Assisi - Basilica inferiore dipinto del XIV secolo |
Le
Fonti Francescane (FF), in particolare la Vita Prima di
Tommaso da Celano, portano la testimonianza scritta che San Francesco
era diacono. Vi sono anche fonti iconografiche in cui Francesco
appare con il segno proprio e la veste liturgica del diacono: Il
libro del Vangelo e la dalmatica.
La
testimonianza scritta del Celano si riferisce alla notte di Natale
del 1223 quando Francesco si trovava all'eremo di Greccio e volle
realizzare con la gente del luogo una rappresentazione viva della
Natività di Betlemme, il primo presepe vivente della tradizione
popolare natalizia italiana.
Leggiamo
di seguito la narrazione.
E
giunge il giorno della letizia, il tempo dell’esultanza! Per
l’occasione sono qui convocati molti frati da varie parti; uomini e
donne arrivano festanti dai casolari della regione, portando ciascuno
secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella
notte, nella quale s’accese splendida nel cielo la Stella che
illuminò tutti i giorni e i tempi. Arriva alla fine Francesco: vede
che tutto è predisposto secondo il suo desiderio, ed è raggiante di
letizia.
Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si
introducono il bue e l’asinello.
In quella scena commovente
risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si
raccomanda l’umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme.
Questa
notte è chiara come pieno giorno e dolce agli uomini e agli animali!
La gente accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato prima,
davanti al nuovo mistero. La selva risuona di voci e le rupi
imponenti echeggiano i cori festosi. I frati cantano scelte lodi al
Signore, e la notte sembra tutta un sussulto di gioia.
Il
Santo è lì estatico di fronte al presepio, lo spirito vibrante di
compunzione e di gaudio ineffabile. Poi il sacerdote celebra
solennemente l’Eucaristia sul presepio e lui stesso assapora una
consolazione mai gustata prima.
Assisi - Basilica superiore Giotto - Presepe di Greccio |
Francesco
si è rivestito dei paramenti diaconali perché era diacono, e canta
con voce sonora il santo Vangelo: quella voce forte e dolce, limpida
e sonora rapisce tutti in desideri di cielo.
Poi parla al popolo e
con parole dolcissime rievoca il neonato Re povero e la piccola città
di Betlemme.
Spesso, quando voleva nominare Cristo Gesù infervorato
di amore celeste lo chiamava «il Bambino di Betlemme», e quel nome
«Betlemme» lo pronunciava riempiendosi la bocca di voce e ancor più
di tenero affetto, producendo un suono come belato di pecora.
E ogni
volta che diceva «Bambino di Betlemme» o «Gesù», passava la
lingua sulle labbra, quasi a gustare e trattenere tutta la dolcezza
di quelle parole.
Vi
si manifestano con abbondanza i doni dell’Onnipotente, e uno dei
presenti, uomo virtuoso, ha una mirabile visione. Gli sembra che il
Bambinello giaccia privo di vita nella mangiatoia, e Francesco gli si
avvicina e lo desta da quella specie di sonno profondo.
Né la
visione prodigiosa discordava dai fatti, perché, per i meriti del
Santo, il fanciullo Gesù veniva risuscitato nei cuori di molti, che
l’avevano dimenticato, e il ricordo di lui rimaneva impresso
profondamente nella loro memoria. Terminata quella veglia solenne,
ciascuno tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia. (FF 469-470)
Assisi - Basilica superiore Giotto - Innocenzo III approva la Regola |
“Francesco
era diacono”: il Celano rimanda ad un tempo più remoto di quella
notte del 1223 il contesto dell'ordinazione diaconale del santo della
quale non si legge in altra fonte.
Grazie
ad altri luoghi delle fonti francescane si possono avere indicazioni
per giustamente collocare l'ordinazione diaconale nel decennio
precedente ed ancorarla all'approvazione verbale della Vita
(Regola) che Francesco ebbe nel 1209 per la sua fraternità da Papa
Innocenzo III insieme con l'Autorizzazione Apostolica alla
predicazione del Vangelo. Il Papa impose a Francesco e ai suoi Frati
di prendere la tonsura; così rendendoli chierici li pose al servizio
religioso della Chiesa ed evitò la dispersione ereticale della loro
originale esperienza di radicale povertà evangelica. Il cardinale
Ugolino che appoggiò moltissimo le istanze francescane presso il
Papa, anche del successore Onorio III eletto nel 1216, assunse poi il
ruolo di protettore del nascente ordine francescano.
Nel
profondo legame con il Vescovo di Assisi, che venerava come un padre,
e con la Gerarchia di Roma, si ritrova il contesto originario
dell'ordinazione di frate Francesco diacono, prima chierico e
predicatore itinerante, il quale non volle accedere al presbiterato
per umiltà e persistente spirito di servizio ai fratelli e al
Signore.
La
scelta di Francesco di rimanere permanentemente diacono assume oggi
un particolare significato storico-teologico che attiene l'ordine e
la funzione del diaconato in quanto tale nella Chiesa.
Dalla
sua istituzione nella Chiesa apostolica del I secolo fino all'epoca
altomedievale (VI-VII secolo) il diaconato ha avuto sempre una sua
dimensione caratterizzante all'interno dell'ordine ecclesiale
(diacono, presbitero, vescovo); poi per i secoli successivi, fino al
Concilio Vaticano II nel XX secolo, esso è stato vissuto nella
pratica soprattutto come una fase del cammino verso l'ordinazione
sacerdotale. Il Concilio di Trento (XVI secolo) riconobbe e ripropose
il carattere permanente del diaconato, ma esso fu ancora
essenzialmente vissuto come transito per il sacerdozio.
Il
diaconato permanente, che oggi è tornato ad essere vissuto in
maniera significativa nell'ambito dell'ordine ecclesiale, ha poi
ricevuto la sua definizione dal magistero del Vaticano II nella Lumen
Gentium (LG), la costituzione dogmatica sulla Chiesa del 1964.
La
scelta 'minore' di Francesco di rimanere diacono, profetica per
l'esperienza ecclesiale e per la spiritualità del suo tempo, era in
linea con le dimensioni ecclesiali del diaconato delle origini e
ridonava ad esso l'antica forma spirituale della vocazione al
servizio e della carità operante:
“In
un grado inferiore della gerarchia stanno i diaconi, ai quali sono
imposte le mani non per il sacerdozio, ma per il servizio. Infatti,
sostenuti dalla grazia sacramentale, nella diaconia della liturgia,
della predicazione e della carità servono il popolo di Dio, in
comunione col vescovo e col suo presbiterio” (LG III, 29).
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