giovedì 3 ottobre 2013

San Francesco d'Assisi diacono

Assisi - Basilica inferiore
dipinto del XIV secolo
Le Fonti Francescane (FF), in particolare la Vita Prima di Tommaso da Celano, portano la testimonianza scritta che San Francesco era diacono. Vi sono anche fonti iconografiche in cui Francesco appare con il segno proprio e la veste liturgica del diacono: Il libro del Vangelo e la dalmatica.
La testimonianza scritta del Celano si riferisce alla notte di Natale del 1223 quando Francesco si trovava all'eremo di Greccio e volle realizzare con la gente del luogo una rappresentazione viva della Natività di Betlemme, il primo presepe vivente della tradizione popolare natalizia italiana.
Leggiamo di seguito la narrazione.

E giunge il giorno della letizia, il tempo dell’esultanza! Per l’occasione sono qui convocati molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano festanti dai casolari della regione, portando ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s’accese splendida nel cielo la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi. Arriva alla fine Francesco: vede che tutto è predisposto secondo il suo desiderio, ed è raggiante di letizia. 
Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il bue e l’asinello. 
In quella scena commovente risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l’umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme.
Questa notte è chiara come pieno giorno e dolce agli uomini e agli animali! La gente accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato prima, davanti al nuovo mistero. La selva risuona di voci e le rupi imponenti echeggiano i cori festosi. I frati cantano scelte lodi al Signore, e la notte sembra tutta un sussulto di gioia.
Il Santo è lì estatico di fronte al presepio, lo spirito vibrante di compunzione e di gaudio ineffabile. Poi il sacerdote celebra solennemente l’Eucaristia sul presepio e lui stesso assapora una consolazione mai gustata prima.

Assisi - Basilica superiore
Giotto - Presepe di Greccio
Francesco si è rivestito dei paramenti diaconali perché era diacono, e canta con voce sonora il santo Vangelo: quella voce forte e dolce, limpida e sonora rapisce tutti in desideri di cielo. 
Poi parla al popolo e con parole dolcissime rievoca il neonato Re povero e la piccola città di Betlemme. 
Spesso, quando voleva nominare Cristo Gesù infervorato di amore celeste lo chiamava «il Bambino di Betlemme», e quel nome «Betlemme» lo pronunciava riempiendosi la bocca di voce e ancor più di tenero affetto, producendo un suono come belato di pecora. 
E ogni volta che diceva «Bambino di Betlemme» o «Gesù», passava la lingua sulle labbra, quasi a gustare e trattenere tutta la dolcezza di quelle parole.
Vi si manifestano con abbondanza i doni dell’Onnipotente, e uno dei presenti, uomo virtuoso, ha una mirabile visione. Gli sembra che il Bambinello giaccia privo di vita nella mangiatoia, e Francesco gli si avvicina e lo desta da quella specie di sonno profondo. 
Né la visione prodigiosa discordava dai fatti, perché, per i meriti del Santo, il fanciullo Gesù veniva risuscitato nei cuori di molti, che l’avevano dimenticato, e il ricordo di lui rimaneva impresso profondamente nella loro memoria. Terminata quella veglia solenne, ciascuno tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia. (FF 469-470)

Assisi - Basilica superiore
Giotto - Innocenzo III approva la Regola
Francesco era diacono”: il Celano rimanda ad un tempo più remoto di quella notte del 1223 il contesto dell'ordinazione diaconale del santo della quale non si legge in altra fonte.
Grazie ad altri luoghi delle fonti francescane si possono avere indicazioni per giustamente collocare l'ordinazione diaconale nel decennio precedente ed ancorarla all'approvazione verbale della Vita (Regola) che Francesco ebbe nel 1209 per la sua fraternità da Papa Innocenzo III insieme con l'Autorizzazione Apostolica alla predicazione del Vangelo. Il Papa impose a Francesco e ai suoi Frati di prendere la tonsura; così rendendoli chierici li pose al servizio religioso della Chiesa ed evitò la dispersione ereticale della loro originale esperienza di radicale povertà evangelica. Il cardinale Ugolino che appoggiò moltissimo le istanze francescane presso il Papa, anche del successore Onorio III eletto nel 1216, assunse poi il ruolo di protettore del nascente ordine francescano.
Nel profondo legame con il Vescovo di Assisi, che venerava come un padre, e con la Gerarchia di Roma, si ritrova il contesto originario dell'ordinazione di frate Francesco diacono, prima chierico e predicatore itinerante, il quale non volle accedere al presbiterato per umiltà e persistente spirito di servizio ai fratelli e al Signore.
La scelta di Francesco di rimanere permanentemente diacono assume oggi un particolare significato storico-teologico che attiene l'ordine e la funzione del diaconato in quanto tale nella Chiesa.
Dalla sua istituzione nella Chiesa apostolica del I secolo fino all'epoca altomedievale (VI-VII secolo) il diaconato ha avuto sempre una sua dimensione caratterizzante all'interno dell'ordine ecclesiale (diacono, presbitero, vescovo); poi per i secoli successivi, fino al Concilio Vaticano II nel XX secolo, esso è stato vissuto nella pratica soprattutto come una fase del cammino verso l'ordinazione sacerdotale. Il Concilio di Trento (XVI secolo) riconobbe e ripropose il carattere permanente del diaconato, ma esso fu ancora essenzialmente vissuto come transito per il sacerdozio.
Il diaconato permanente, che oggi è tornato ad essere vissuto in maniera significativa nell'ambito dell'ordine ecclesiale, ha poi ricevuto la sua definizione dal magistero del Vaticano II nella Lumen Gentium (LG), la costituzione dogmatica sulla Chiesa del 1964.
La scelta 'minore' di Francesco di rimanere diacono, profetica per l'esperienza ecclesiale e per la spiritualità del suo tempo, era in linea con le dimensioni ecclesiali del diaconato delle origini e ridonava ad esso l'antica forma spirituale della vocazione al servizio e della carità operante:
In un grado inferiore della gerarchia stanno i diaconi, ai quali sono imposte le mani non per il sacerdozio, ma per il servizio. Infatti, sostenuti dalla grazia sacramentale, nella diaconia della liturgia, della predicazione e della carità servono il popolo di Dio, in comunione col vescovo e col suo presbiterio” (LG III, 29). 

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