L'ultima
udienza di Benedetto XVI si è tenuta mercoledì 27 febbraio 2013
nella piazza San Pietro riempita di oltre centomila fedeli che hanno
a lungo salutato il papa giunto sulla papa-mobile. Una mattinata di
sole splendente che ha trasmesso un inatteso calore primaverile.
Vicino alla monumentale fontana laterale zampillante, insieme con
Antonietta tra gruppi giovanili religiosi e familiari, ho trovato un
buon posto per osservare lo scenario centrale del seggio posto
dinanzi alla basilica e l'intera piazza abbracciata dai colonnati.
L'udienza è stata aperta con la lettura in diverse lingue di un
brano della lettera di San Paolo ai Colossesi (Col 1, 3-6):
“Noi
rendiamo grazie a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo,
continuamente pregando per voi, avendo avuto notizie della vostra
fede in Cristo Gesù e della carità che avete verso tutti i santi a
causa della speranza che vi attende nei cieli. Ne avete già udito
l'annuncio dalla parola di verità del Vangelo che è giunto a voi. E
come in tutto il mondo esso porta frutto e si sviluppa, così avviene
anche fra voi, dal giorno in cui avete ascoltato e conosciuto la
grazia di Dio nella verità”.
Il
brano rimanda alla
buona notizia per l'Apostolo che riguarda il Vangelo testimoniato e
vissuto nella verità e nella carità dalla comunità destinataria
dell'epistola; e rappresenta una sintesi testimoniale della vita
cristiana, delle tre virtù teologali, fede speranza e carità, che
si legano alla preghiera e all'impegno di fare sempre la volontà del
Signore.
Al
Vangelo Benedetto XVI ha ispirato con semplicità le sue parole ed i
suoi concetti comunicati al popolo, all'ecclesia
convocata in piazza san Pietro, nel momento pastorale culminante del
suo pontificato. Ha detto moltissime cose, anche sofferte complicate
e difficili, nella
luminosa semplicità del
linguaggio della narrazione evangelica, comprensibile
a tutti; e
nel
giorno del suo saluto ufficiale, del suo recarsi verso “l'ultima
tappa del pellegrinaggio terreno”,
come
dirà la sera successiva
a Castel Gandolfo,
ha
fatto capire la sacralità e il senso del ministero petrino e
gli orizzonti di speranza che si aprono dinanzi alla Chiesa del
Signore.
Il
discorso intero di Benedetto XVI è leggibile sul portale del Vaticano, in questa sede ne riporto alcuni passi che evidenziano
l'ispirazione al Vangelo.
"Come
l’apostolo Paolo nel testo biblico che abbiamo ascoltato, anch’io
sento nel mio cuore di dover soprattutto ringraziare Dio, che guida e
fa crescere la Chiesa, che semina la sua Parola e così alimenta la
fede nel suo Popolo. In questo momento il mio animo si allarga ed
abbraccia tutta la Chiesa sparsa nel mondo; e rendo grazie a Dio per
le «notizie» che in questi anni del ministero petrino ho potuto
ricevere circa la fede nel Signore Gesù Cristo, e della carità che
circola realmente nel Corpo della Chiesa e lo fa vivere nell’amore,
e della speranza che ci apre e ci orienta verso la vita in pienezza,
verso la patria del Cielo.
Sento
di portare tutti nella preghiera, in un presente che è quello di
Dio, dove raccolgo ogni incontro, ogni viaggio, ogni visita
pastorale. Tutto e tutti raccolgo nella preghiera per affidarli al
Signore: perché abbiamo piena conoscenza della sua volontà, con
ogni sapienza e intelligenza spirituale, e perché possiamo
comportarci in maniera degna di Lui, del suo amore, portando frutto
in ogni opera buona (cfr Col 1,9-10).
In
questo momento, c’è in me una grande fiducia, perché so, sappiamo
tutti noi, che la Parola di verità del Vangelo è la forza della
Chiesa, è la sua vita. Il Vangelo purifica e rinnova, porta frutto,
dovunque la comunità dei credenti lo ascolta e accoglie la grazia di
Dio nella verità e nella carità. Questa è la mia fiducia, questa è
la mia gioia.
Quando, il
19 aprile di quasi otto anni fa, ho accettato di assumere il
ministero petrino, ho avuto la ferma certezza che mi ha sempre
accompagnato: questa certezza della vita della Chiesa dalla Parola di
Dio. In quel momento, come ho già espresso più volte, le parole che
sono risuonate nel mio cuore sono state: Signore, perché mi chiedi
questo e che cosa mi chiedi? E’ un peso grande quello che mi poni
sulle spalle, ma se Tu me lo chiedi, sulla tua parola getterò le
reti, sicuro che Tu mi guiderai, anche con tutte le mie debolezze. E
otto anni dopo posso dire che il Signore mi ha guidato, mi è stato
vicino, ho potuto percepire quotidianamente la sua presenza. E’
stato un tratto di cammino della Chiesa che ha avuto momenti di gioia
e di luce, ma anche momenti non facili; mi sono sentito come san
Pietro con gli Apostoli nella barca sul lago di Galilea: il Signore
ci ha donato tanti giorni di sole e di brezza leggera, giorni in cui
la pesca è stata abbondante; vi sono stati anche momenti in cui le
acque erano agitate ed il vento contrario, come in tutta la storia
della Chiesa, e il Signore sembrava dormire. Ma ho sempre saputo che
in quella barca c’è il Signore e ho sempre saputo che la barca
della Chiesa non è mia, non è nostra, ma è sua. E il Signore non
la lascia affondare; è Lui che la conduce, certamente anche
attraverso gli uomini che ha scelto, perché così ha voluto. Questa
è stata ed è una certezza, che nulla può offuscare. Ed è per
questo che oggi il mio cuore è colmo di ringraziamento a Dio perché
non ha fatto mai mancare a tutta la Chiesa e anche a me la sua
consolazione, la sua luce, il suo amore.
[...]
Ma
non è solamente Dio che voglio ringraziare in questo momento. Un
Papa non è solo nella guida della barca di Pietro, anche se è la
sua prima responsabilità. Io non mi sono mai sentito solo nel
portare la gioia e il peso del ministero petrino; il Signore mi ha
messo accanto tante persone che, con generosità e amore a Dio e alla
Chiesa, mi hanno aiutato e mi sono state vicine.
[…]
vorrei
ringraziare di vero cuore anche tutte le numerose persone in tutto il
mondo, che nelle ultime settimane mi hanno inviato segni commoventi
di attenzione, di amicizia e di preghiera. Sì, il Papa non è mai
solo, ora lo sperimento ancora una volta in un modo così grande che
tocca il cuore.Il
Papa appartiene a tutti e tantissime persone si sentono molto vicine
a lui.
[…]
Qui
si può toccare con mano che cosa sia Chiesa – non
un’organizzazione, un’associazione per fini religiosi o
umanitari, ma un corpo vivo, una comunione di fratelli e sorelle nel
Corpo di Gesù Cristo, che ci unisce tutti. Sperimentare la Chiesa in
questo modo e poter quasi toccare con le mani la forza della sua
verità e del suo amore, è motivo di gioia, in un tempo in cui tanti
parlano del suo declino. Ma vediamo come la Chiesa è viva oggi!
In
questi ultimi mesi, ho sentito che le mie forze erano diminuite, e ho
chiesto a Dio con insistenza, nella preghiera, di illuminarmi con la
sua luce per farmi prendere la decisione più giusta non per il mio
bene, ma per il bene della Chiesa. Ho fatto questo passo nella piena
consapevolezza della sua gravità e anche novità, ma con una
profonda serenità d’animo. Amare la Chiesa significa anche avere
il coraggio di fare scelte difficili, sofferte, avendo sempre davanti
il bene della Chiesa e non se stessi.
Qui
permettetemi di tornare ancora una volta al 19 aprile 2005. La
gravità della decisione è stata proprio anche nel fatto che da quel
momento in poi ero impegnato sempre e per sempre dal Signore. Sempre
– chi assume il ministero petrino non ha più alcuna privacy.
Appartiene sempre e totalmente a tutti, a tutta la Chiesa. Alla sua
vita viene, per così dire, totalmente tolta la dimensione privata.
Ho potuto sperimentare, e lo sperimento precisamente ora, che uno
riceve la vita proprio quando la dona. Prima ho detto che molte
persone che amano il Signore amano anche il Successore di san Pietro
e sono affezionate a lui; che il Papa ha veramente fratelli e
sorelle, figli e figlie in tutto il mondo, e che si sente al sicuro
nell’abbraccio della vostra comunione; perché non appartiene più
a se stesso, appartiene a tutti e tutti appartengono a lui.
Il
“sempre” è anche un “per sempre” - non c’è più un
ritornare nel privato. La mia decisione di rinunciare all’esercizio
attivo del ministero, non revoca questo. Non ritorno alla vita
privata, a una vita di viaggi, incontri, ricevimenti, conferenze
eccetera. Non abbandono la croce, ma resto in modo nuovo presso il
Signore Crocifisso. Non porto più la potestà dell’officio per il
governo della Chiesa, ma nel servizio della preghiera resto, per così
dire, nel recinto di san Pietro. San Benedetto, il cui nome porto da
Papa, mi sarà di grande esempio in questo. Egli ci ha mostrato la
via per una vita, che, attiva o passiva, appartiene totalmente
all’opera di Dio”.
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