Rileggendo
qualche capitolo della tesi di laurea in Sociologia del Lavoro, a
distanza di un quarantennio dalla sua discussione accademica, ho
rivissuto con un certo compiacimento i ragionamenti fatti per
delineare il quadro teorico dei concetti utilizzati per la
trattazione dell’argomento: una disamina sociologica delle
problematiche scientifiche ed ideologiche legate al lavoro dell’uomo
nella società contemporanea e una ricerca sul suo senso storico.
In
questo pomeriggio domenicale mi sono quindi inoltrato ancora un poco,
con qualche lettura di approfondimento di carattere teologico, sul
percorso iniziato con quella giovanile ricerca, ed ho rinvenuto così
il brano sull’attività umana leggibile ai numeri 35-36 della
Gaudium et spes, la Costituzione pastorale del Vaticano II sulla
Chiesa nel mondo contemporaneo. Il dono ecclesiale di un orizzonte di
sacro significato del lavoro e dell’attività umana.
L’attività
umana, come deriva dall’uomo, così è ordinata all’uomo. L’uomo,
infatti, quando lavora, non soltanto modifica le cose e la società,
ma anche perfeziona se stesso. Apprende molte cose, sviluppa le sue
facoltà, è portato a uscire da sé e a superarsi. Tale sviluppo, se
è ben compreso, vale più delle ricchezze esteriori che si possono
accumulare. L’uomo vale più per quello che è che per quello che
ha.
Parimenti tutto ciò che gli uomini compiono allo scopo di
conseguire una maggiore giustizia, una più estesa fraternità e un
ordine più umano nei rapporti sociali, ha più valore dei progressi
in campo tecnico. Questi, infatti, possono fornire, per così dire,
la materia alla promozione umana, ma da soli non valgono in nessun
modo ad effettuarla.
Ecco dunque qual è la norma dell’attività
umana. Secondo il disegno di Dio e la sua volontà l’attività
dell’uomo deve corrispondere al vero bene dell’umanità, e
permettere agli individui, sia in quanto singoli che quali membri
della collettività, di coltivare e di attuare la loro integrale
vocazione.
Molti nostri contemporanei, però, sembrano temere
che, se si fanno troppo stretti i legami tra attività umana e
religione, venga impedita l’autonomia degli uomini, delle società,
delle scienze. Ora se per autonomia delle realtà terrene intendiamo
che le cose create e le stesse società hanno leggi e valori propri,
che l’uomo gradatamente deve scoprire, usare e ordinare, allora si
tratta di una esigenza legittima, che non solo è postulata dagli
uomini del nostro tempo, ma anche è conforme al volere del Creatore.
Infatti è dalla stessa loro condizione di creature che le cose tutte
ricavano la loro propria consistenza, verità, bontà, le loro leggi
proprie e il loro ordine; e tutto ciò l’uomo è tenuto a
rispettare, riconoscendo le esigenze di metodo proprie di ogni
singola scienza o arte. Perciò se la ricerca metodica di ogni
disciplina procede in maniera veramente scientifica e secondo le
norme morali, non sarà mai in reale contrasto con la fede, perché
le realtà profane e le realtà della fede hanno origine dal medesimo
Dio. Anzi, chi si sforza con umiltà e con perseveranza di
scandagliare i segreti della realtà, anche senza che egli se ne
avveda, viene come condotto dalla mano di Dio, il quale, mantenendo
in esistenza tutte le cose, fa che siano quello che sono. A questo
punto, ci sia concesso di deplorare certi atteggiamenti mentali, che
talvolta non mancano nemmeno tra i cristiani. Alcuni per non avere
sufficientemente percepito la legittima autonomia della scienza,
suscitano contese e controversie e pervertono molti spiriti a tal
punto da farli ritenere che scienza e fede si oppongano tra loro.
Se
però con l’espressione «autonomia delle realtà temporali» si
intende che le cose create non dipendono da Dio, che l’uomo può
adoperarle senza riferirle al Creatore, allora tutti quelli che
credono in Dio avvertono quanto false siano tali opinioni. La
creatura, infatti, senza il Creatore svanisce.
La Gaudium et spes sul portale del Vaticano
Nessun commento:
Posta un commento