1.
Riferimenti agiografici. Una particolarità del martirio di Biagio,
vescovo armeno di Sebaste, consiste nel fatto di essere stato subito
dopo il 313, quando grazie all’editto di Costantino erano terminate
ufficialmente le persecuzioni anticristiane. La data accreditata
dagli agiografi è infatti l’anno 316, e si pensa che nei luoghi
lontani da Roma vigessero ancora comportamenti arbitrari e
contrastanti l’autorità imperiale.
La
ricostruzione agiografica parla di Biagio come di un santo medico
cristiano che viene chiamato ad essere vescovo del suo popolo. La sua
fama si lega così a guarigioni miracolose; emblematica è quella
operata, mentre viene condotto a morte, per la liberazione della gola
di un bambino che rischia di morire soffocato da una lisca andata di
traverso. E si lega alla guida spirituale per i tanti cristiani del
suo popolo che vivono le difficoltà della testimonianza e del
martirio. La narrazione agiografica riferisce anche di un intenso
periodo di preghiera e di solitudine da lui vissuto in una spelonca,
per sfuggire alle fasi intense della persecuzione, e per aiutare con
la sua disponibilità con il suo conforto e con i suoi numerosi
miracoli i cristiani in difficoltà che a lui si rivolgevano. Quando
toccò a lui dare testimonianza della sua fede nel Cristo, egli lo
fece con fermezza e coraggio, e affrontò l’atroce tortura dei
pettini di ferro che si usavano per cardare la lana. Egli venne poi
decapitato ed il suo corpo fu sepolto nella chiesa della sua città.
La
pratica devozionale più caratteristica per la festa di San Biagio è
la benedizione della gola dei fedeli operata accostando ad essa due
candele; così come appare simboleggiata nella più nota delle icone
popolari del Santo che si accosta benedicente con le candele
incrociate al bimbo sostenuto dalla madre orante.
Verona - Cappella di San Biagio |
2.
Luoghi e reliquie. Intorno alle reliquie del popolarissimo santo
taumaturgo della gola sono sorte varie tradizioni agiografiche che
individuano in Maratea e in Verona i luoghi principali del suo culto.
Molte altre città vantano la custodia di reliquie di san Biagio, tra
queste la città dalmata di Ragusa (attuale Dubrovnik), Carosino in
territorio tarantino, Ruvo di Puglia, Ostuni nel brindisino, Castel
San Giorgio nel salernitano, Cardito nel napoletano. Moltissimi sono
i paesi e le città che hanno il santo come patrono e con lui un
particolare e sentito legame devozionale; ad esempio Fiuggi che lo
venera dal medioevo come potente e portentoso liberatore e
protettore, Montepulciano che gli ha dedicato un monumentale tempio
extraurbano, e Cardito, in Diocesi di Aversa, che è luogo della
presenza di una antica Ecclesia sancti Blasii (Ratio Decimarum
del XIV secolo).
L’agiografia
veronese riferisce di un cavaliere germanico che nel XII secolo
affida alla città la custodia delle spoglie di San Biagio e di santa
Giuliana, che egli aveva recuperato e portava
con
se sul cammino di ritorno dalla Terra Santa. In Verona ai due santi
fu dedicata una monumentale Cappella nella chiesa dei Santi Nazario e
Celso.
Maratea - Basilica di San Biagio |
La tradizione di Maratea narra di un miracoloso approdo della nave che verso la fine del IV secolo trasportava l’urna con le reliquie di San Biagio. L’urna fu accolta dagli abitanti cristiani e venne custodita nella chiesa situata sull’altura, detta poi Monte san Biagio, che sovrasta la città. La chiesa di Maratea dedicata alla Madonna delle Grazie e a San Biagio risale al VI secolo ed ha il titolo di Basilica Pontificia, ed è un santuario attrattivo di pellegrini e ricco di manifestazioni devozionali.
La
città di Fiuggi commemora nella piazza del borgo superiore, con pile
di legno infuocate (le stuzze), il miracolo di una barriera di
fuoco che San Biagio erse nel periodo feudale per allontanare le
truppe nemiche.
Cardito - Santuario di San Biagio |
Per
la città di Cardito appare importantissimo il riferimento alla
passio e al tipo di martirio subito dal santo vescovo di
Sebaste. Il patronato di San Biagio per questa città appare infatti
il frutto di una pura scelta devozionale operata dalla fede popolare
ed ispirata dalla predicazione agiografica medievale dei monaci
benedettini di Aversa che detenevano la signoria del luogo. Il santo
è ritenuto patrono delle attività agricole e dei cardatori di lana,
a causa del suo corpo lacerato (quasi cardato) dagli uncini dei
carnefici. Nel nome di Cardito risuona in effetti sia il nome dei
cardi, cespugli campagnoli, e sia il nome della cardatura.
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