Il fiume Salween |
E’
una metafora temeraria che si può
giustificare nella visione soprannaturale della vita che ci viene donata dalla
fede nel Signore risorto; nella luce pasquale di una beatificazione ormai celebrata.
Nel Cimitero del paese natio c’è un ‘sepolcro vuoto’.
E’
il sepolcro che fu dedicato nel 1953 a Padre Mario Vergara nel luogo più
elevato della Cappella della antica ‘Congrega
dei Preti per i casi morali’ di Fratta.
C’è
scritto sulla lapide:
Che importa se qui o in Birmania
le sue ossa disperse non abbiano più sepoltura?
Glorioso vivente tra i morti
egli attende
dopo la visione di Dio
l’osanna di tutta la Chiesa
In
queste parole si avverte prima l’orante amarezza del Salmo 78:
SALMO 78, 1-5. 8-11. 13
Lamento per la distruzione di Gerusalemme
O Dio, nella
tua eredità sono entrate le nazioni, †
hanno
profanato il tuo santo tempio, *
hanno ridotto
in macerie Gerusalemme.
Hanno
abbandonato i cadaveri dei tuoi servi
in pasto agli
uccelli del cielo, *
la carne dei
tuoi fedeli agli animali selvaggi.
Hanno versato
il loro sangue
come acqua
intorno a Gerusalemme, *
e nessuno
seppelliva.
Poi
si avverte anche il gaudio della speranza e della luce beata della memoria di
un santo. D’altra parte è la stessa speranza espressa da padre Mario in una
lettera del 1946 al suo amico Angelo Perrotta:
Il Signore ha voluto che io ti potessi scrivere ancora, perché è mancato poco tu non
leggessi il mio necrologio in qualche rivista missionaria. Il 6 giugno qui a
Calcutta ho dovuto consegnare alla terra, in attesa della risurrezione
finale, il mio rene destro…
Padre Mario Vergara |
Dove mai correva quel ragazzo dai grossi occhi luminosi in un
volto di antico crocifisso… C’è forse qualcuno che saprà narrare in sedici
canti… le sedici tappe dell’oscuro ma glorioso cammino di Mario in Birmania?
In attesa che venga, noi oggi non ci saziamo di vedere Mario
nella luce del martire di Cristo; e se degli infelici credettero di spegnere
un’idea, uccidendo barbaramente un corpo che mai nulla aveva serbato per se,
noi che quel corpo non vedemmo più da quando la nave lo portò lontano, vediamo
invece la sua anima levarsi gigante tra noi in una luce che gli anni non sperderanno, messaggera di un
giorno nuovo.
C’è
stato poi più di qualcuno che ha saputo narrare quegli oscuri 16 anni del
cammino missionario di Mario.
Lo
hanno fatto subito dopo la morte il beato padre Paolo Manna da Ducenta e gli
altri padri del PIME operanti in Birmania sui luoghi del martirio (Pasquale
Ziello, Igino Mattarucco, Pasquale Anatriello).
Lo
ha fatto padre Ferdinando Germani con la sua fondamentale biografia; Mons.
Angelo Perrotta con le lettere dell’amico lontano; padre Piero Gheddo con i
suoi racconti missionari; un poco anch’io con l’agiografia della Missione più bella; don Lorenzo Costanzo
con la tesi di Magistero, il prof. Ulderico Parente con la sua ricerca storica.
Lo
ha fatto la carità della Basilica di San Sossio e del suo rettore Mons. Sossio Rossi.
Lo ha fatto la Chiesa del Myanmar, la Postulazione, i Convegni Storici, le
Veglie di Preghiera.
Lo
ha fatto Papa Francesco con il decreto della beatificazione di padre Mario e di
Isidoro catechista.
In
preparazione alla beatificazione in Cattedrale celebrata il 24 maggio 2014 dal
cardinale Angelo Amato, lo hanno fatto nell’incontro spirituale del clero
diocesano di Aversa, con le loro relazioni, Mons. Pasquale Cascio, padre Vito del
Prete, ed il pastore Mons. Angelo Spinillo.
Ci
viene restituito un corpus letterario
e bibliografico, di opere e di fede, di grande significato religioso ed ecclesiale.
Monti di Shadaw |
E’
la storia narrata nel bel film del 1956: L’Arpa
Birmana, che ci consola un poco sulla sorte di quel “corpo barbaramente ucciso” e onorato nel sepolcro vuoto di
Frattamaggiore. La storia si conclude con le parole scritte nella lettera ai
commilitoni che tornavano in patria:
Mizushima |
Io non potevo che portare un poco di pietà dove non era esistita che crudeltà.
Quanti dovrebbero avere questa pietà? Allora non importerebbe la guerra, la sofferenza, la distruzione, la paura, se solo potessero da queste nascere alcune lacrime di carità umana.
Vorrei continuare in questa mia missione, continuare nel tempo fino alla fine. Per questo, ho chiesto al bonzo che mi salvò dalla morte sul colle del triangolo di affidarmi la cura dei morti insepolti. […]
Quando vidi i morti giacere insepolti, preda degli avvoltoi, della dimenticanza e dell'indifferenza decisi di rimanere perché le migliaia e le migliaia di anime sapessero che una memoria d'amore le ricordava tutte ad una ad una.
Arpa birmana |
Miei cari amici, io so che
voi siete in grado di comprendermi e ve ne sono riconoscente. Vi scrivo dal
monastero durante la notte […]
Addio amici che tornate in patria, vi confesso che non
finirei mai di poter dire addio. Grazie per avermi tanto cercato, amici. Io vi
ringrazio con tutto il mio cuore commosso. Io sarò qui in Birmania quando
nevicherà e i monti nasconderanno la croce del sud e quando avrò sete di
ricordi, quando avrò nostalgia di voi suonerò di nuovo la mia arpa.
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