Vita.
San
Pasquale Baylon da giovane ed umile pastorello desiderò ardentemente
di divenire frate francescano nel convento di Santa Maria di Loreto
presso il quale egli portava le sue pecore al pascolo. Nacque e morì
in un giorno di Pentecoste: il 16 Maggio 1540 a Torre Hermosa ed il
17 Maggio 1592 a Villareal.
La sua vocazione religiosa fu
intensamente vissuta, impegnata nello studio autodidatta, arricchita
di ascetiche attese, incoraggiata da visioni divine e dalla
apparizione dei Santi Francesco e Chiara.
La spiritualità
eucaristica, unita alla devozione mariana, fu il tratto fondamentale
della sua vita religiosa, interamente vissuta nell’obbedienza
dell’umile frate servitore del convento e dei poveri, e nella
costante contemplazione del mistero della presenza sacramentale del
Signore.
In un contesto storico caratterizzato dalla disputa con i
protestanti che si affermavano in Europa, Pasquale viaggiò molto per
il suo Ordine ed affinò i ragionamenti a difesa e a testimonianza
della fede cattolica. Scrisse anche un compendioso trattato teologico
ed apologetico che fu utilissimo per i molti suoi confratelli
studiosi e teologi impegnati nelle controversie dell’epoca.
La sua
vita fu ricca di carità e di segni miracolosi, e la sua morte fu
accompagnata da prodigi collegati alla sua devozione e alle
celebrazioni eucaristiche nella Chiesa del suo convento. Era stato
ammesso tra i francescani alcantarini nel 1564, come fratello laico,
dopo 6 anni dalla sua richiesta e dopo aver dato prova di una
vocazione santa ed irrinunciabile.
Fu proclamato beato nel 1618 e fu
canonizzato nel 1690. Il suo culto si diffuse subito a Roma, in
Spagna, nel Regno di Napoli e negli altri luoghi della dominazione
spagnola e della missione francescana nel mondo.
Devozione
mariana. La vita del santo francescano è stata narrata da vari
autori e con vari intenti, da quelli processuali ecclesiastici
disposti per la beatificazione e la canonizzazione nel XVII secolo a
quelli apologetici e devozionali divulgati fino ai tempi più
recenti.
Non mancano saggi e ricerche scritti e svolte per
documentare anche il valore teologico ed il significato spirituale
dell’opera autografa di San Pasquale (il cartapacio) ricca di
riflessioni sulla fede e di esercizi orazionali.
Una vasta biblioteca
ed un ampio repertorio museale sono dislocati in Spagna e a livello
internazionle in vari luoghi francescani ed accademici, ed assumono
una posizione di riferimento le opere del Santuario di Villareal, la
Basilica Pontificia dedicata alla custodia delle reliquie del santo.
Nel
1601 padre J. Ximenez dedicò decine di pagine del suo libro
(Chronica del B. Fray Pasqual Baylon) alla presentazione dei
testi autografi del frate per il quale era in corso il processo
canonico.
Da
questo libro ho ricavato qualche spunto per una piccola dedica
mariana di maggio, nel giorno dedicato al santo di cui porto il nome,
fatta con le parole di frate Pasquale.
Il
riferimento a Maria è immediatamente presente nella intestazione del
cartapacio manoscritto del santo.
Si
leggono poi, tra le numerose redatte dal santo, alcune preghiere e
riflessioni devozionali rivolte alla Vergine Santa. Esse sono
particolarmente belle e semplici e le leggiamo di seguito nelle
parole originali della madre lingua e con sicuro frutto spirituale.
In
questi componimenti di frate Pasquale risultano interessanti sia la
moderna visione ecclesiologica della fede (Maria Madre della
Chiesa) e sia il sentimento della umile poesia che si lega alla
sua preghiera (le rose bianche delle Ave Maria con le rose
rosse dei Pater noster che vanno a comporre l’inedito
formulario del Rosario di Gesù).
Nella Liturgia delle Ore del proprio di San Pasquale (17 maggio) è riportato per l'Ufficio delle Letture questo testo del Santo:
Dagli
«Scritti» di san Pasquale Baylon (Ed. I.
Sala, Toledo 1811, pp. 78ss., 85ss.)
Bisogna
cercare Dio sopra ogni altra cosa
Poiché
Dio desidera ardentemente donarci cose buone, abbi la certezza che
egli ti darà tutto quello che tu chiedi. Non chiedere comunque nulla
prima che Dio non ti abbia mosso a chiedere, in quanto egli è più
disposto ad esaudire la tua richiesta che tu a chiedere; egli sempre
aspetta che noi chiediamo. Per cui a chiedere ti spinga più la
volontà di Dio che vuole donarti, anziché la necessità di
chiedere: le preghiere quindi devono essere sempre fatte in vista dei
meriti di nostro Signore Gesù Cristo. Esercita quindi la tua anima
in continue ed intense azioni, desiderando quello che Dio desidera,
rimuovendo dalla tua volontà tutto ciò che di bene o guadagno
potrebbe a te venire da quella richiesta. Anzi questo chiedi
sommamente: che Dio sia cercato sopra ogni altra cosa. È infatti
cosa degna che prima e soprattutto si cerchi Dio, anche perché la
divina Volontà vuole che riceviamo ciò che chiediamo per divenire
più idonei a servirlo ed amarlo più perfettamente. Tutte le tue
preghiere siano fatte con questa disposizione, e quando chiedi
questo, chiedilo per amore e con amore, istantemente e
importunamente. Separa il tuo cuore dalle cose di questo mondo; e
ricordati che in questo ,| mondo niente altro esiste se non tu e Dio
solo. Non allontanare, neppure per breve tempo, il tuo cuore da Dio;
i tuoi pensieri siano semplici e umili; sempre sollecita la tua
attenzione su te stesso, ed il tuo amor di Dio sopra tutte le cose
come profumo che si spande. Rendere grazie a Dio non è altro che un
atto interno dell'anima per il quale uno riceve un bene celeste
riconoscendo Dio immenso e Signore dell'universo, dal quale viene
ogni bene; e gode per tutta la gloria che ne viene a Dio, in quanto è
stato reso degno di tale grazia, per cui è pronto ad amare Dio
sempre più e a servire il Datore di ogni bene. Quando ricevi qualche
dono da Dio offrigli quello che sei con gioia e letizia, umiliando te
stesso e disprezzandoti, rinunciando alla tua volontà in modo da
poterti dedicare interamente al suo servizio. Rendi molte, anzi
infinite grazie, rallegrandoti della potenza e della bontà del
Signore, che ti elargisce doni e benefici, per i quali ora gli rendi
grazie. E se vuoi che il tuo rendimento di grazie sia accetto a Dio,
prima di farlo, umilia, rinnega e disprezza te stesso, riconoscendo
la tua povertà e miseria, sì da comprendere che tutto quello che
hai, lo hai ricevuto dalla munificenza di Dio, godendo e
rallegrandoti nel vederti arricchito di grazia e di doni, e poco
considerando il bene o l'utilità che ne potrebbe derivare, affinché
tu possa meglio servire Dio.
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