E' trascorso un secolo dalla nascita di padre Mario Vergara (Frattamaggiore (Italia) 18 Novembre 1910 – Shadaw (Birmania) 25 Maggio 1950). La bibliografia più antica, che ha riguardato la vita del missionario caduto martire, ha riportato in genere la data di nascita del 16 novembre 1910.
Le recenti ricerche nell'Archivio Comunale e nell'Archivio Parrocchiale della città natale hanno portato a rilevare il 18 novembre 1910 come data di nascita ed il 20 novembre 1910 come data del battesimo.
L’opera fondamentale sulla vita e sul martirio di Mario Vergara è la biografia scritta dal suo confratello padre Ferdinando Germani del PIME (Germani F., P. Mario Vergara, Martire della Fede e della Carità in Birmania). L’opera edita a Napoli nel 1987 ha il carattere di una vasta e documentata ricerca agiografica, ricca di contributi storici, geografici, religiosi e testimoniali. Tutti i contributi offrono spunti, tratti ed episodi della personalità e della vita di padre Mario e hanno valore e significato in una importante storiografia ecclesiastica, sia diocesana e sia propria della congregazione missionaria del Pontificio Istituto Missioni Estere. L’opera di padre Germani, costruita nello scavo storico profondo e nella levità spirituale dell’umile e certosino lavoro fatto per far risaltare la luce del protagonista mediante l’assemblaggio dei numerosi dati e documenti, si compone dei tanti ritratti di padre Mario Vergara colti nelle corrispondenze personali ed ufficiali, nei dialoghi e nelle narrazioni amicali, durante la parabola della sua esistenza terrena.
I contributi narrativi più importanti provengono in primo luogo dai suoi amici di gioventù, don Gennaro Auletta, prete scrittore e giornalista, e mons. Angelo Perrotta, parroco di San Sossio, i quali condivisero con lui il percorso diocesano degli studi vocazionali nei seminari di Aversa e di Posillipo. Poi provengono dai suoi confratelli missionari, da Pasquale Anatriello, compaesano e “in passione socius” in Birmania e nei campi di concentramento in India, da Pietro Galastri, giovane collaboratore che gli fu accanto negli ultimi due anni della missione e nel martirio, da Giovanni Battista Gobbato, divenuto nel 1961 vescovo di Taunggyi in Myanmar, che ne ricordò la profonda spiritualità sacerdotale e la modernità del pensiero pastorale.
Ulteriori apporti conoscitivi della figura di Mario Vergara provengono dal suo maestro di seminario e confratello missionario Pasquale Ziello, dal suo superiore di Ducenta padre Paolo Manna, beatificato nel 2001, e da padre Igino Mattarucco suo successore nella missione che lo vide martire. In particolare da padre Pietro Galastri, suo giovane confratello collaboratore, provengono le testimonianze più vivide e ‘in diretta’ circa il pensiero pastorale e lo stile del lavoro missionario di padre Mario Vergara svolto nel periodo culminante della sua attività e della sua esistenza. Non meno importanti sono i contributi che provengono dalle tante altre e disparate fonti coeve e postume, consistenti nei ricordi occasionali, nelle memorie di contatti, di avvenimenti e situazioni di vita condivisi, delle tante persone, compresi i suoi familiari, che hanno rammemorato il loro incontro fisico e spirituale ed il loro legame con Mario Vergara e la sua opera.
Sulla presentazione della figura di padre Mario Vergara si sono impegnati anche altri autori della storiografia locale (Gaetano Capasso per la storia diocesana, Angelo Perrotta per la memoria pastorale, Sosio Capasso per la storia comunale, Alfonso D’Errico per la comunicazione giornalistica), e sicuramente numerosissime sono anche le testimonianze destinate alla positio del Servo di Dio nel percorso verso la sua beatificazione. Particolarmente interessante si mostra la pista di ricerca, svolta anche nel mio libro (Pasquale Saviano, Padre Mario Vergara la missione più bella - Vita del Servo di Dio, Roma 2010), che si può sviluppare sulla raccolta degli scritti personali del missionario frattese: il dialogo diretto con il suo pensiero e con le sue parole permette la conoscenza immediata di momenti importanti della sua vita, consente la partecipazione sentita alla sua esperienza umana e religiosa, e favorisce la ricezione proficua del suo insegnamento.
Gli scritti di padre Mario Vergara, finora recuperati dall’opera di padre Germani, dalla corrispondenza di mons. Perrotta, dagli Archivi del PIME, dall’opuscolo pubblicato dalla Chiesa di San Sossio di Frattamaggiore, e da qualche altra rara fonte, evidentemente non rappresentano l’intero corpus del missionario ma danno la possibilità, leggendoli e meditandoli, di percorrere un piccolo sentiero in sua compagnia, in ascolto del suo messaggio e nella condivisione spirituale della sua testimonianza del Vangelo.
Scrivere della vita del missionario significa renderne comprensibile il quadro di riferimento vocazionale, il senso religioso dell’opera personale che trova significato teologico nell’opera della Chiesa, considerata nelle sue dimensioni universali e in quelle particolari della Chiesa locale. La riflessione sulla Chiesa missionaria, la Chiesa che padre Mario Vergara ha rappresentato nella lontana terra birmana e che ha dato senso religioso e teologico alla sua opera personale, porta a rilevare il suo fondamento sul Vangelo di Gesù Cristo. La missione della Chiesa, intesa come annuncio del Regno di Dio ed evangelizzazione delle genti, trova fondamento nella chiamata stessa del Signore.
Gesù scelse i suoi discepoli e “chiamò a se quelli che egli volle […] Ne costituì dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare” (Mc 3, 13-15). Egli li mandò ad annunziare il Regno di Dio e a "guarire gli infermi” (Lc 9, 2). Insieme con i dodici Apostoli (= inviati) Gesù “designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a se in ogni città e luogo dove stava per recarsi". Diceva loro “la messe è molta, ma gli operai sono pochi” (Lc 10, 2). Egli li inviava nello sterminato campo dell’evangelizzazione perché curassero i malati ed annunziassero a tutti: “E’ vicino a voi il Regno dei Cieli” (Lc 10, 9). Quei primi missionari del Vangelo tornarono da Gesù “pieni di gioia” (Lc 10, 17) felici di vedere sottomesse le forze del male nel nome del Signore. Gesù aveva dato loro la possibilità di partecipare direttamente alla costruzione del Regno dei Cieli e di viverne il divino mistero. Ai discepoli inviati, e alle genti che ascoltavano l’annuncio del Vangelo, Gesù aveva, infatti, detto: “Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano grazie al vostro Padre che è nei Cieli” (Mt 5, 16).
Fin dall’inizio, così, la comunità dei discepoli di Gesù ha avuto una caratterizzazione missionaria, e attraverso la missione i discepoli vengono introdotti nel mistero di Dio e resi capaci di partecipare con Gesù alla trasformazione e alla salvezza del mondo. Il Vangelo viene compreso con pienezza nella luce della Risurrezione del Maestro: “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi” (Gv 20, 21). Il mandato missionario diviene l’esplicita manifestazione della volontà del Risorto e l’impegno più coerente della Comunità dei credenti per partecipare alla realizzazione del progetto di Dio e della redenzione dell’uomo: “Andate […] e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 19-20). In quello “Andate” detto nel Vangelo di Matteo, e in quel “partirono e predicarono dappertutto” narrato nel Vangelo di Marco, come afferma uno storico della Chiesa, si ritrova il primo anello della catena delle Missioni ed il fondamento dell’edificio missionario della Chiesa.
La peregrinatio della Chiesa per le strade del mondo e per l’annuncio del vangelo di Gesù Cristo è stata nei secoli ininterrotta. All’opera personale dell’apostolo si è sempre accompagnata il sorgere di comunità che hanno continuato il cammino della fede. La storia che giunge fino al secolo scorso ha disposto vie tutte ‘occidentali’ per la propagazione del messaggio missionario; in una modalità forse assimilabile alla disposizione delle ‘vie’ romane dell’impero antico che risultò utile alla diffusione del primo messaggio degli Apostoli. Il messaggio missionario dell’epoca contemporanea, per raggiungere i luoghi della missione in ogni parte del mondo, ha viaggiato soprattutto con i mezzi delle nazioni europee. In queste nazioni si sono sviluppate molteplici iniziative ed istituzioni con lo scopo della missione, che ha assunto anche aspetti confessionali.
Le Missioni Cattoliche in particolare hanno conosciuto una grande fioritura di Congregazioni, di Istituti, di santi per le missioni (Paolina Jaricot, Teresa di Lisieux…) e di santi missionari (Daniele Comboni, Paul Denn…). La Spagna, l’Inghilterra, il Portogallo, la Francia, l’Italia, il Belgio, hanno avuto rispetto ai territori nuovi predominanti interessi coloniali. Ciò ha consentito ai missionari di raggiungere quasi ogni luogo della terra: espressione questa di una grande capacità operativa delle loro organizzazioni e dei loro istituti. Ma ciò li ha fatto anche vivere a contatto con la povertà del mondo, con l’immane sofferenza di villaggi e di popoli interi, in un’epoca di sconvolgimenti politici e bellici, nella condivisione e nell’emancipazione rischiosa ed eroica che spesso li ha portato ad un martirio che è segno non solo religioso dell’evangelizzazione e della redenzione dei popoli: espressione questa di una grande fede nel Vangelo, come quella del nostro padre Mario Vergara.
La riflessione sull’humus storico religioso locale, legato alla scelta e alla testimonianza esemplare di Mario Vergara, porta a dare rilievo ad alcuni dati. In primo luogo si evidenzia la presenza antica del PIME nella diocesi di Aversa con la sua spirituale ed operosa risposta alla sentita istanza missionaria della Chiesa locale. All’Istituto missionario è legata la memoria incancellabile dei numerosi padri, nativi dei numerosi paesi della diocesi, che a partire dall’esperienza formativa del seminario vescovile hanno scelto di procedere sul cammino delle missioni estere. Queste scelte hanno avuto un misterioso legame con il convincimento, con il coraggio e con il persistente rischio del martirio, con l’eroismo del lavoro apostolico svolto secondo il mandato più radicale e l’aspettativa più chiara del Vangelo.
Bibliografia e recensione: