sabato 16 maggio 2020

La devozione mariana di San Pasquale


Vita. San Pasquale Baylon da giovane ed umile pastorello desiderò ardentemente di divenire frate francescano nel convento di Santa Maria di Loreto presso il quale egli portava le sue pecore al pascolo. Nacque e morì in un giorno di Pentecoste: il 16 Maggio 1540 a Torre Hermosa ed il 17 Maggio 1592 a Villareal. 
La sua vocazione religiosa fu intensamente vissuta, impegnata nello studio autodidatta, arricchita di ascetiche attese, incoraggiata da visioni divine e dalla apparizione dei Santi Francesco e Chiara. 
La spiritualità eucaristica, unita alla devozione mariana, fu il tratto fondamentale della sua vita religiosa, interamente vissuta nell’obbedienza dell’umile frate servitore del convento e dei poveri, e nella costante contemplazione del mistero della presenza sacramentale del Signore. 
In un contesto storico caratterizzato dalla disputa con i protestanti che si affermavano in Europa, Pasquale viaggiò molto per il suo Ordine ed affinò i ragionamenti a difesa e a testimonianza della fede cattolica. Scrisse anche un compendioso trattato teologico ed apologetico che fu utilissimo per i molti suoi confratelli studiosi e teologi impegnati nelle controversie dell’epoca. 
La sua vita fu ricca di carità e di segni miracolosi, e la sua morte fu accompagnata da prodigi collegati alla sua devozione e alle celebrazioni eucaristiche nella Chiesa del suo convento. Era stato ammesso tra i francescani alcantarini nel 1564, come fratello laico, dopo 6 anni dalla sua richiesta e dopo aver dato prova di una vocazione santa ed irrinunciabile. 
Fu proclamato beato nel 1618 e fu canonizzato nel 1690. Il suo culto si diffuse subito a Roma, in Spagna, nel Regno di Napoli e negli altri luoghi della dominazione spagnola e della missione francescana nel mondo.


Devozione mariana. La vita del santo francescano è stata narrata da vari autori e con vari intenti, da quelli processuali ecclesiastici disposti per la beatificazione e la canonizzazione nel XVII secolo a quelli apologetici e devozionali divulgati fino ai tempi più recenti. 
Non mancano saggi e ricerche scritti e svolte per documentare anche il valore teologico ed il significato spirituale dell’opera autografa di San Pasquale (il cartapacio) ricca di riflessioni sulla fede e di esercizi orazionali. 
Una vasta biblioteca ed un ampio repertorio museale sono dislocati in Spagna e a livello internazionle in vari luoghi francescani ed accademici, ed assumono una posizione di riferimento le opere del Santuario di Villareal, la Basilica Pontificia dedicata alla custodia delle reliquie del santo.

Nel 1601 padre J. Ximenez dedicò decine di pagine del suo libro (Chronica del B. Fray Pasqual Baylon) alla presentazione dei testi autografi del frate per il quale era in corso il processo canonico.
Da questo libro ho ricavato qualche spunto per una piccola dedica mariana di maggio, nel giorno dedicato al santo di cui porto il nome, fatta con le parole di frate Pasquale.
Il riferimento a Maria è immediatamente presente nella intestazione del cartapacio manoscritto del santo.



Si leggono poi, tra le numerose redatte dal santo, alcune preghiere e riflessioni devozionali rivolte alla Vergine Santa. Esse sono particolarmente belle e semplici e le leggiamo di seguito nelle parole originali della madre lingua e con sicuro frutto spirituale.



In questi componimenti di frate Pasquale risultano interessanti sia la moderna visione ecclesiologica della fede (Maria Madre della Chiesa) e sia il sentimento della umile poesia che si lega alla sua preghiera (le rose bianche delle Ave Maria con le rose rosse dei Pater noster che vanno a comporre l’inedito formulario del Rosario di Gesù).

Nella Liturgia delle Ore del proprio di San Pasquale (17 maggio) è riportato per l'Ufficio delle Letture questo testo del Santo:

Dagli «Scritti» di san Pasquale Baylon (Ed. I. Sala, Toledo 1811, pp. 78ss., 85ss.)

Bisogna cercare Dio sopra ogni altra cosa
Poiché Dio desidera ardentemente donarci cose buone, abbi la certezza che egli ti darà tutto quello che tu chiedi. Non chiedere comunque nulla prima che Dio non ti abbia mosso a chiedere, in quanto egli è più disposto ad esaudire la tua richiesta che tu a chiedere; egli sempre aspetta che noi chiediamo. Per cui a chiedere ti spinga più la volontà di Dio che vuole donarti, anziché la necessità di chiedere: le preghiere quindi devono essere sempre fatte in vista dei meriti di nostro Signore Gesù Cristo. Esercita quindi la tua anima in continue ed intense azioni, desiderando quello che Dio desidera, rimuovendo dalla tua volontà tutto ciò che di bene o guadagno potrebbe a te venire da quella richiesta. Anzi questo chiedi sommamente: che Dio sia cercato sopra ogni altra cosa. È infatti cosa degna che prima e soprattutto si cerchi Dio, anche perché la divina Volontà vuole che riceviamo ciò che chiediamo per divenire più idonei a servirlo ed amarlo più perfettamente. Tutte le tue preghiere siano fatte con questa disposizione, e quando chiedi questo, chiedilo per amore e con amore, istantemente e importunamente. Separa il tuo cuore dalle cose di questo mondo; e ricordati che in questo ,| mondo niente altro esiste se non tu e Dio solo. Non allontanare, neppure per breve tempo, il tuo cuore da Dio; i tuoi pensieri siano semplici e umili; sempre sollecita la tua attenzione su te stesso, ed il tuo amor di Dio sopra tutte le cose come profumo che si spande. Rendere grazie a Dio non è altro che un atto interno dell'anima per il quale uno riceve un bene celeste riconoscendo Dio immenso e Signore dell'universo, dal quale viene ogni bene; e gode per tutta la gloria che ne viene a Dio, in quanto è stato reso degno di tale grazia, per cui è pronto ad amare Dio sempre più e a servire il Datore di ogni bene. Quando ricevi qualche dono da Dio offrigli quello che sei con gioia e letizia, umiliando te stesso e disprezzandoti, rinunciando alla tua volontà in modo da poterti dedicare interamente al suo servizio. Rendi molte, anzi infinite grazie, rallegrandoti della potenza e della bontà del Signore, che ti elargisce doni e benefici, per i quali ora gli rendi grazie. E se vuoi che il tuo rendimento di grazie sia accetto a Dio, prima di farlo, umilia, rinnega e disprezza te stesso, riconoscendo la tua povertà e miseria, sì da comprendere che tutto quello che hai, lo hai ricevuto dalla munificenza di Dio, godendo e rallegrandoti nel vederti arricchito di grazia e di doni, e poco considerando il bene o l'utilità che ne potrebbe derivare, affinché tu possa meglio servire Dio.