domenica 22 dicembre 2019

Frammenti natalizi

Natività XIV secolo. Subiaco

La tradizione della costruzione del presepe é una espressione tra le più belle e significative del patrimonio antropologico e religioso della cristianità.
Il valore simbolico della rappresentazione della Natività del Signore, realizzata con paesaggi e personaggi di cartapesta e gesso riprodotti in miniatura, é di grande rilevanza e funzionalità per il dialogo sulla fede e per la sua trasmissione tra le generazioni.
Una vera catechesi sull'Incarnazione del Verbo di Dio che coinvolge la preparazione teologica e pastorale, la molteplicità dei linguaggi, l'apprendimento operativo, la partecipazione emotiva profonda degli adulti e dei più piccoli che partecipano alla strutturazione pratica e alla visione estetica del presepe.




La Storia del Presepe é antica e ricca di luoghi ed esperienze. Basta scorrere un poco la letteratura dedicata da secoli alla "civiltà del presepe" per accorgersi delle tantissime chiavi di lettura che la caratterizzano: la storia biblica, la spiritualità', l'educazione, la tradizione popolare, la storia ecclesiastica, la storia delle arti figurative, l'artigianato, l'economia, il turismo, eventi culturali e musicali, l'aneddotica religiosa aristocratica e popolare.
Luoghi come la Grotta della Natività di Betlem, il 'Presepem' di Santa Maria Maggiore di Roma, il 'Presepe Vivente' di Greccio istituito da San Francesco di Assisi, il 'Presepe Napoletano' di San Gregorio Armeno, sono ispirativi ed esemplificativi della civiltà legata alla rappresentazione del Natale.



Admirabile Signum, rappresentazione iconografica ed. Shalom

La motivazione fondamentale della costruzione del presepio si lega ad una riflessione di carattere teologico e devozionale sulla Incarnazione del Figlio di Dio, e alla rappresentazione simbolica del mistero della Natività. Altre motivazioni attengono la tradizionale relazione educativa tra le generazioni e l’interagire in una comunità di vita e di valori. Molti ricordano il presepio della fanciullezza come una costruzione a cui partecipare in famiglia con la guida del padre, nel palazzo o nella comunità ecclesiale e cittadina con la guida di una persona esperta. Il presepio veniva semplicemente realizzato per celebrare l'avvenimento religioso della Nascita di Gesù, e la sua costruzione riusciva a motivare l'impegno e a stimolare la creatività fino a procurare la profonda emozione della coscienza di partecipare a momenti importantissimi per la propria e l'altrui vita.

Quella emozione non è un dato relegabile solo alla memoria; essa è sempre esperibile, anche nell'oggi, perché è una espressione precipua dell'animo umano, e riappare quando questo si ritrova a riflettere sui valori essenziali della vita e sui contenuti dei propri convincimenti. E' una emozione, talvolta di carattere estetico e religioso, che diviene un moto operativo, artistico ed educativo, quando i valori e i convincimenti cerca di rappresentarli oggettivamente e costruttivamente attraverso un linguaggio ed un’opera simbolici e significativi.
Tale è l'emozione che la costruzione del presepio suscitava un tempo, offrendo materia alla riflessione e alla rappresentazione dei valori e dei legami familiari e comunitari; e che risuscita rioffrendosi con spunti costruttivi e rappresentativi dei valori nei discorsi e nei legami dell'oggi.

In molti luoghi del napoletano, tra gli amici che si ritrovano a parlare del presepio è comune l'esperienza della leggenda d'origine che lega il proprio ricordo infantile con il periodo natalizio. Si tratta della memoria di gesti comunitari antichi evocata dalla costruzione del manufatto presepiale insieme con le situazioni di vita e i sentimenti della festa più amata dai bambini e dagli anziani.
Il presepio si ripropone così come luogo della memoria e del dialogo tra le generazioni, espressione simbolica e rappresentazione di una riflessione, di una fede e di un discorso che è sempre pedagogico anche nelle sue manifestazioni più evidentemente artistiche o religiose.
In questa memoria ci si sente particolarmente coinvolti a causa delle notevoli trasformazioni economiche ed ambientali ingeneratesi con la modernità, ed il richiamo della tradizione risponde psicologicamente ad una esigenza di riflessione sulla propria identità culturale e personale.

Presepe di Sossio Sessa nell'Annunziata. Frattamaggiore

Le tematiche artigianali ed artistiche connesse oggi alla costruzione del presepe si esprimono in varie modalità. Esse vanno dalla rappresentazione tradizionale alla ricerca produttiva, dall'umile creazione alla manifestazione d'avanguardia. Il presepe costruito con i figli, come quello elaborato nella tecnica personale; il presepe vivente realizzato per riferire memoria e fede vissuta, così come il presepe letterario e artistico, narrato dipinto e scolpito; sono sempre iniziative dense di valori e di significati umani, comunitari, religiosi. Il presepe rimanda all'esperienza antropologica della leggenda d'origine che lega il ricordo infantile con il periodo natalizio.
In tutte queste modalità persiste la funzione essenziale del presepe: esso viene realizzato per celebrare l'avvenimento della Nascita di Gesù, e stimola l'emozione con la coscienza di partecipare a momenti importantissimi per la propria e l'altrui vita. Questa emozione spinge a riflettere sui valori e sui contenuti dei propri convincimenti. Essa è di carattere estetico e religioso insieme, ed esprime la spiritualità di un moto che prende consistenza in un linguaggio ed in un'opera simbolici; con spunti rappresentativi di valori risuscitati nei discorsi e nei legami dell'oggi. Un luogo di dialogo tra le generazioni sui valori e sulle speranze sociali. La motivazione principale del presepe rimane sempre di carattere teologico; ed è quella di essere segno della memoria del Dio fatto uomo e della sua Presenza nella vita quotidiana dell'umanità. Un segno capace di evidenziare il messaggio evangelico dell'Incarnazione del Figlio di Dio, con la naturalezza del linguaggio agro-pastorale comprensibile ai più piccoli.

Le Fonti Francescane, in particolare la Vita Prima di Tommaso da Celano, riportano una interessante testimonianza. La testimonianza scritta del Celano si riferisce alla notte di Natale del 1223 quando Francesco si trovava all'eremo di Greccio e volle realizzare con la gente del luogo una rappresentazione viva della Natività di Betlemme, il primo presepe vivente della tradizione popolare natalizia italiana. Leggiamo di seguito la narrazione.

Giotto, il presepe vivente di Greccio

E giunge il giorno della letizia, il tempo dell’esultanza! Per l’occasione sono qui convocati molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano festanti dai casolari della regione, portando ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s’accese splendida nel cielo la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi. Arriva alla fine Francesco: vede che tutto è predisposto secondo il suo desiderio, ed è raggiante di letizia.
Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il bue e l’asinello.
In quella scena commovente risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l’umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme.
Questa notte è chiara come pieno giorno e dolce agli uomini e agli animali! La gente accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato prima, davanti al nuovo mistero. La selva risuona di voci e le rupi imponenti echeggiano i cori festosi. I frati cantano scelte lodi al Signore, e la notte sembra tutta un sussulto di gioia.
Il Santo è lì estatico di fronte al presepio, lo spirito vibrante di compunzione e di gaudio ineffabile. Poi il sacerdote celebra solennemente l’Eucaristia sul presepio e lui stesso assapora una consolazione mai gustata prima.
Francesco si è rivestito dei paramenti diaconali perché era diacono, e canta con voce sonora il santo Vangelo: quella voce forte e dolce, limpida e sonora rapisce tutti in desideri di cielo.
Poi parla al popolo e con parole dolcissime rievoca il neonato Re povero e la piccola città di Betlemme.
Spesso, quando voleva nominare Cristo Gesù infervorato di amore celeste lo chiamava «il Bambino di Betlemme», e quel nome «Betlemme» lo pronunciava riempiendosi la bocca di voce e ancor più di tenero affetto, producendo un suono come belato di pecora.
E ogni volta che diceva «Bambino di Betlemme» o «Gesù», passava la lingua sulle labbra, quasi a gustare e trattenere tutta la dolcezza di quelle parole.
Vi si manifestano con abbondanza i doni dell’Onnipotente, e uno dei presenti, uomo virtuoso, ha una mirabile visione. Gli sembra che il Bambinello giaccia privo di vita nella mangiatoia, e Francesco gli si avvicina e lo desta da quella specie di sonno profondo.
Né la visione prodigiosa discordava dai fatti, perché, per i meriti del Santo, il fanciullo Gesù veniva risuscitato nei cuori di molti, che l’avevano dimenticato, e il ricordo di lui rimaneva impresso profondamente nella loro memoria. Terminata quella veglia solenne, ciascuno tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia”. (FF 469-470)

Una ventina di anni fa la tradizione natalizia locale frattese ha assunto particolari connotazioni ed un certo spessore culturale. Nel processo di modernizzazione della città che poteva comportare un inaridirsi delle radici storiche ed un affievolirsi dell’identità culturale del paese antico, si dette vita ad iniziative di recupero del patrimonio della tradizione popolare e alla formazione di alcune associazioni organizzate (Insieme per il Presepe, Amici del Presepe ed altre) per promuovere e rappresentare l’arte presepiale. Tra i promotori principali di queste iniziative che favorirono tra l’altro la ricerca storica, la riflessione religiosa, mostre, eventi e pubblicazioni vi fu anche don Angelo Crispino che ogni anno ha allestito con le sue mani l’artistico presepe dell’Assunta.

Presepe nel Museo Sansossiano di Arte Sacra. Frattamaggiore 

La poesia del Natale vissuta nella dimensione locale ha avuto un cantore d’eccezione: don Pasqualino Costanzo, prete nativo del quartiere di San Rocco. Verso quel luogo egli sempre ritornava con sacra nostalgia quando era lontano, come negli anni del seminario, e quando meditava nella vita quotidiana con la preghiera, con la poesia e con la ricerca storica; come uomo di Dio, come pensatore e come educatore. Era per lui un luogo dell’anima: un simbolo che trasponeva e rendeva presente nell’arte del presepe e nella partecipazione emotiva alle auree del Natale.


Il concetto che egli amava, e che utilizzava per esprimere l’intimo rapporto con i luoghi del suo paese, era itinerario: un cammino svolto in una sorta di contemplazione operativa, lungo il quale egli recepiva il messaggio realmente significativo della storia e dei monumenti del suo paese. E questo messaggio egli lo riproponeva ai suoi concittadini, e ai giovani, con i significati e con gli orientamenti della guida d’anima e della sua esperta esegesi. In questo modo egli guidava chi lo leggeva e lo ascoltava, e chi con lui serenamente dialogava, soprattutto i giovani, su un cammino etico e religioso alla ricerca della verità e verso la scoperta di una paideia basata sul valore della dignità della persona vissuta nei legami più alti con la comunità e con la storia del proprio paese.
Presento una sua poesia sul Natale del 1964 ed una sua narrazione del tempo natalizio risalente al 1972.



In maniera particolare il centro storico di Frattamaggiore, e le sue chiese, da anni rappresenta un luogo privilegiato per le iniziative associative e formative legate alla costruzione del presepe, ai suoi significati artistici e culturali, e alla valorizzazione delle tradizioni natalizie. 


G. Di Bernardo, Presepe pittorico ispirato alla tradizione frattese

Diverse esperienze associative si sono vissute e succedute nella realizzazione di manufatti presepiali, cataloghi e mostre espositive che hanno dato lustro alla tradizione locale ed hanno arricchito la comunicazione e la condivisione dei valori umani e religiosi legati al Natale. A modo di esempio, insieme con altre esperienze locali similari, basti pensare alle numerose edizioni della Mostra di Arte Presepiale realizzata dalla Associazione Culturale Frattese “Insieme per il Presepe”, presieduta dal Dott. Giovanni Pezzullo di cara memoria, i cui cataloghi hanno avuto diffusa divulgazione ed hanno rappresentato artistici manufatti presepiali ed interventi letterari autorevoli, esprimendo un precipuo contributo frattese alla “civiltà del presepe napoletano”.



Papa Francesco il 1° dicembre di quest’anno ha firmato a Greccio la Lettera Apostolica Admirabile Signum sul significato e il valore del Presepe. Al punto 1 della Lettera ha scritto:
1. Il mirabile segno del presepe, così caro al popolo cristiano, suscita sempre stupore e meraviglia. Rappresentare l’evento della nascita di Gesù equivale ad annunciare il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio con semplicità e gioia. Il presepe, infatti, è come un Vangelo vivo, che trabocca dalle pagine della Sacra Scrittura. Mentre contempliamo la scena del Natale, siamo invitati a metterci spiritualmente in cammino, attratti dall’umiltà di Colui che si è fatto uomo per incontrare ogni uomo. E scopriamo che Egli ci ama a tal punto da unirsi a noi, perché anche noi possiamo unirci a Lui.
Con questa Lettera vorrei sostenere la bella tradizione delle nostre famiglie, che nei giorni precedenti il Natale preparano il presepe. Come pure la consuetudine di allestirlo nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli ospedali, nelle carceri, nelle piazze... È davvero un esercizio di fantasia creativa, che impiega i materiali più disparati per dare vita a piccoli capolavori di bellezza. Si impara da bambini: quando papà e mamma, insieme ai nonni, trasmettono questa gioiosa abitudine, che racchiude in sé una ricca spiritualità popolare. Mi auguro che questa pratica non venga mai meno; anzi, spero che, là dove fosse caduta in disuso, possa essere riscoperta e rivitalizzata.


Approfondimenti in: 





giovedì 3 ottobre 2019

80 anni di presenza delle Ancelle del Sacro Cuore in Frattamaggiore


La Peregrinatio del Corpo di Santa Caterina Volpicelli, Fondatrice della Ancelle del Sacro Cuore, si svolge nella Basilica Pontificia di San Sossio in Frattamaggiore dal 29 settembre al 6 ottobre 2019.
La sua motivazione si legge nella brochure che descrive le celebrazioni della settimana in cui è esposto in una urna di vetro il corpo della Santa. Essa avviene “nella ricorrenza del 125° anniversario della Sua nascita al cielo, nel decennale della Canonizzazione e nell’80° anniversario della presenza delle Ancelle del Sacro Cuore, sue Figlie spirituali, nella nostra città (1939-2019)”.
Per la serata del 3 ottobre 2019 è previsto un incontro di preghiera e testimonianze sulla presenza delle Ancelle a Frattamaggiore.
Già 5 anni prima c’era stata una precedente Peregrinatio del corpo della Santa in Basilica che aveva animato ricerche ed approfondimenti sulla presenza delle Ancelle a Frattamaggiore. In quella occasione furono esposti i pannelli di una mostra organizzata dalle Ancelle, e furono pubblicati i risultati di una ricerca storica da me realizzata sui 75 anni della loro presenza in Frattamaggiore.
La ricerca fu presentata in Basilica, commentata sul blog Doctrina et Humanitas, e pubblicata sul numero 200-202 del 2017 della Rassegna Storica dei Comuni.
Per la celebrazione dell’80° anniversario ripropongo il link al commento su Doctrina et Humanitas e le pagine pubblicate sulla Rassegna Storica dei Comuni.


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domenica 15 settembre 2019

Don Mimì Padricelli, ritratto di un prete


MEMORIA

La memoria ufficialmente condivisa del sacerdote Domenico Padricelli (1935-2000) è leggibile sul portale della Parrocchia del SS.mo Redentore di Frattamaggiore in Diocesi di Aversa (vedi: parrocchiassredentore.it). Soprattutto quella che riguarda gli anni in cui egli fu parroco (1968-2000). Grazie al devoto omaggio tributatogli dal fratello don Antonio Padricelli, suo successore alla guida parrocchiale, e dalla comunità ecclesiale che continua a vivere nello spirito impresso e testimoniato dalla pastorale di don Mimì, si possono leggere molte sue omelie e scorrere una vasta galleria di foto e di testimonianze.

La figura di don Mimì è oggi particolarmente ricordata dalla numerosa schiera dei giovani che negli anni 60’ del secolo scorso vissero l’esperienza dell’Azione Cattolica giovanile (GIAC) nella Parrocchia cittadina di San Rocco, quando giovane sacerdote collaboratore del parroco Giuseppe Ratto fu loro assistente ecclesiastico. Questi, tra i quali ci sono anche io, lo ricordano comunitariamente e personalmente sia come amico più grande, e sia come padre spirituale che ha orientato il loro cammino di fede e di vita ecclesiale. 


Oggi, quasi tutti di età intorno ai settant’anni, e grazie ai social, hanno dato vita ad un dialogo commemorativo ed attuale per verificare i persistenti valori e i percorsi di vita sviluppati grazie anche all’esempio e alla guida di don Mimì. E lo vogliono ricordare (il 27 settembre 2019) con una celebrazione eucaristica, in suffragio anche di Michele Imbembo, Antonio Del Prete e di altri defunti che facevano parte della GIAC, e con un ritrovarsi insieme in San Rocco nella preghiera e nella riflessione ecclesiale.
Per l’occasione ho voluto recuperare qualche spunto autobiografico di don Mimì e qualche significativo contenuto scritto e trasmesso con il suo insegnamento.


CENNI BIOGRAFICI

Domenico Padricelli nacque il 13 Aprile del 1935. Compì gli studi teologici al Seminario di Salerno e, a 24 anni, il 12 Luglio 1959 fu ordinato sacerdote nella Cattedrale di Aversa dal Vescovo Antonio Teutonico. Insegnò Religione nelle Scuole Statali e Materie Letterarie al Seminario di Aversa. Fu Assistente spirituale degli allievi dell’Istituto delle Suore Piccole Ancelle di Cristo Re in Frattamaggiore. Fu Assistente Ecclesiastico dei Giovani della GIAC di San Rocco in Frattamaggiore. A 32 anni, il 7 Novembre 1967, fu nominato Parroco del SS. Redentore e il 7 Gennaio 1968 ne prese il possesso canonico. Mori il 5 Aprile del 2000.
Dalle sue omelie e dai suoi scritti pubblicati sul portale del SS.mo Redentore, si ricavano brani che riguardano la sua biografia, la sua spiritualità ed il suo insegnamento.



OMELIE

Don Mimì ricorda gli anni al Seminario di Salerno nel giorno dell’accoglienza del vescovo Mario Milano, che fu suo compagno negli studi teologici e ordinato un anno dopo don Mimì:

BENVENUTO! (15/11/98)
Eccellenza Rev.ma, grandissima è la gioia, che io provo per la Sua presenza qui tra noi, quest'oggi. E il cordialissimo benvenuto, che io Le rivolgo anche a nome dell'intera comunità parrocchiale del SS. Redentore è lo specchio fedele di questa gioia.
Grazie, Eccellenza , per essere venuto con sommo piacere e per amministratore il sacramento della Confermazione e per incontrarsi, per la prima volta, coi fedeli di questa Parrocchia e per stare più a lungo con me, suo ex-compagno di SEMINARIO. Eccellenza, mi permetta, all'inizio della sacra liturgia eucaristica, di dire, alla presenza di tanti fedeli, della grande amicizia che ci lega sin dagli anni di Seminario, ove abbiamo compiuto insieme gli studi teologici, ove abbiamo ricevuto la necessaria formazione per accedere al sacerdozio! Come non ricordare il Suo e mio padre spirituale (Mons. Gian Luigi Fontana, cui Dio conceda ancora molti anni di vita perché ci guidi con i suoi saggi consigli)? Come non ricordare il rettore del Seminario Mons. Antonio Verrastro, di felice memoria; e i professori e i compagni di studio?
Chi mai avrebbe pensato che uno di questi sarebbe un giorno diventato “mio” Vescovo? Chi mai avrebbe pensato che lo studente di teologia Mario Milano, sarebbe diventato arcivescovo-vescovo della diocesi di Aversa?
Eccellenza, mi scusi se, sia pure brevemente, mi sono lasciato prendere dall'onda dei ricordi. “Os loquitur ex abundantia cordis”!


Nel 25° anniversario della sua ordinazione sacerdotale (12 Luglio 1984) don Mimì volle fare memoria di quel giorno ed offrire la testimonianza di una bella riflessione sul sacerdozio e sulla sua vita sacerdotale:

Il 12 luglio 1959, nella cattedrale di Aversa, dal Vescovo A. Teutonico ricevetti la S. Ordinazione Sacerdotale.
Sicché, da quella data son trascorsi ben 25 anni, vissuti, grazie a Dio, senza alcun rimpianto.
Per l'occasione, sento il bisogno di riflettere sulla vera identità del sacerdote alla luce del Vangelo, del Vaticano II, dei continui insegnamenti del Papa e dei Vescovi e della mia esperienza pastorale. Innanzitutto, il sacerdote non è - non deve essere - un mestierante, un tecnico, un professionista, un sindacalista, un tuttofare, un “manager”.
Il sacerdote non deve imitare completamente i laici nei loro metodi e nel loro linguaggio. Il sacerdote non deve, magari col pretesto di conquistare anime, accondiscendere ai gusti della gente, confondendo ciò che piace con ciò che giova: finché si accontentano i gusti della gente - che si pasce solo di esteriorità e di cose materiali, per non dire di peggio, - non si miglioreranno mai le persone, non si formeranno mai degli autentici cristiani. Il volere ad ogni costo accontentare i gusti della gente non è espressione di modernità, ma di mondanità.
Il sacerdote non deve temere la impopolarità, perché non è la popolarità, non è il plauso della gente, non è il rumore che si fa, che garantiscono la retta impostazione e l'efficacia dell'opera apostolica di un sacerdote.
La missione .del sacerdote oggi è più che mai attuale; il mondo ha, più che mai, bisogno della testimonianza e della parola del sacerdote, a condizione, però, che questi resti fedele all'essenza della sua vocazione, che sarà sempre quella di vivere senza riserve per Dio e per le anime, quella di essere uomo di preghiera, quella di annunciare il Vangelo - tutto il Vangelo -, quella di amministrare i Sacramenti, di dedicare un amore speciale per i poveri, per gli emarginati, per gli infermi.
Il sacerdote deve tendere alla santità più dei laici. Senza questo anelito di santità, egli è nulla; senza l'ideale di santità, il suo impegno nelle opere e nelle strutture apostoliche, anche se aggiornate, è destinato ad impoverirsi e, a lungo andare, ad inaridirsi.
Nella ricorrenza del mio giubileo sacerdotale rinnovo, in modo più convinto e deciso, il "sì" che pronunziai all'altare della S. Ordinazione.
Sì, io intendo andare avanti con retta intenzione. E Dio mi conceda di cadere sulla breccia! E ciò che di penoso mi accadrà, sia come legna sul fuoco del mio amore divino: che io mi mantenga acceso sino a consumarmi d'amore e nell'amore, nel nascondimento!
Non fu così di Gesù? Non disse Gesù: “Attirerò a me le anime dall'alto della Croce”?
Non è forse vero che le ingratitudini e le incomprensioni, amate ed accettate per Gesù, sono feconde di conversioni e di salvezza?


Nel 31° anniversario (7 gennaio 1999) della sua entrata come parroco del SS.mo Redentore, don Mimì narrò brevemente il suo percorso di vita sacerdotale e offrì ancora una riflessione molto significativa per la spiritualità e per la pastorale parrocchiale:

Il 7 gennaio 1968 (31 anni fa), presi possesso canonico di questa parrocchia (cioè diventavo parroco, a pieno titolo, di questa chiesa), succedendo al parroco Gennaro Pezzullo, che aveva rassegnato le dimissioni per motivi di età avanzata e di salute malferma. Diventavo, ancora giovanissimo sacerdote, parroco, dopo di aver svolto delicati incarichi, quali l'insegnamento di religione nelle scuole statali e di materie letterarie del Seminario di Aversa, e l'assistenza spirituale agli allievi dell'Istituto delle Suore “Piccole Ancelle di Cristo Re”, e ai Giovani di Azione Cattolica nella parrocchia di San Rocco, in Frattamaggiore.
Mentre ricordo con gratitudine il Vescovo Cece, di venerata memoria, che mi volle, ad ogni costo, parroco di questa Chiesa, RINGRAZIO DIO per avermi aiutato in questi anni nell'esercizio della mia missione di parroco, e RINNOVO i propositi, che feci nel lontano 7 gennaio 1968 durante la Messa , che celebrai allora, per la prima volta come parroco di questa Chiesa; ecco: mi impegno ad essere, con l'aiuto di Dio, sacerdote, sempre e solo sacerdote, pronto a dare e a darmi, per amore, alle anime. Non vorrò essere un prete semplice FUNZIONARIO, né un prete tutto-fare. Vorrò evangelizzare, predicare – con l'esempio e la parola – il Vangelo nella sua interezza e nella sua autenticità, senza temere le critiche, la impopolarità, perché non è il plauso della gente, non è il rumore di ciò che si fa che garantiscono la retta impostazione e l'efficacia dell'apostolato di un parroco. “Guai a voi – disse Gesù quando tutti diranno bene di voi” (Lc. 6, 25) e “Il bene fa poco rumore, il rumore fa poco bene” ha scritto l'abate Chautard.
Vorrò essere “uomo di preghiera” e, docile alla volontà di Dio agire in piena sintonia con gli insegnamenti del Papa e dei Vescovi. Che Dio mi aiuti a non cedere allo scoraggiamento di fronte agli insuccessi e alle difficoltà dell'apostolato che Dio mi aiuti ad essere fedele a tutti i miei impegni, fino a quando Egli vorrà, fino a quando il Vescovo vorrà.
E a voi fedeli rinnovo l'invito a collaborare, ad aiutarmi, perché un parroco non può fare tutto da sé e perché la parrocchia SIETE VOI. Se volete che la parrocchia viva, dovete lavorare anche voi, collaborando in diversi modi. Lo so: queste cose le ho dette tante volte con scarsi risultati. Ricordate: un vero cristiano non può pensare solo a sé, non può essere semplice spettatore in una comunità parrocchiale. DUNQUE, ci si svegli tutti dal letargo, ci si mobiliti un po' tutti! Basta che mi chiediate, fuori di Messa, che cosa c'è da fare!
TUTTI – PARROCO E FEDELI – AL LAVORO! Perché…SENZA LA PARTECIPAZIONE DI TUTTI NON C'È VERA COMUNITÀ PARROCCHIALE.


Tra le omelie di don Mimì che si leggono sul portale del Redentore, si ritrova qualcuna ricca di spunti esortativi per la catechesi ai giovani. Personalmente con questa lettura mi pare di riascoltare l’insegnamento da lui ricevuto insieme con gli altri giovani della GIAC San Rocco, quando egli era nostro Assistente e ci invogliava ad integrare la nostra riflessione, sulla fede e sul discernimento vocazionale, con la lettura di opere spirituali (Imitazione di Cristo) e di libri dedicati alla guida e alla formazione dei giovani (in particolare quelli scritti e dedicati ai giovani da mons. Toth Tihamer):

GIOVANI !
Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna ? ” (Mt. 19, 16 ss).
Anche ciascuno di voi si pone di simili interrogativi: “Qual è il senso della vita? In che direzione orientarla? Su quale fondamento devo costruirla ? Su quali mezzi fare affidamento? Se desiderate, GIOVANI, trovare una risposta a tali domande, che forse angosciavano anche il giovane del Vangelo, AVVICINATEVI - come questi - al Maestro, CERCATE CRISTO, che è maestro, modello, amico, CRISTO, che è colui che ha parole di vita eterna.
Cercatelo nella preghiera, nel dialogo sincero ed assiduo con Lui!
Cercatelo nella Sua Parola, nei Vangeli!
Accostatevi ai Sacramenti della Confessione e dell'Eucaristia!
Così troverete risposta a tutte le vostre inquietudini e scoprirete con gioia che la coerenza di vita, ch'Egli ( Gesù ) vi chiede, è la porta per ottenere la realizzazione degli aneliti della vostra anima .
SE VUOI ENTRARE NELLA VITA, OSSERVA I COMANDAMENTI”, rispose Gesù al giovane.
Cari giovani, per entrare nella vita, per giungere al Cielo, bisogna osservare i Comandamenti (“NON UCCIDERE” etc ).
Dovete amare Gesù con le opere, vivere con coerenza alla luce del Vangelo. Non guardate mai ai comandamenti come a qualcosa di negativo, come a qualcosa che limita la libertà. Al contrario, nell'osservazione dei Comandamenti è anche il segreto, per conseguire la felicità già in questa vita. Giovani, la vera felicità è non nel piacere, non nel possesso dei beni materiali, non nella sete di potere; si è felici per quello che si è, non per quello che si ha: la felicità vera è dentro il cuore, è nell'amare, è nel darsi per il bene degli altri senza attendersi nulla in cambio. La vera felicità è nell'amore verso Dio e il prossimo, amore, ch'è la sintesi dei Comandamenti.
E ciò non è facile. Sì ! Spesso c'è bisogno di grande coraggio, per andare contro corrente, contro la mentalità di questo mondo. Ma è l'unica via per costruire una vita riuscita in pieno.
IL GIOVANE disse poi a Gesù:- Tutto questo io l'ho fatto! – Sin dalla mia adolescenza (Mc. 10, 20).
Quel giovane aveva osservato i comandamenti; per questo, osò avvicinarsi con fiducia a Gesù; per questo osò chiamarlo Maestro.
Se voi, ragazzi e ragazze che mi ascoltate, desiderate riconoscere Gesù, dovete essere disposti ad osservare i Comandamenti. Se talvolta Il volto di Gesù svanisce dalla vostra vita, se qualche volta vi assale il pensiero che Dio non esiste, chiedetevi seriamente se state osservando i Comandamenti.
Non dimenticare che spesso la perdita della fede non è una problema intellettuale, ma una questione di comportamento. E ricordate che il primo passo per recuperare una fede apparentemente perduta, può essere quello di accostarvi al Sacramento della Penitenza, nel quale lo stesso Gesù vi aspetta per perdonarvi, per abbracciarvi, per incominciare una nuova vita. E, se nonostante i vostri sforzi per seguire Cristo, alcune volte siete deboli e cedete alle tentazioni, trasgredendo i Comandamenti, non vi scoraggiate!
Cristo continua ad attendervi, Cristo l'unico amico che non vi delude mai!
GIOVANI! SIATE GENEROSI NEL SEGUIRE GESÚ PIÚ DA VICINO! SIATE DISPOSTI PERSINO A DEDICARGLI TOTALMENTE IL VOSTRO CUORE!
INSOMMA, DITE SEMPRE “SÍ” AL CRISTO ED EGLI VI COLMERÁ DELLA VERA GIOIA.



Un’altra omelia per i giovani svolta in occasione della XII GMG - Giornata Mondiale della Gioventù - di Parigi ( Agosto 1997):

XII GIORNATA MONDIALE – AGOSTO '97 – PARIGI
Ricordate i discepoli che, accorsi sulle rive del Giordano per ascoltare le parole dell'ultimo dei grandi profeti, Giovanni il Battezzatore, si videro indicare in Gesù di Nazaret il Messia, l'agnello di Dio? Essi, incuriositi, decisero di seguirlo a distanza, quasi timidi e impacciati, finchè Gesù stesso, voltatosi domandò: “Che cercate?”, suscitando quel dialogo che avrebbe dato inzio all'avventura di Giovanni, di Andrea, di Simone, Pietro e degli altri apostoli (Gv 1, 29 – 51).
Viviamo in un'epoca di grandi trasformazioni, nella quale tramontano rapidamente ideologie che sembravano dover resistere a lungo all'usura del tempo. L'umanità si ritrova spesso incerta, confusa e preoccupata, ma la parola di Dio non tramonta e, nel mutare degli eventi, resta stabile e luminosa. La fede della Chiesa è fondata su Gesù, unico Salvatore del mondo: ieri, oggi e sempre (Eb 13, 8). CARI GIOVANI!
Riandando col pensiero alle vostre parole negli incontri che ho avuto la gioia di vivere durante… mi pare di leggervi, pressante e viva, la stessa domanda dei discepoli “Maestro dove abiti?”.
SAPPIATE riascoltare, nel silenzio della preghiera, la risposta di Gesù: “venite e vedrete”. CARI! Come i primi discepoli, SEGUITE GESU'!”, non abbiate paura di avvicinarvi a Lui, di varcare la soglia della sua casa, di parlare con Lui faccia a faccia, come ci si intrattiene con un amico.
Non abbiate paura della “vita nuova” ch'Egli vi offre: Lui stesso vi dà la possibilità di accoglierla e di metterla in pratica, con l'aiuto della sua Grazia e il dono del suo Spirito.
E' vero: Gesù è un amico esigente, che indica mete alte, chiede di uscire da se stessi per andargli incontro, affidando a Lui tutta la vita.
Ma - vi domando- è meglio rassegnarsi ad una vita senza ideali o piuttosto cercare generosamente la verità, il bene, la giustizia, anche a costo di dover affrontare le prove che ciò comporta?
Abbattete la barriere della superficialità e della paura! Conversate con Gesù nella preghiera e nall'ascolto della Parola; gustate la gioia della riconciliazione nel sacramento della Penitenza, ricevete il Corpo e il Sangue di Cristo nell'Eucaristia; accoglietelo e servitelo nei fratelli, specie nei poveri, negli emarginati.
Venite e vedrete”
Gesù abita particolarmente nelle vostre parrocchie, nelle comunità in cui vivete, nelle associazioni e nei movimenti ecclesiali, di cui fate parte.
Così, illuminati dalla parola e fortificati dal Pane dell'Eucaristia (non manchi mai il Pane eucaristico nella vostra vita, chè da esso potrete trarre la forza per testimoniare la fede!), VOI – GIOVANI – siete chiamati ad essere Testimoni credibili del Vangelo di Cristo; VOI – GIOVANI – siete chiamati a costruire, come veri missionari di Cristo, la civiltà dell'amore.


Ancora per i giovani, dal suo Testamento Spirituale:

Mi rivolgo a voi, giovani. Siete voi, che cercate, più di tutti, la strada giusta della vita, desiderate conoscere la verità e volete vivere la vita nella sua pienezza. Siate veramente coscienti che solo Gesù vi può dare questo. Solo lui può dirvi: “Io sono la via, la verità e la vita” (Gv.14,6).


Tra le omelie di don Mimì si legge anche una dedicata a Maria in occasione della solennità dell’Immacolata Concezione del 1994. Per le lodi alla Vergine egli filialmente fa riferimento alle parole della preghiera formulata dal santo padre Pio XII. Il culto e la devozione mariana sono sempre stati aspettì irrinunciabile della pastorale ecclesiale e giovanile di don Mimì. Ancora personalmente ricordo le raccomandazioni a noi giovani per l’affidamento a Maria nella nostra vita spirituale e di fede. Nel 1967, di ritorno da una esperienza biennale di lavoro lontano dal paese, volli significargli il tesoro delle sue raccomandazioni con il dono di una statuina in gesso della Madonna che acquistai presso le Paoline di Piazza Immacolata di Taranto. Leggiamo la sua omelia mariana:

Le verità di fede (= i dogmi) finora definite dalla Chiesa a riguardo della Madonna sono 4: in ordine cronologico,
la divina MATERNITÁ (nel concilio di Efeso, 431),
la perpetua VERGINITÁ (nel Lateranense 1 o , 649-653),
l'IMMACOLATA CONCEZIONE (dal papa Pio IX, 8. 12. 1854),
l'ASSUNZIONE CORPOREA (dal papa Pio XII, 1. 11. 1950).

Oggi si festeggia l'Immacolata Concezione di Maria, per cui crediamo ch'Ella, “fin dal 1 o istante dalla sua concezione nel grembo materno, per singolare privilegio di Dio e in virtù dei meriti di Gesù, fu preservata dal peccato originale”. Mentre rinnoviamo la fede in questo dogma, rivolgerò a Maria la preghiera composta da Pio XII:
Rapiti dal fulgore della tua celeste bellezza e sospinti dalle angosce del secolo, ci gettiamo tra le tue braccia, o Immacolata Madre di Gesù e Madre nostra, Maria, fiduciosi di trovare nel tuo Cuore l'appagamento delle nostre aspirazioni e il porto sicuro fra le tempeste, che da ogni parte ci sospingono.
Benché avviliti dalle colpe e sopraffatti da tante miserie, ammiriamo la ricchezza di eccelsi doni, di cui Dio ti ha ricolmata al di sopra di ogni altra creatura, dal 1 o istante del tuo concepimento fino al giorno, in cui, assunta in cielo, ti ha incoronata Regina dell'Universo.
O FONTE limpida di fede, irrora con le eterna verità le nostri menti! O GIGLIO flagrante di santità, avvinci i nostri cuori col tuo celestiale profumo! O TRIONFATRICE del male e della morte, ispiraci orrore al peccato. Ascolta, o PREDILETTA di Dio, l'ardente grido, che da ogni cuore fedele s'innalza a Te: chinati sulle doloranti nostre piaghe! Muta le menti dei malvagi, asciuga le lagrime dei sofferenti, conforta i poveri, spegni gli odi, addolcisci gli animi, custodisci il fiore della purezza soprattutto nei giovani. PROTEGGI LA CHIESA ! FA' che tutti sentano il fascino della bontà! Nel tuo nome tutti si riconoscano fratelli e membri di una sola famiglia, su cui risplenda il sole di una universale e sincera pace!
ACCOGLI, o madre dolcissima, le umili nostre suppliche e ottienici soprattutto che possiamo un giorno ripetere dinanzi al tuo trono, beati con Te, l'inno che oggi si leva intorno ai tuoi altari in ogni parte del mondo cattolico:

TUTTA BELLA SEI, O MARIA!
TU GLORIA, TU LETIZIA, TU AMORE DEL NOSTRO POPOLO!
COSI SIA!



Concludo con la lettura di una preghiera che don Mimì ha personalmente lasciato alla comunità ecclesiale:

Fedeli carissimi,

io sono il vostro parroco, ossia proprietà vostra,

come vostra è l'abitazione, come vostra è la vita.

Voi avete un cuore che vi appartiene,
voi avete una vita che vi appartiene:
ecco, io sono il vostro parroco.
Sono tutto per voi.
Il mio programma è molto semplice:
salvare le vostre anime.
Per voi dovrò pregare, soffrire, agonizzare.
Giuro che lo farò!
Che Gesù mi conceda di essere ciò che egli vuole che io sia,
che mi conceda di pensare ciò che egli vuole che io pensi,
che mi conceda di fare ciò che egli vuole che io faccia,
che mi conceda di dire ciò che egli vuole che io dica,
che mi conceda di amare coloro che egli mi dà da amare!
Che Gesù mi dia il coraggio di soffrire con amore
ciò che egli vuole che io soffra,
in lui e per lui,
sempre!
Amen!

Don Domenico Padricelli


FONTI ICONOGRAFICHE
Parroccchia Ss.mo Redentore
Parrocchia San Rocco
Fototeca di Alessandro Gelso, Alfonso Minicucci, Antonio Anatriello e di altri della GIAC San Rocco
Fototeca personale