Prologo
- La motivazione storica e spirituale dell'evangelizzazione del
Norico è alla base della considerazione di San Severino come uno dei
Santi Patroni dell'Austria e della Baviera. La
stessa motivazione, estesa alla sua opera sociale e di soccorso alle
popolazioni in difficoltà della frontiera danubiana dell'impero
romano, in epoca recente lo ha fatto proclamare patrono particolare
della Caritas austriaca.
La Via Severini, concettualmente legata al pellegrinaggio che oggi si fa verso la meta religiosa del santuario che custodisce le spoglie del monaco evangelizzatore, attraversa la storia e i luoghi che da Vienna a Frattamaggiore sono stati testimoni e custodi della sua opera e del suo culto.
1.
Evangelizzazione del Norico - La Vita Sancti Severini fu
scritta all'inizio del V secolo dall’abate Eugippo in 46
Capitula che ripercorrono le tappe della evangelizzazione dei
popoli del Norico (Noricum: regione dell'impero romano
corrispondente alle odierne Austria e Baviera), narrano la vicenda
spirituale del santo monaco evangelizzatore fino alla sua morte, e
descrivono la traslazione in Italia al seguito di Odoacre.
Da
questa Vita si apprende che Severino nacque intorno al 410 e
in giovinezza fu monaco contemplativo in oriente; si pensò che fosse
di origine africana, ma la bontà del suo linguaggio latino lo fece
ritenere figlio di nobile romano.
Nonostante
la scarsità dei documenti circa l'origine e la giovinezza di
Severino, la critica storica gli riconosce una formazione dottrinale
ed ascetica realizzata al contatto con il pensiero dei Padri
orientali e con il monachesimo basiliano.
Mentre
era eremita Severino maturò la vocazione che lo portò a trasferirsi
nel Norico e a svolgere opera
di apostolato tra le genti di quella regione. Nel 454, ormai uomo
maturo e “come nuovo Mosè”, egli raggiunse quelle terre
che avevano subito le devastazioni di Attila, morto l'anno prima, e
che vedevano il cristianesimo affermarsi con difficoltà nel
miscuglio delle religioni praticate dalle genti della frontiera del
Danubio.
Nella
Romania danubiana esisteva una vita religiosa cristiana basata
su una rete di monasteri e chiese
sparse che aspettavano una guida unificante. Severino si presentò
dotato di grande fascino e con un potere profetico e carismatico che
aveva del miracoloso. Fu riconosciuto come uomo di Dio dalle genti
barbare ed avviò la sua predicazione ispirata alla dottrina San
Paolo e al desiderio del Regno di Dio; basò la sua opera soprattutto
sulla carità verso i fedeli e verso gli stessi barbari.
La
sua prima tappa fu Asturis (Klosterneuburg), la più
orientale città del Norico.
Di lì il suo impegno fu sempre più ampio e si diffuse per tutto il
Norico occidentale, giungendo fino alla Rezia.
A Favianes (Mautern) Severino fondò un monastero che elesse
come sua sede principale, e a 5 miglia di distanza si costruì una
celletta solitaria con la speranza di vivere in ritiro e
contemplazione. Ma gli eventi lo costringevano ad agire nell'opera
sociale e di soccorso alle popolazioni. Da Favianes la sua
opera, sviluppata tra Vindobona (Vienna) e Passavia
(Passau
in Baviera), si estese con sistematicità per
tutto il Norico e raggiunse la Drava.
Per
realizzare la sua opera religiosa Severino pensò di fondare molti
nuclei monastici, e cercò di dirigere la vita dei monaci con regole
ben stabilite, basate sul consiglio sulla disciplina e sulla
provvisorietà della dimora terrena; predilesse l'intervento
colloquiale rispetto a quello formale e scritto proprio di altre
Regole monastiche. Senza
sosta egli ricordava ai suoi monaci che il distacco dalle cose del
mondo era un bene irrinunciabile per la vita monastica.
La
Regula Magistri precorritrice della Regula Benedicti fu
sicuramente ispirata all'insegnamento di Severino e,
nell'attribuzione all'abate Eugippo suo discepolo ed agiografo, fu
scritta nell'ambito del monachesimo campano formatosi intorno al suo
santuario napoletano.
2.Traslazione
in Italia - Sei anni dopo la morte di Severino, nel 488, Odoacre
ordinò l'evacuazione
dei romani dalla Pannonia, regione contigua al Norico, e li fece
trasferire in Italia per sfuggire le invasioni barbariche. I
discepoli del santo, guidati dall'abate Lucillo suo successore e
memori della sua volontà di far trasportare la sua reliquia in
Italia, prepararono un'arca ed aprirono il suo sepolcro nel convento
“juxta Fabiana”. Essi prelevarono il corpo ancora intatto
e, tra il canto di salmi, lo posero nell'arca e si avviarono in
Italia.
Si
ebbe così la prima traslazione del corpo del santo, da Faviana
al Montefeltro (altri dicono: Feltro, Monte Faletro o
Feretro). Si narra che lungo la strada lo spirito di san
Severino era di guida e di difesa per il seguito di monaci e di
genti; e numerosi furono i miracoli che operò ad ogni tappa e lungo
la via.
Il
corpo sostò a Montefeltro fino al 492; fino a quanto il papa Gelasio
non propose che fosse
traslato a Napoli e deposto nel Castro Lucullano. Si ebbe così
la seconda traslazione della reliquia
di San Severino, che fu curata dall'abate Marciano, successore di
Lucillo, e con il beneplacito
di San Vittore, vescovo di Napoli. Fino ad un ventennio prima il
Lucullano era stata la
prigione dell'ultimo imperatore, Romolo Augustolo, deposto da
Odoacre. Poi si preferì dare una
destinazione più significativa a quell’edificio. Il Castro
Lucullano si trasformò così nella sede
di una comunità monastica, in un complesso di edifici sacri intorno
alla tomba di san Severino
che fu predisposta da una nobildonna aristocratica, Barbaria, forse
la madre del deposto ultimo imperatore.
3.
Monastero di Napoli - Nel 599 il papa Gregorio Magno indirizzava
una lettera al vescovo
san Fortunato di Napoli, al quale chiedeva di donare alcune reliquie
di santa Giuliana e di
san Severino – “sanctuaria beatorum Severini Confessoris et
Julianae martyris” - alla nobildonna
Januaria, la quale intendeva erigere un oratorio ai due santi. In
altra lettera a Pietro
suddiacono, lo stesso papa Gregorio espresse la volontà di
consacrare a san Severino una
chiesa in Roma e di ricevervi alcune reliquie di lui.
Nel
X secolo si ebbe la terza traslazione del corpo del santo, dal Castro
Lucullano al monastero napoletano
urbano che venne a lui dedicato. Il monastero urbano era stato voluto
da Atanasio II,
vescovo di Napoli, che raccolse un gruppo di 15 monaci benedettini in
una chiesetta situata al
Vicus Missi, poi divenuto Vicus monachorum, che era
stata fondata tra l'845 e l'847 dal nobile
napoletano Adriano. La
cronaca della traslazione fu scritta da Giovanni diacono negli Acta
translationis Sancti Severini
Abbatis. I saraceni avevano imperversato per le coste
meridionali ed i napoletani furono
costretti a distruggere in 5 giorni il Castro Lucullano, dove
era venerato il corpo di san Severino. L'abate
del monastero urbano chiese il corpo del santo al vescovo di Napoli
Stefano III e al duca
di Napoli Gregorio IV. La concessione di questi due personaggi
consentì la traslazione che
si realizzò il 10 settembre del 902 in pompa solenne con la presenza
del Vescovo dei Chierici
del Duca della nobiltà e con grande concorso di popolo. Giovanni
diacono nella sua cronaca
narra anche del prodigio di una pioggia di stelle che aveva
accompagnato la notizia della
morte del capo degli invasori saraceni.
La
cripta del convento benedettino napoletano accolse le spoglie di San
Severino, ed i monaci le tennero in grandissima venerazione. Grazie
ai benedettini la memoria del santo monaco fu celebrata prima nei
martirologi antichi come quello del Venerabile Beda, ed estesa poi in
ogni contrada
italiana ed europea.
Per
circa nove secoli fino al 1807, epoca della soppressione degli ordini
religiosi nel periodo napoleonico, le spoglie di san Severino
riposarono nella cripta accanto alle spoglie del martire san Sossio
traslate dai monaci dalla basilica di Miseno nella seconda metà del
X secolo. In
questo lunghissimo tempo il culto e la devozione del santo Abate,
considerato grande precursore dell'ordine di San Benedetto, non fu
separato da quello di san Sossio, e seguì le vicende storiche del
monastero napoletano.
La
presenza e l'importanza del Monastero dei Santi Severino e Sossio
nelle vicende del Regno di Napoli, dal periodo bizantino del X secolo
al periodo borbonico del XIX secolo, sono testimoniate a vari livelli
da privilegi ed influenze culturali notevoli. Il monastero fu
ritenuto da regnanti e popolari come un centro di religiosità, di
arte e di dignità civile. L'abate e i suoi monaci erano tenuti in
gran conto dalle dinastie e presenziavano nei consigli della nobiltà
e nella gestione di vasti territori, diffondendo in ogni luogo la
fama la devozione e la toponomastica legate al culto dei due santi.
A
lungo la devozione popolare napoletana ha attribuito alla preghiera
fatta sulla tomba di San Sossio
e di San Severino la possibilità di liberare le anime del
Purgatorio; e per secoli lo stemma
del monastero ha contenuto la palma del Martire e il bacolo pastorale
dell'Abate. Oggi
il monastero è sede dell'Archivio di Stato di Napoli.
4.
Basilica di Frattamaggiore - L'ultima traslazione del corpo del
Santo, quella da Napoli alla Parrocchiale
di Frattamaggiore, fu voluta dal frattese arcivescovo Michele
Arcangelo Lupoli, il quale
intese sottrarre le reliquie alla spoliazione in atto nelle chiese
napoletane durante il periodo napoleonico quando furono soppressi gli
ordini religiosi.
Le
vicende della ricognizione del corpo e della sua traslazione sono le
stesse che si raccontano per
la traslazione di San Sossio, patrono di Frattamaggiore. Esse sono
raccontate negli Acta inventionis
Sanctorum corporum Sosii Diaconi ac Martyris Misenati et Severini
Noricorum Apostoli,
scritti nel 1807 dall'illustre prelato.
Attualmente
le sacre spoglie del Santo patrono dell'Austria e della Baviera
riposano nella Basilica Pontificia di Frattamaggiore in una magnifica
cappella, ancora accanto alle spoglie di San Sossio. Ogni anno in
questa città della Campania gruppi di austriaci e di studiosi del
medioevo rinnovano, con la loro visita alla reliquia di San Severino,
la devozione a questo grande santo mai dimenticato.
Bibliografia:
Pasquale Saviano, San Severino, Tip. Cirillo, Frattamaggiore 1995
Portale della meta religiosa frattese
Portale della meta religiosa frattese
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