mercoledì 24 aprile 2013

SONA C'A SCETA. LA FESTA DEL GESU' RISORTO A FRATTAMAGGIORE


La Festa di Gesù risorto La festa che si celebra da qualche secolo a Frattamaggiore con grande manifestazione di popolo, il pomeriggio del Lunedì in albis, è espressione sinergica dell'impegno e dell'interesse delle componenti religiose civili e culturali del paese. Essa coinvolge la popolazione e le sue generazioni, richiama gente ammirata da ogni dove, e da qualche decennio ha assunto caratteristiche che valorizzano in maniera innovativa un antico canovaccio congregazionale che la propone come una forma di teatro religioso popolare.
Per la sua realizzazione opera soprattutto la Basilica Pontificia di San Sossio, che è depositaria delle strutture materiali della festa (statue e strumenti), custode attenta e valorizzatrice del messaggio religioso della tradizione originaria. Operano anche le altre organizzazioni culturali del paese, come la Pro Loco e l'Istituto di Studi Atellani, che curano della festa i significati culturali di riflessione storico-sociale ed educativi. Ed operano le associazioni popolari dei 'portatori' delle statue e dei volontari della protezione civile.
La festa si configura come un vero e proprio bene culturale meritevole di essere conosciuto, salvaguardato e valorizzato. Per questa sua significazione fondamentale ed attuale essa è divenuta anche un campo privilegiato dell'intervento del Comune, che non fa mai mancare l'apporto politico ed organizzativo per la salvaguardia della tradizione che viene considerata importantissima espressione dell'identità storico-culturale della città.

Il documento più antico - A metà del XVII secolo si consolidò l’uscita in processione delle numerose congregazioni locali nel Lunedì in albis per celebrare il mistero della Risurrezione di Cristo. A questo proposito si legge nel Libro Manoscritto dell’Oratorio della Madonna delle Grazie:
Jesus Maria - Si è concluso per li fratelli del nostro oratorio che si invitino li fratelli della congregatione del santissimo Rosario a favorire colla processione della resurretione di nostro Signore che si fa hoggi Lunedì in Albis quale promettano fare ogni anno con l’agiuto de idio osservando questa essere la nostra festa titolare, onde per convenienza se ricevea, noi habiamo da precedere in questa tantum con interponere decreto etiam del sig.r vescovo a nostre spese e sì noi facessimo altre feste seu processioni non presumono pretendere precedenza ma solamente questa tantum festa della resurrectione nostra e non altra.
Dal Nostro oratorio li 21 Aprile 1642 et così anco se habia da intendere con tutte le altre congregationi. Io dottore Geronimo Capasso”

Il nome e il significato della Festa - La manifestazione è denominata nel gergo popolare frattese antico come “sona ca’ sceta” (fort.: “suona con la tromba del risveglio”) che annuncia l’incontro del popolo con il Risorto ed il suo “ritrovamento” nell’ambiente tipico, canapiero, paesano antico: “l’hanno truveto rint’ ‘a stoppa arravuglieto”.
Si tratta di un “annuncio” che coinvolge l’intera popolazione e che viene rimandato a voce dalla folla da un luogo all’altro del paese il quale, così, diviene lo scenario urbano del rincorrersi e del movimento concitato dei “santi”, sollevati in alto per essere visibili da tutti e trasportati a spalla, i quali vanno alla ricerca del Risorto, la cui presenza viene a lungo confusamente segnalata tra loro fino al finale ritrovamento.
La manifestazione assume in questo modo la funzione di partecipare a livello popolare il sentimento di sbigottimento, di sorpresa, e di religiosità, di fronte al ‘miracolo’ del Lunedì dell’Angelo, di fronte al miracolo del Cristo sottratto alla morte e presente misteriosamente nella testimonianza di quelli che lo hanno visto vivente. Si vedono così riverberare della Pasqua le dimensioni sacrali, celebrate nella Liturgia ecclesiale e nella Sacra Scrittura, attraverso la manifestazione spettacolare della fede popolare che ha modo di attuare un particolare momento di comprensione e di attualizzazione del mistero divino.

Tra Storia, Fede e Tradizione. Tra queste tre dimensioni della vita morale del popolo si può collocare questa bella manifestazione della religiosità popolare che è la Festa del Gesù risorto del Lunedì in albis a Frattamaggiore.

La Festa ha una dimensione storica e rimanda alle antiche relazioni sociali ed organizzative che si realizzavano tra le componenti del popolo frattese, tra Clero ed Eletti, tra Religiosi e Laici.
Le Congreghe erano proprio strutture intermedie tra Chiesa ed Universitas che consentivano una partecipazione diffusa della gente alle problematiche della sacralità religiosa e del potere civile.
La Festa fu istituita nel '500 come celebrazione popolare del mistero della risurrezione e si avvalse del contributo di tutte le Congreghe che operavano nell'ambito della vita religiosa e culturale dell'antico casale.
Dai Registri della Chiesa di San Sossio si possono leggere le Cronache documentate dei Parroci dell'epoca. Dai libri delle Congreghe si possono anche individuare altri riferimenti storici e culturali. Si ritrovano documentazioni nelle opere degli storici locali; di Giordano, Ferro, Capasso, Costanzo, e nelle opere di storiografia contemporanea.
La Festa ha anche una annotazione letteraria nella descrizione ottocentesca di Francesco Torraca che la considerava nel novero delle feste e dei riti pasquali del napoletano e della Campania.

La Festa ha una dimensione di fede e rappresenta un modello di catechesi popolare sul tema e sul mistero della Risurrezione di Gesù. Alla maniera medievale della “Bibbia dei Poveri”, del “Dramma Sacro” e della “Lauda Francescana”, essa rappresenta visivamente e con il coinvolgimento del popolo e del paese il racconto del Vangelo.
Con gli effetti di una certa spiritualità, la fede antica vissuta dai Padri ci viene trasmessa oggi con uno schema ed una modalità che assomiglia ad un canovaccio teatrale che si avvale del linguaggio delle vie e dei luoghi e delle strutture umane del paese antico per rendere comprensibile a tutti lo stupore degli Apostoli, la gioia della Maddalena e di Maria, le Meraviglie del Signore che si realizzano con la Risurrezione e con l'incontro con il Risorto.

La Festa ha una dimensione tradizionale e svolge una funzione educativa e di legame tra le generazioni del paese. In questo senso essa può essere considerata un vero e proprio Bene Culturale, un complesso di valori da trasmettere con la conoscenza, la partecipazione e con la valorizzazione etica. Ciò è testimoniato dal grande coinvolgimento di tutte le componenti del paese, delle famiglie, dei padri e dei figli, degli anziani e dei giovani, che ritrovano nella Festa un occasione per dialogare e ritrovare insieme una identità comune, morale, religiosa e civile.


lunedì 22 aprile 2013

Discorso alle Camere di Giorgio Napolitano


Lo dicevo già sette anni fa in quest'aula, nella medesima occasione di oggi, auspicando che fosse finalmente vicino "il tempo della maturità per la democrazia dell'alternanza": che significa anche il tempo della maturità per la ricerca di soluzioni di governo condivise quando se ne imponga la necessità. Altrimenti, si dovrebbe prendere atto dell'ingovernabilità, almeno nella legislatura appena iniziata.
Mi accingo al mio secondo mandato, senza illusioni e tanto meno pretese di amplificazione "salvifica" delle mie funzioni; eserciterò piuttosto con accresciuto senso del limite, oltre che con immutata imparzialità, quelle che la Costituzione mi attribuisce. E lo farò fino a quando la situazione del paese e delle istituzioni me lo suggerirà e comunque le forze me lo consentiranno. Inizia oggi per me questo non previsto ulteriore impegno pubblico in una fase di vita già molto avanzata; inizia per voi un lungo cammino da percorrere, con passione, con rigore, con umiltà. Non vi mancherà il mio incitamento e il mio augurio.


Viva il Parlamento! Viva la Repubblica! Viva l'Italia! “


E' la parte conclusiva del discorso pronunciato alle Camere da Giorgio Napolitano, rieletto Presidente della Repubblica Italiana, e subito pubblicato e condiviso con la nazione sul portale in rete della Presidenza.
Si ha subito la sensazione di recepire, oltre il senso dell'ascolto e della lettura, la complessità e la verità di un'opera istituzionale monumentale ed innovativa. Il senso della storia e del progetto futuro dell'Italia è colto con semplicità giusta severa e sorprendente.
Giorgio Napolitano ha voluto dare una testimonianza di consapevolezza e di coesione nazionale” dal momento che “non si può più, in nessun campo, sottrarsi al dovere della proposta, alla ricerca della soluzione praticabile, alla decisione netta e tempestiva per le riforme di cui hanno bisogno improrogabile per sopravvivere e progredire la democrazia e la società italiana”.
Egli ha parlato dall'alto del suo percorso sessantennale nell'istituzione parlamentare ed ha messo a disposizione di tutti gli Italiani, di ogni generazione, come in una espressione di sacra paternità, la prospettiva di una sapienza politica vera ed operosa per il bene della democrazia, del lavoro, della giustizia e della libertà.
Il percorso argomentativo del discorso del Presidente è ricco ed essenziale, tocca continuità e discontinuità di valori e di aspettative, offrendo irrinunciabili analisi critiche delle problematiche nazionali – governo, istituzioni, democrazia, economia, formazione, relazioni internazionali – e proponendo comportamenti politici utili, dignitosi e risolutivi, aperti al cambiamento, alla partecipazione costruttiva delle differenti forze rappresentative, e al perseguimento di “obbiettivi” necessari.
Il discorso intero lo si può leggere sul portale della Presidenza della Repubblica Italiana. 


Dalla croce al martirio - Seminario di studi sulla figura di san Sossio


Ho avuto occasione di partecipare e di intervenire durante il dibattito al 1° Seminario di studi organizzato dalla Basilica Pontificia San Sossio di Frattamaggiore per approfondire la conoscenza della figura del diacono Sossio, santo martire campano del IV secolo e patrono della città. L'iniziativa è stata realizzata con la collaborazione della Diocesi di Aversa, del Comune di Frattamaggiore e dell' Associazione Musei Ecclesiastici Italiani (AMEI). Gli interventi dei rappresentanti delle entità che hanno collaborato (il Parroco mons. Sossio Rossi, il Vescovo di Aversa mons. Angelo Spinillo, il Sindaco dott. Francesco Russo, il Presidente dell'AMEI mons. Giancarlo Santi, Il Presidente dell'ISAtellani dott. Francesco Montanaro moderatore) sono stati seguiti da due importanti relazioni accademiche affidate al prof. Gennaro Luongo dell'Università Federico II di Napoli, e al prof. Thomas Granier dell'Università di Montpellier. Il primo ha trattato del dossier agiografico di san Sossio, ed il secondo ha trattato del trasferimento delle reliquie di Sossio a Napoli curato e narrato dall'agiografo napoletano altomedievale Giovanni Diacono.
L'impressione è stata quella di vedere in atto un impegno che si è profuso come per dare slanci nuovi ed inediti alla valorizzazione di un patrimonio di conoscenze e di consistenze storico-culturali che devono essere lanciate sul piano locale e possibilmente fruite nelle diverse prospettive della fede religiosa, del servizio pubblico museale, e dell'appassionante ricerca che individua verità e valori notevoli nella narrazione agiografica del Santo patrono, ma che sarebbero poco conosciuti dalla popolazione e dagli studiosi che limitano localisticamente il loro interesse e la loro ricerca.
In realtà gli studi agiografici su san Sossio hanno consistenza e storiografia notevoli, sia nell'ambito della tradizione storico-ecclesiastica generale, che in genere pone in rilievo la connessione con il martirio alla Solfatara di san Gennaro e di altri santi campani, e sia nell'ambito della ricerca iniziata già a metà del '700 in Frattamaggiore con gli studi del canonico Padricelli e proseguita con il vescovo Lupoli, ordinario di Montepeloso, che nel 1807 realizzò la traslazione delle reliquie di San Sossio e di San Severino dal monastero cassinese napoletano che era a loro dedicato e che fu soppresso con l'avvento dal regime napoleonico. A questo vescovo frattese si deve l'enucleazione filologica di un primo ed approfondito 'dossier' agiografico sia individualizzato sul santo diacono di Miseno, realizzato con l'ausilio e la compulsione delle fonti più accredite dell'epoca (passiones antiche, martirologi storici, codici monastici e raccolte di ordini religiosi), e sia sul santo monaco evangelizzatore del Norico, traducendo e utilizzando la Vita Severini narrata da Eugippo.
Sulla base degli Acta Inventionis, preparati con intenti pastorali dal vescovo Lupoli ma anche fondati su rigorosi studi storici archeologici ed ecclesiastici, in Frattamaggiore nel corso dell'800 si sviluppò un vero e proprio filone di studi sansossiani. Questo filone si avvalse degli approfondimenti del canonico Giordano nella sue Memorie Istoriche del 1834, della polemica sulla traslazione sorta in epoca post-unitaria tra il parroco Lupoli ed il Galante autore della Guida sacra della città di Napoli; e in maniera eccelsa della monumentale opera agiografica Memorie di San Sosio martire di mons. Carmelo Pezzullo del 1888 che passò in rassegna e trattò tutti gli elementi noti ed inediti che per la maggior parte sono ancora oggi riguardati negli studi e dagli studiosi della figura di san Sossio.
I contributi dei due relatori accademici al 1° Seminario sicuramente rafforzano una conoscenza che per altro si è già consolidata e ancorchè ampliata con ulteriori piste di approfondimento nel corso degli studi sansossiani frattesi che hanno dato vita a momenti (celebrazioni di centenari, mostre, convegni internazionali) studi ed opere, variamente promossi dalla Basilica Pontificia, dalla Pro Loco e dall'ISAtellani, che si pongono come riferimento e bibliografia fondamentale per le opere, le attività e i momenti che si intendono realizzare nelle odierne prospettive emerse dal 1° Seminario di Studi.

Bibliografia: P. Saviano, Ecclesia Sancti Sossii – Storia Arte Documenti, Frattamaggiore 2001

sabato 20 aprile 2013

ARCHIVIO E ARCHIVISTA IN ALCUNE ANNOTAZIONI BIBLICHE


Leggendo alcuni brani di un Libro Profetico e di altri Libri Storici della Bibbia si incontrano interessanti riferimenti ai termini di Archivio e di Archivista. L'interesse, che può assumere caratteristiche sia epistemologiche e sia storiografiche per lo studio dell'Archivistica, è sicuramente legato all'accezione religiosa ed istituzionale dei due termini che sono esplicitamente scritti, descritti nella loro funzionalità specifica, e rivestiti della vetusta antichità di circa tre millenni del testo biblico.
Il Libro Profetico è quello di Isaia risalente nella redazione al VIII secolo a. C.. Esso narra avvenimenti riconducibili all'invasione di Sennacherib, re degli Assiri, e alle trattative per la difesa di Gerusalemme condotte dai funzionari del re Ezechia, tra i quali l'archivista Joach figlio di Asaf.
Il Libri Storici che contengono i riferimenti ai due termini sono indicati in base alla cronologia della loro redazione: Samuele 2; Re 1-2; Cronache 1-2; Esdra; Ester.
Samuele 2 e Re 1-2 fanno parte della cosidetta Storia Deuteronomica che fu compilata al tempo del re Giosia (627-609 a. C.) con la raccolta di più antiche tradizioni che narrano fatti che vanno dal XIII secolo a. C. al tempo dell'Esilio a Babilonia (589 a. C.).
Samuele 2 narra fatti legati in particolare ai tempi di re Davide (1050-970 a. C) e all'organizzazione del Regno di Giuda basata sull'attività religiosa, militare e burocratica, di sacerdoti militari e funzionari fedeli al re; tra questi anche l'archivista Josafat figlio di Achilud.
Re 1 descrive l'organizzazione del Regno d'Israele al tempo del re Salomone, figlio di Davide, che porta a compimento il progetto del Tempio di Gerusalemme, e si serve dell'opera di dignitari e funzionari fedeli; tra questi è riconfermato anche l'archivista Josafat figlio di Achilud, già attivo con il re Davide.
Re 2 si riferisce in due brani ai tempi del re Ezechia e allo stesso avvenimento narrato dal profeta Isaia a riguardo dell'invasione degli Assiri e della difesa di Gerusalemme. Anche in questi brani è indicato tra i funzionari ebrei l'archivista Joach figlio di Asaf.
I Libri Storici di Cronache 1-2 e di Esdra fanno parte dell'opera più generale detta del Cronista o Storia Cronistica, redatta intorno al 350 a. C. e narrante avvenimenti dalle origini del popolo ebraico fino al tempo del ritorno dall'esilio (V secolo a. C.).
Cronache 1-2 in particolare vogliono evidenziare il ruolo di re Davide e di re Salomone come iniziatori del Tempio e delle istituzioni liturgiche ebraiche. In Cronache 1 è ancora riferita l'organizzazione del regno davidico e l'opera dei funzionari del re, tra questi l'archivista Josafat figlio di Achilud come in Samuele 2 e in Re 1. In Cronache 2 tra i funzionari inviati dal re Giosia (627-609 a. C.) a Gerusalemme, con il compito specifico di restaurare il Tempio del Signore, viene menzionato anche l'archivista Joach figlio di Joacaz.
Il Libro di Esdra narra di avvenimenti che vanno dalla fine dall'esilio all'inizio del 400 a.C.; e della benevolenza del re Ciro che consentì il ritorno degli Ebrei a Gerusalemme e la ricostruzione del Tempio, affidandone la documentazione agli archivi del re di Babilonia. Narra anche dell'ordine di re Dario di ricercare in archivio il documento di Ciro, che viene ritrovato nell'archivio di Ectabana e letto nel dettaglio dal testo biblico.
Il Libro di Ester fu scritto intorno al 150 a.C. e rimanda ad avvenimenti relativi alla diaspora ebraica in Babilonia al tempo del re Serse (486-465 a. C.). La vicenda narrata riguarda la riabilitazione dell'ebreo Mardocheo che viene documentata e annotata negli archivi reali.
Seguono i brani biblici individuati che contengono il riferimento all'Archivio e all'Archivista.

Isaia 36, 3
Nell'anno quattordicesimo del re Ezechia, Sennàcherib, re d'Assiria, salì contro tutte le città fortificate di Giuda e le prese. Il re d'Assiria mandò da Lachis a Gerusalemme, dal re Ezechia, il gran coppiere con una schiera numerosa. Egli si fermò presso il canale della piscina superiore, che è nella via del campo del lavandaio. Gli andarono incontro, Eliakìm, figlio di Chelkia, il maggiordomo, Sebna lo scriba e Iòach, figlio di Asaf, l'archivista. Il gran coppiere disse loro: "Riferite a Ezechia: "Così dice il grande re, il re d'Assiria: Che fiducia è quella nella quale confidi? Domando: forse che la sola parola delle labbra può essere di consiglio e di forza per la guerra? Ora, in chi confidi per ribellarti a me? ...

Isaia 36, 22
Quali mai, fra tutti gli dèi di quelle regioni, hanno liberato la loro terra dalla mia mano, perché il Signore possa liberare Gerusalemme dalla mia mano?. Quelli tacquero e non gli risposero nulla, perché l'ordine del re era: "Non rispondetegli". Eliakìm, figlio di Chelkia, il maggiordomo, Sebna lo scriba e Iòach, figlio di Asaf, l'archivista, si presentarono a Ezechia con le vesti stracciate e gli riferirono le parole del gran coppiere.

Samuele 2 8, 16
Stabilì guarnigioni in Edom; ne mise per tutto Edom e tutti gli Edomiti divennero sudditi di Davide. Il Signore salvava Davide in ogni sua impresa. Davide regnò su tutto Israele e rese giustizia con retti giudizi a tutto il suo popolo. Ioab, figlio di Seruià, comandava l'esercito; Giòsafat, figlio di Achilùd, era archivista; Sadoc, figlio di Achitùb, e Achimèlec, figlio di Ebiatàr, erano sacerdoti; Seraià era scriba; Benaià, figlio di Ioiadà, era capo dei Cretei e dei Peletei e i figli di Davide erano sacerdoti.
Samuele 2 20, 24
 ... Allora la donna si rivolse a tutto il popolo con saggezza; così quelli tagliarono la testa a Seba, figlio di Bicrì, e la gettarono a Ioab. Egli fece suonare il corno; tutti si dispersero lontano dalla città, ognuno alla propria tenda. Poi Ioab tornò a Gerusalemme presso il re. Ioab era a capo di tutto l'esercito d'Israele; Benaià, figlio di Ioiadà, era capo dei Cretei e dei Peletei; Adoràm sovrintendeva al lavoro coatto; Giòsafat, figlio di Achilùd, era archivista; Seva era scriba; Sadoc ed Ebiatàr erano sacerdoti e anche Ira, lo Iairita, era sacerdote di Davide.
Re 1 4, 3
Il re Salomone estese il suo dominio su tutto Israele. Questi erano i suoi dignitari: Azaria, figlio di Sadoc, fu sacerdote; Elicòref e Achia, figli di Sisa, scribi; Giòsafat, figlio di Achilùd, archivista; Benaià, figlio di Ioiadà, capo dell'esercito; Sadoc ed Ebiatàr, sacerdoti; Azaria, figlio di Natan, capo dei prefetti; Zabud, figlio di Natan, sacerdote, amico del re; ...

Re 2 18, 18
In quel tempo Ezechia fece a pezzi i battenti del tempio del Signore e gli stipiti che egli stesso, re di Giuda, aveva ricoperto con lamine, e li diede al re d'Assiria. Il re d'Assiria mandò da Lachis a Gerusalemme, dal re Ezechia, il tartan, il grande eunuco e il gran coppiere con una schiera numerosa. Costoro salirono e giunsero a Gerusalemme; salirono, arrivarono e si fermarono presso il canale della piscina superiore, che è nella via del campo del lavandaio. Essi chiamarono il re e gli andarono incontro Eliakìm, figlio di Chelkia, il maggiordomo, Sebna lo scriba e Iòach, figlio di Asaf, l'archivista. Il gran coppiere disse loro: "Riferite a Ezechia: "Così dice il grande re, il re d'Assiria: Che fiducia è quella nella quale confidi? Pensi forse che la sola parola delle labbra sia di consiglio e di forza per la guerra? Ora, in chi confidi per ribellarti a me? ...
Re 2 18, 37
Quali mai, fra tutti gli dèi di quelle regioni, hanno liberato la loro terra dalla mia mano, perché il Signore possa liberare Gerusalemme dalla mia mano?. Quelli tacquero e non gli risposero nulla, perché l'ordine del re era: "Non rispondetegli". Eliakìm, figlio di Chelkia, il maggiordomo, Sebna lo scriba e Iòach, figlio di Asaf, l'archivista, si presentarono a Ezechia con le vesti stracciate e gli riferirono le parole del gran coppiere.
Cronache 1 18, 15
Stabilì guarnigioni in Edom e tutti gli Edomiti divennero sudditi di Davide. Il Signore salvava Davide in ogni sua impresa. Davide regnò su tutto Israele e rese giustizia con retti giudizi a tutto il suo popolo. Ioab, figlio di Seruià, comandava l'esercito; Giòsafat, figlio di Achilùd, era archivista; Sadoc, figlio di Achitùb, e Abimèlec, figlio di Ebiatàr, erano sacerdoti; Savsa era scriba; Benaià, figlio di Ioiadà, era capo dei Cretei e dei Peletei e i figli di Davide erano i primi al fianco del re.
Cronache 2 34, 8
Lo stesso fece nelle città di Manasse, di Èfraim e di Simeone fino a Nèftali, nei loro villaggi circostanti. Demolì gli altari, fece a pezzi i pali sacri e gli idoli, in modo da ridurli in polvere, demolì tutti gli altari per l'incenso in tutta la terra d'Israele; poi fece ritorno a Gerusalemme. Nell'anno diciottesimo del suo regno, dopo aver purificato la terra e il tempio, mandò Safan, figlio di Asalia, Maasia, governatore della città, e Iòach, figlio di Ioacàz, archivista, per restaurare il tempio del Signore, suo Dio. Costoro si presentarono al sommo sacerdote Chelkia e gli consegnarono il denaro depositato nel tempio di Dio; l'avevano raccolto i leviti custodi della soglia da Manasse, da Èfraim e da tutto il resto d'Israele, da tutto Giuda, da Beniamino e dagli abitanti di Gerusalemme. Lo misero in mano agli esecutori dei lavori, sovrintendenti al tempio del Signore, ed essi lo diedero agli esecutori dei lavori che lavoravano nel tempio del Signore per consolidare e riparare il tempio. ...
Esdra 5, 17
Gli disse: Prendi questi vasi e va' a deporli nel tempio che è a Gerusalemme e il tempio di Dio sia costruito al suo posto. Allora quel Sesbassàr venne, gettò le fondamenta del tempio di Dio che è a Gerusalemme e da allora fino ad oggi esso è in costruzione, ma non è ancora finito. Ora, se piace al re, si cerchi negli archivi del re a Babilonia se risulta che dal re Ciro sia stato emanato un decreto di costruire quel tempio di Dio a Gerusalemme, e ci venga inviata la decisione del re a questo proposito".
Esdra 6, 1
Allora il re Dario ordinò che si facessero ricerche nell'archivio, là dove si depongono i tesori a Babilonia, e a Ecbàtana, la fortezza che è nella provincia di Media, si trovò un rotolo in cui era scritta la seguente annotazione:
"Nell'anno primo del suo regno, il re Ciro prese questa decisione riguardo al tempio di Dio a Gerusalemme: il tempio sia ricostruito come luogo in cui si facciano sacrifici; le sue fondamenta siano salde, la sua altezza sia di sessanta cubiti, la sua larghezza di sessanta cubiti. Vi siano nei muri tre ordini di pietre squadrate e un ordine di legno. La spesa sia sostenuta dalla reggia. E anche i vasi del tempio di Dio, d'oro e d'argento, che Nabucodònosor portò via dal tempio che è a Gerusalemme e trasferì a Babilonia, siano restituiti e vadano al tempio che è a Gerusalemme, al loro posto, e siano deposti nel tempio di Dio".
Ester 2, 23
I due eunuchi del re, capi delle guardie del corpo, si rattristarono perché Mardocheo era stato promosso, e cercavano di uccidere il re Artaserse. La cosa fu resa nota a Mardocheo, ed egli la fece conoscere ad Ester; ella rivelò al re la notizia della congiura. Allora il re fece indagare riguardo ai due eunuchi e li impiccò; il re ordinò di prenderne nota negli archivi reali, in memoria e a lode dei buoni uffici di Mardocheo.


Bibliografia: La Bibbia - Testo ufficiale della CEI, 2008


lunedì 15 aprile 2013

Conversazioni e preghiere della comunità di San Rocco nello spirito pasquale


Don Armando Broccoletti è parroco solerte nello svolgimento del suo ministero nella comunità di San Rocco di Frattamaggiore. La Liturgia, la Carità ed il Pellegrinaggio sono ambiti preferenziali del suo lavoro pastorale che nei tempi forti si integrano con opportunità ulteriori che riguardano la ricerca teologica e la riflessione spirituale. In questo senso egli ha promosso tre incontri durante la Settimana Santa (Lunedì, Martedì e Mercoledì) per consentire alla comunità parrocchiale di riflettere sulla propria spiritualità, su Gesù e sui significati del Triduo Pasquale (Passione, Morte e Risurrezione). Ha poi promosso anche altri tre incontri di approfondimento su Gesù e l'Eucaristia nella II Settimana dopo Pasqua, in concomitanza con i giorni dedicati alla celebrazione delle Quarantore (Giovedì, Venerdì e Sabato).
In ambedue le serie degli incontri sono stato designato per guidare la riflessione del secondo giorno, avendo la possibilità di operare sviluppi ed agganci tematici con gli argomenti discussi negli altri giorni.
La riflessione della Settimana Santa si è articolata con le conversazioni su tre Costituzioni Conciliari: la Dei Verbum letta in chiave teologica e biblica da don Salvatore Capasso, la Gaudium et Spes letta in chiave antropologica da me, e la Lumen Gentium letta in chiave ecclesiologica da don Giorgio Del Prete Iorio.
Le tre conversazioni, orientate sulla specificità dei contenuti essenziali dei documenti del Concilio, sono state ricche di stimoli conoscitivi e di approfondimenti ed hanno suscitato molto interesse e partecipazione. Un tratto d'unione tra gli argomenti trattati è stato il concetto di preghiera/dialogo che ha consentito di integrare i concetti di sintesi delle tre Costituzioni, di collegare l'opera di Gesù (opus Christi), espressione dell'incarnazione del Figlio (DV), con l'opera di Dio (opus Dei), espressione precipua nella regola monastica benedettina della preghiera intesa come irrinunciabile dialogo con Dio, e con il dialogo tra le culture dell'uomo (GS) e all'interno della comunità dei credenti (LG).
La riflessione delle Quarantore si è articolata nelle omelie serotine sul tema eucaristico affidate a don Giuseppe Menditto (Gesù nella Sacra Scrittura), a me (Gesù nella devozione), e a don Vincenzo Vitale (Gesù nella Liturgia).
Le tre omelie, incentrate sulla Presenza Eucaristica del Signore, hanno assunto anch'esse una certa continuità tematica che ha coinvolto l'interesse e la partecipazione attenta della comunità. Il taglio pastorale arricchito di riferimenti alle letture del giorno ha caratterizzato l'omelia della prima serata.
La seconda omelia ha operato una carrellata che è partita dall'origine nel IV secolo della devozione delle Quarantore (computo del tempo trascorso dalla morte di Gesù alla sua risurrezione operato al tempo di sant'Agostino) e continuata con la presentazione della mistica medievale e moderna e della devozione di Santi e Pontefici nella Storia della Chiesa (Giovanni, Paolo, Girolamo, Francesco, Bonaventura, Tommaso, Ignazio, Alfonso, etc.; Giovanni Paolo II e Benedetto XVI).
La terza omelia ha infine riguardato il mistero dell'Eucaristia considerato nelle dimensioni della liturgia e della celebrazione comunitaria.

Di seguito presento i brani scelti per presentare nella seconda omelia il valore spirituale perenne della devozione a Gesù.

San Giovanni
Gv 6, 48 - Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo.

Gv 19, 25 - Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco la tua madre!». E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa.

San Paolo
Gal 2, 20 - Non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me.

San Girolamo
Ignorare la Scritture significa ignorare Cristo
Adempio al mio dovere, ubbidendo al comando di Cristo: «Scrutate le Scritture» (Gv 5, 39), e: «Cercate e troverete» (Mt 7, 7), per non sentirmi dire come ai Giudei: «Voi vi ingannate, non conoscendo né le Scritture, né la potenza di Dio» (Mt 22, 29). Se, infatti, al dire dell'apostolo Paolo, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio, colui che non conosce le Scritture, non conosce la potenza di Dio, né la sua sapienza. Ignorare le Scritture significa ignorare Cristo.

Sant'Agostino
Commento a Giovanni – La samaritana
Vuoi vedere com’è forte il Figlio di Dio? Tutto fu fatto per mezzo di lui, e niente fu fatto senza di lui; e tutto senza fatica. Chi, dunque, è più forte di lui che ha fatto tutte le cose senza fatica? Vuoi vedere ora la sua debolezza? Il Verbo si è fatto carne e abitò fra noi (Gv 1, 1-3.14). La forza di Cristo ti ha creato, la debolezza di Cristo ti ha ricreato. La forza di Cristo ha chiamato all’esistenza ciò che non era, la debolezza di Cristo ha impedito che si perdesse ciò che esisteva. Con la sua forza ci ha creati, con la sua debolezza è venuto a cercarci.

San Francesco
Ti adoriamo, Signore Gesù Cristo, anche in tutte le tue chiese che sono nel mondo intero e ti benediciamo, perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

San Bonaventura
Trafiggi, o dolcissimo Signore Gesù, la parte più intima dell'anima mia con la soavissima e salutare ferita dell'amor tuo, con vera, pura, santissima, apostolica carità, affinché continuamente languisca e si strugga l'anima mia per l'amore e il desiderio di te solo. Te brami, e venga meno presso i tuoi tabernacoli, e sospiri di essere sciolta (dai lacci dei corpo) e di essere con te. Fa' che l'anima mia abbia fame di te, pane degli Angeli, ristoro delle anime sante, pane nostro quotidiano, pane soprannaturale che hai ogni dolcezza ed ogni sapore e procuri la gioia più soave. Di te, che gli Angeli desiderano di contemplare incessantemente, abbia fame e si sazi il cuor mio, e della dolcezza dei tuo sapore sia riempita la parte più intima dell'anima mia: abbia ella sempre sete di te, fonte di vita, fonte di saggezza e di scienza, sorgente dell'eterna luce, torrente di delizie, dovizia della casa di Dio.

San Tommaso
A Gesù Cristo crocifisso
Liberami, Signore Gesù Cristo, con la forza ardente del tuo soave amore, dai vincoli che mi legano alle cose di quaggiù. Possa così io morire per amore del tuo amore, come tu, per amore del mio amore, ti sei degnato di morire sulla croce.

Da San Tommaso a Sant'Ignazio di Loyola
Anima di Cristo, santificami,
Corpo di Cristo, salvami.
Sangue di Cristo, inebriami,
acqua del costato di Cristo, lavami.
Passione di Cristo, fortificami.
Oh buon Gesù, esaudiscimi.
Nelle tue piaghe, nascondimi.
Non permettere che io sia separato da Te.
Dal nemico difendimi.
Nell'ora della mia morte chiamami,
e comandami di venire a Te,
Perché con i tuoi Santi ti lodi,
nei secoli dei secoli. Amen.

Sant’Alfonso Maria de Liguori

Signor mio Gesù Cristo, che per l'amore che porti agli uomini, Te ne stai notte e giorno in questo Sacramento tutto pieno di pietà e di amore, aspettando, chiamando ed accogliendo tutti coloro che vengono a visitarti, io Ti credo presente nel Sacramento dell'Altare. Ti adoro nell'abisso del mio niente, e Ti ringrazio di quante grazie mi hai fatte; specialmente di avermi donato Te stesso in questo Sacramento, e di avermi data per Avvocata la tua Santissima Madre Maria e di avermi chiamato a visitarti in questa chiesa. Io saluto oggi il tuo amantissimo Cuore ed intendo salutarlo per tre fini: primo, in ringraziamento di questo gran dono; secondo, per compensarti di tutte le ingiurie, che hai ricevuto da tutti i tuoi nemici in questo Sacramento: terzo, intendo con questa visita adorarti in tutti i luoghi della terra, dove Tu sacramentato te ne stai meno riverito e più abbandonato. Gesù mio, io ti amo con tutto il cuore. Mi pento di aver per il passato tante volte disgustata la tua Bontà infinita. Propongo con la tua grazia di non offenderti più per l'avvenire: ed al presente, miserabile qual sono, io mi consacro tutto a Te: ti dono e rinunzio tutta la mia volontà, gli affetti, i desideri e tutte le cose mie. Da oggi in avanti fai di me e delle mie cose tutto quello che ti piace. Solo ti chiedo e voglio il tuo santo amore, la perseveranza finale e l'adempimento perfetto della tua volontà. Ti raccomando le anime del Purgatorio, specialmente le più devote del Santissimo Sacramento e di Maria Santissima. Ti raccomando ancora tutti i poveri peccatori. Unisco infine, Salvator mio caro, tutti gli affetti miei cogli affetti del tuo amorosissimo Cuore e così uniti li offro al tuo Eterno Padre, e lo prego in nome tuo, che per tuo amore li accetti e li esaudisca. Così sia.


martedì 2 aprile 2013

Cristo è risorto! L'annuncio pasquale di Papa Francesco


Sorgono dal profondo del cuore l'esigenza e la gioia di condividere le parole di Papa Francesco dette al Messaggio Urbi et Orbi la Domenica di Pasqua 2013 in Piazza San Pietro colma di popolo e di genti. Esse illuminano di luce evangelica gli anfratti dell'anima che è sempre in cerca del Signore e ne rintraccia la via per i sentieri spirituali della fede e per le strade del mondo.
Papa Francesco nella semplicità e profondità del suo magistero ci rilegge la pagina del Vangelo della Risurrezione e ce ne testimonia nuovamente, con l'ausilio della Scrittura e dei Padri, il significato attuale ricco di verità e speranza.

Cari fratelli e sorelle di Roma e del mondo intero, buona Pasqua! Buona Pasqua!
Che grande gioia per me potervi dare questo annuncio: Cristo è risorto! Vorrei che giungesse in ogni casa, in ogni famiglia, specialmente dove c’è più sofferenza, negli ospedali, nelle carceri…
Soprattutto vorrei che giungesse a tutti i cuori, perché è lì che Dio vuole seminare questa Buona Notizia: Gesù è risorto, c’è la speranza per te, non sei più sotto il dominio del peccato, del male! Ha vinto l’amore, ha vinto la misericordia! Sempre vince la misericordia di Dio!
Anche noi, come le donne discepole di Gesù, che andarono al sepolcro e lo trovarono vuoto, possiamo domandarci che senso abbia questo avvenimento (cfr Lc 24,4). Che cosa significa che Gesù è risorto? Significa che l’amore di Dio è più forte del male e della stessa morte; significa che l’amore di Dio può trasformare la nostra vita, far fiorire quelle zone di deserto che ci sono nel nostro cuore. E questo può farlo l’amore di Dio!
Questo stesso amore per cui il Figlio di Dio si è fatto uomo ed è andato fino in fondo nella via dell’umiltà e del dono di sé, fino agli inferi, all’abisso della separazione da Dio, questo stesso amore misericordioso ha inondato di luce il corpo morto di Gesù, lo ha trasfigurato, lo ha fatto passare nella vita eterna. Gesù non è tornato alla vita di prima, alla vita terrena, ma è entrato nella vita gloriosa di Dio e ci è entrato con la nostra umanità, ci ha aperto ad un futuro di speranza.
Ecco che cos’è la Pasqua: è l’esodo, il passaggio dell’uomo dalla schiavitù del peccato, del male alla libertà dell’amore, del bene. Perché Dio è vita, solo vita, e la sua gloria siamo noi: l’uomo vivente (cfr Ireneo, Adversus haereses, 4,20,5-7).
Cari fratelli e sorelle, Cristo è morto e risorto una volta per sempre e per tutti, ma la forza della Risurrezione, questo passaggio dalla schiavitù del male alla libertà del bene, deve attuarsi in ogni tempo, negli spazi concreti della nostra esistenza, nella nostra vita di ogni giorno. Quanti deserti, anche oggi, l’essere umano deve attraversare! Soprattutto il deserto che c’è dentro di lui, quando manca l’amore di Dio e per il prossimo, quando manca la consapevolezza di essere custode di tutto ciò che il Creatore ci ha donato e ci dona. Ma la misericordia di Dio può far fiorire anche la terra più arida, può ridare vita alle ossa inaridite (cfr Ez 37,1-14).
Allora, ecco l’invito che rivolgo a tutti: accogliamo la grazia della Risurrezione di Cristo! Lasciamoci rinnovare dalla misericordia di Dio, lasciamoci amare da Gesù, lasciamo che la potenza del suo amore trasformi anche la nostra vita; e diventiamo strumenti di questa misericordia, canali attraverso i quali Dio possa irrigare la terra, custodire tutto il creato e far fiorire la giustizia e la pace.
E così domandiamo a Gesù risorto, che trasforma la morte in vita, di mutare l’odio in amore, la vendetta in perdono, la guerra in pace. Sì, Cristo è la nostra pace e attraverso di Lui imploriamo pace per il mondo intero.
Iltesto intero sul portale del Vaticano