Il
3 Luglio del 1960 Il giovane Mario Milano, in veste di Diacono
stretto dalla sua Comunità, si avviò per essere ordinato Sacerdote.
Sono 52 anni. Quel giorno egli lo rivede nel ricordo e nella
consapevolezza della pienezza sacerdotale del Vescovo.
Allora
la Santa Messa si celebrava ancora in latino e l'avvicinarsi
all'altare del Signore era accompagnato dall' Introibo ad Altare
Dei, ad Deum qui laetificat iuventutem meam: Vado all'Altare di
Dio, a Dio che allieta la mia giovinezza.
Oggi,
insieme con tutti i significati profondi dell'anniversario del
sacerdozio, don Mario, padre Mario, S. E. l'arcivescovo Milano,
celebra dunque un ricordo di giovinezza, di giovinezza perenne
allietata e santificata dal Signore.
Mi
piace annotare questo aspetto della giovinezza e della santificazione
e collegarlo al vescovo Mario. Nella primavera del 1990, durante un
pellegrinaggio a Montevergine, mi ritrovai a dialogare con una suora
che parlava entusiasticamente del giovane vescovo che il papa aveva
mandato a Sant'Angelo dei Lombardi, nell'Irpinia più profonda ancora
ferita dal terremoto. Poi una mattina di qualche anno dopo, appena
giunto ala sede di Aversa, lo incontrai a passeggiare in piazza San
Pietro, giovanilmente elegante con il suo cappello borsalino in
compagnia di don Francesco il suo giovane segretario.
Quel
camminare per salire all'Altare del Signore che allieta la giovinezza
e santifica le speranze dell'uomo credo che sia stato sempre presente
nel suo cuore.
Sue
parole:
“Dall’intima
unione con Dio scaturisce la comunione come dono dello Spirito alla
Sua Chiesa, come segno e strumento dell’unità di tutto il genere
umano. Quanto bisogno ci sia di comunione nella nostra Chiesa è noto
a tutti. Tutti lamentiamo divisioni, lacerazioni, contrapposizioni,
chiusure, mancanza di dialogo e di apertura. Non possiamo negare che
è diffusa una cultura individualistica, che fa fatica ad aprirsi
alla cultura comunionale promossa dal Vaticano II. Da quanto sono in
mezzo a voi, sono impegnato a favorire in tutti i modi la comunione
fraterna tra il clero, i religiosi ed i laici, promovendo incontri di
studio, di lavoro, di preghiera e anche di gioiosa convivialità.
Non c’è altra scuola di comunione, da cui si possa imparare la
grande lezione dell’amore fraterno, che il Cuore di Cristo Signore
sempre attento agli altri fino alla dimenticanza di sè. La stessa
pietà Mariana, vissuta nella sua autenticità di scuola di
spiritualità, ci aiuterà tanto a coltivare la vera comunione nella
nostra Chiesa.
La
Chiesa è santa perché partecipa della santità del Suo Signore, il
solo Santo. Pur sperimentando infatti la triste realtà del peccato
nei suoi membri perché comunità di peccatori, è chiamata tutta ad
essere santa. È quanto ci ricorda il capitolo V della costituzione
Conciliare “Lumen Gentium”. Tutti nella Chiesa sono chiamati ad
essere santi secondo il proprio stato di vita ed i propri doni di
grazia e di natura. Dobbiamo prendere ogni giorno coscienza dì
questa chiamata divina alla santità, ogni giorno è dono di grazia
che il Signore ci elargisce per realizzare il Suo disegno su di noi:
la
nostra santificazione”.
Nessun commento:
Posta un commento