varie parti del mondo, e che in Italia e nella Capitale si celebra ufficialmente il decennale dei caduti di Nassirya, queste pagine assumono un meritevole valore educativo e di memoria nell'ottica giovanile.



Le ripropongo alla lettura odierna contestualmente alle pagine istituzionali che riguardano le espressioni dei due Presidenti della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano, riferite ai caduti di Nassirya e alla celebrazione della loro memoria. 



12-11-2003


Dichiarazione del Presidente Ciampi appena appresa la notizia dell'atto terroristico alla base dei carabinieri italiani a Nassyria, in Irak
                                C o m u n i c a t o
Il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, appena appresa la notizia dal Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri Gen. Guido Bellini, dell'atto terroristico alla base dei carabinieri italiani di stanza a Nassyria, in Irak, ha rilasciato la seguente dichiarazione:


"Il mio primo pensiero va alle famiglie dei carabinieri uccisi da un ignobile atto di terrorismo.
Sono loro vicino nel dolore.
Esprimo all'Arma dei Carabinieri tutta la mia solidarietà.
Sono militari caduti mentre facevano il loro dovere, per aiutare il popolo iracheno a ritrovare la pace, l'ordine, la sicurezza.
I nostri carabinieri, le nostre Forze Armate sono in Irak su mandato e per volontà del Parlamento.
Tutta l'Italia si stringe attorno a loro e li sostiene in questo momento, in questa dura prova.
Parto per gli Stati Uniti con animo profondamente commosso.
Incontrerò il Presidente Bush e il segretario generale dell'ONU Kofi Annan.
Ho la coscienza di rappresentare un Paese unito e forte. Continueremo a svolgere, insieme con i nostri alleati e con le Nazioni Unite, il nostro ruolo nella lotta al terrorismo internazionale."



Strage di Nassirya: commosso pensiero alle vittime di una inaccettabile e vile barbarie

"Rivolgo il mio deferente omaggio a tutti coloro che hanno perso la vita adempiendo con onore al proprio dovere, al servizio dell'Italia e della comunità internazionale". Lo ha scritto il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in un messaggio inviato, in occasione della celebrazione della Giornata dedicata al ricordo dei caduti, militari e civili, nelle missioni internazionali per la pace, al Ministro della Difesa, Mario Mauro.

"Rivolgo - ha continuato il Capo dello Stato - il mio deferente omaggio a tutti coloro che hanno perso la vita adempiendo con onore al proprio dovere, al servizio dell'Italia e della comunità internazionale. Nel 10° anniversario della strage di Nassirya, che oggi ricorre, un commosso pensiero va, in particolare, ai 19 italiani tragicamente caduti in quell'efferato, gravissimo attentato ed agli iracheni che con essi perirono, vittime di una stessa inaccettabile e vile barbarie. I militari ed i civili che, anche a rischio della vita, operano nelle aree di crisi, in tante travagliate regioni del mondo, sono l'espressione di un paese che crede nella necessità di uno sforzo comune per la sicurezza e la stabilità. Sono il simbolo di un impegno forte a tutela dei diritti fondamentali dell'uomo e per la cooperazione pacifica tra i popoli. I caduti che commemoriamo in questa giornata sono stati interpreti coraggiosi e sfortunati di questo grande impegno italiano. Dobbiamo esserne orgogliosi e tributare loro la nostra riconoscenza per quanto hanno dato".
"Con questi sentimenti - ha concluso il Presidente Napolitano - sono oggi affettuosamente vicino ai familiari di quegli uomini e di quelle donne e partecipo al loro dolore".


Nell'ottica della fede cristiana ripropongo anche le parole dette il 12 novembre 2008 dal Vescovo Vincenzo Pelvi, Ordinario Militare d'Italia, nell' Omelia per la S. Messa in suffragio delle vittime di Nassirya celebrata nella Basilica Santa Maria degli Angeli.


Nella nostra preghiera ci rivolgiamo a Dio Padre e gli affidiamo uno per uno i nostri militari defunti, le loro famiglie, tutti gli italiani che sono in altri Paesi per una nobile missione. Con loro affidiamo al Signore la nostra Patria, il rispetto per la vita umana, la pace nel mondo. La pace: è il grande tesoro che non dobbiamo lasciar strappare dalle nostre coscienze e dai nostri cuori, neppure da parte di terroristi, che vanno fronteggiati con il coraggio e la determinazione di cui siamo capaci; ma che non odieremo, anzi, non ci stancheremo di far loro capire che l’impegno dell’Italia, compreso il suo coinvolgimento militare, è orientato a promuovere una convivenza umana in cui ci siano libertà e diritto per ogni popolo, cultura e religione.
Il diritto e la libertà sono essenziali per evitare ricadute non rispettose dell’uomo. Un diritto, però, che si fondi su un alto senso della dignità e della giustizia. Salvaguardare la dignità dell’uomo non significa soltanto non ucciderlo o non torturarlo. Significa anche dare alla fame e sete di giustizia e libertà che è in lui la possibilità di essere saziate, impegnandoci, ciascuno secondo le proprie capacità, a raddoppiare gli sforzi per liberare la persona da ogni forma di esclusione ed emarginazione. Il ricordo del dramma di Nassirya, l’omaggio alle vittime esige il dovere della memoria, che scuota cuore e mente a portare la ragione a riconoscere il male e a rifiutarlo, suscitando in ciascuno il coraggio del bene e della resistenza contro il male.
Siamo qui non per odiare insieme, ma per insieme amare. L’insegnamento della memoria contribuirà a rendere sempre più umano l’uomo. Un uomo che possa essere di più e non solo avere di più, che impari non solo a vivere con gli altri, ma per gli altri, come i nostri amati militari caduti a Nassirya.

Sito di News delle Scienze Sociali
Omaggio degli studenti ai caduti di Nassirya
Portale dei Carabinieri

sabato 2 novembre 2013

Commemorazione dei Defunti

Rileggo da una vecchia pagina diocesana dell'Avvenire il testo di una mia riflessione scritta in occasione della 'Commemorazione di tutti i fedeli defunti' del 2 Novembre 1995.

L'autunno è nella sua pienezza, l'estate è passata, l'inverno si intravede all'orizzonte del tempo che viene.
La natura depone lentamente la vitalità trascorsa e si accinge al riposo della stagione ultima, fiduciosa nel risveglio primaverile.
La commemorazione dei defunti e il ricordo dei cari trapassati si pongono in questo contesto stagionale.

Si medita la sofferenza che è indotta da una morte che interviene a negare le tensioni di una vita che vorrebbe ancora sussistere; e che vorrebbe concludersi ancora un poco oltre, dopo l'esperienza della sua pienezza, senza troppo dolore.
La pienezza della vita che va oltre il limite del ciclo temporale in corso, e si diffonde umilmente, ma fortemente, in quelli successivi ed ulteriori che non sono ancora dati ma che sicuramente appieno saranno.
La deposizione del corpo che appare negare il passaggio dell'essere oltre la barriera del tempo che gli è dato, e l'introduzione nel sogno di una nuova e frizzante primavera della vita.
La tristezza, quando si muore dintorno, che è nella sensazione di non riuscire a vedere ancora il luogo cristiano del mistero pasquale che accoglie le speranze della vita, e che solo il Padre conosce.

Nel ciclo in corso sussiste però la tradizione che seppellisce i defunti nei riti delle 'Confraternite della buona morte'; e sussiste il ricordo del nome dei cari che nei cimiteri, nelle 'terre sante', negli angoli e nelle edicole casalinghe, si addobba di fiori e di luci, si onora del ritorno dei parenti lontani; si celebra con il racconto delle gesta, degli esempi e delle scelte, nei quali rivivono, talora non senza la gioia e il convivio dei celebranti, protagonisti gli estinti; la cui anima si spera trasformata in lume di gloria.

E si prega il Signore che mantenga la fede e la vita intorno e oltre la morte:

" Signore... hai voluto essere deposto in un sepolcro e ti sei degnato di accordare ai tuoi fedeli l'esempio della risurrezione...".

venerdì 1 novembre 2013

Agiografia e Memoria dei Santi

1. Il mistero pasquale e la santità

Il mistero pasquale sta al centro della fede e della vita cristiana: la Passione, la Morte e la Risurrezione di Gesù Cristo sono il fondamento della speranza dei credenti e rappresentano il modo sacramentale con cui Dio attua la salvezza dell'uomo. Il mistero pasquale è il dono della grazia di Dio che rende possibile all'uomo di percorrere la via della redenzione.
La Pasqua è al centro anche del mistero della Chiesa, considerata nella relazione che presenta il Cristo come Sacramento del Padre e la Chiesa come Sacramento del Cristo.
Si tratta evidentemente di una relazione che promana dalla santità di Dio e coinvolge le dimensioni storiche dell'uomo. In questo senso al divino mistero del Cristo sono associate le dimensioni e le esperienze umane vissute nella testimonianza della santità.
II Cristo Risorto racchiude in sé il Cristo sofferente della Croce ed è per la Chiesa universale il Santo per eccellenza che è nella Gloria di Dio ed è modello del santo, del martire e del testimone, che ogni chiesa particolare venera come patrono ed intercessore.

2. Vita di Gesù e vita dei Santi

Nella Tradizione e nella Scrittura il ruolo fondamentale è rivestito dalla narrazione della Vita di Gesù e del suo Vangelo, e dalla narrazione della sua Passione, della sua Morte e della sua Risurrezione. A questa fondamentale narrazione, che assume i caratteri sacramentali nella celebrazione eucaristica e nel ciclo liturgico della Chiesa, viene associata anche la narrazione della vita, della passio e della testimonianza suprema dei vari santi, la cui memoria ed il cui culto sono celebrati e favoriti nelle chiese particolari.
La celebrazione del mistero pasquale e dell'eucaristia rappresenta il sole divino che splende all'orizzonte della fede della Chiesa; il culto dei santi ne rappresenta il consolante riverbero umano. L'opera di Dio si riflette nell'opera dell'uomo che lo ricerca e lo contempla nella santità.

3. La narrazione della vita dei Santi

I santi martiri sono quelli che più sono assimilati al Cristo; la loro testimonianza di fede, offerta nel supremo sacrificio della vita, li accomuna al Cristo sofferente che con la sua croce offre la via della salvezza che libera l’umanità dal peccato e dalla morte.
Per questo motivo la narrazione della vita dei santi e lo studio dell'agiografia sono diventati di fondamentale importanza nella apologetica e nella cultura storica ecclesiastica e, tenuto conto dei limiti e dei contesti particolari, essi rientrano a pieno titolo nelle espressioni devozionali e nella tradizione della Chiesa. Nei santi e nella loro vita la Chiesa vede il segno dell'amicizia, dell'esempio e del modello di Gesù Cristo Salvatore.


4. II culto dei Santi nella Chiesa

Il culto dei santi e dei martiri collega la Chiesa di oggi alle manifestazioni della Chiesa antica lungo una Tradizione, intesa come vita storica della chiesa, che accanto alla proclamazione del Vangelo di Cristo ha sempre proposto, anche liturgicamente, la lettura della vita e degli esempi dei santi.
Il Vangelo di Cristo rimane il fondamento che permette alla Chiesa di assumere il carattere universale; accanto ad esso la vita e la testimonianza dei santi consente alla Chiesa di assumere i caratteri particolari delle comunità devote che vivono il Vangelo e la storia della loro fede anche attraverso l'esempio e l'ispirazione dei santi titolari.


5. I Santi nel Magistero della Chiesa

Nella Chiesa universale ogni luogo è segnato dalla presenza del Cristo ed ogni esperienza spirituale è a Lui relazionata; templi e liturgie sono eretti e celebrate in nome di Lui. La sacralità di questo nucleo su cui si incentra la religiosità cristiana è legata all'unica perfetta rappresentazione della Santità di Dio che si attua solo in Cristo suo Figlio, vero Dio e vero Uomo. Nella Chiesa particolare della Diocesi, della Parrocchia e del Santuario, i luoghi sono arricchiti anche della celebrazione di Maria, Madre di Dio, e della memoria degli amici e dei testimoni di Cristo, dei Santi cioè, che con il loro martirio e con l'esempio della loro vita di fede e di carità, sono stati additati alla devozione e alla preghiera del popolo e sono stati posti dalla Chiesa vicino al Cristo come intercessori del perdono di Dio e come modelli umani per la santità e per la salvezza.
In questo senso, come sintesi del magistero circa i Santi, il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma che “la Chiesa riconoscendo la potenza dello Spirito di santità che è in lei ... sostiene la speranza dei fedeli offrendo loro i santi quali modelli intercessori” (CCC, 828), e che “I santi e le sante sono sempre stati sorgente e origine di rinnovamento nei momenti più difficili della storia della Chiesa”.

6. I Santi nelle parole di Papa Francesco

All'Angelus della solennità di Tutti i Santi del 1° Novembre 2013 Papa Francesco ha espresso queste parole per descrivere i tratti fondamentali dei Santi “amici di Dio”:

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
la festa di Tutti i Santi, che oggi celebriamo, ci ricorda che il traguardo della nostra esistenza non è la morte, è il Paradiso! Lo scrive l’apostolo Giovanni: «Ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è» (1 Gv 3,2). I Santi, gli amici di Dio, ci assicurano che questa promessa non delude. Nella loro esistenza terrena, infatti, hanno vissuto in comunione profonda con Dio. Nel volto dei fratelli più piccoli e disprezzati hanno veduto il volto di Dio, e ora lo contemplano faccia a faccia nella sua bellezza gloriosa.
I Santi non sono superuomini, né sono nati perfetti. Sono come noi, come ognuno di noi, sono persone che prima di raggiungere la gloria del cielo hanno vissuto una vita normale, con gioie e dolori, fatiche e speranze. Ma cosa ha cambiato la loro vita? Quando hanno conosciuto l’amore di Dio, lo hanno seguito con tutto il cuore, senza condizioni e ipocrisie; hanno speso la loro vita al servizio degli altri, hanno sopportato sofferenze e avversità senza odiare e rispondendo al male con il bene, diffondendo gioia e pace. Questa è la vita dei Santi: persone che per amore di Dio nella loro vita non hanno posto condizioni a Lui; non sono stati ipocriti; hanno speso la loro vita al servizio degli altri per servire il prossimo; hanno sofferto tante avversità, ma senza odiare.