martedì 29 settembre 2020

LA DEVOZIONE A SAN MICHELE ARCANGELO - Conferenza in occasione della festa patronale 2001 nella Chiesa di San Michele Arcangelo di Casapozzano

 

San Michele Arcangelo - Affresco in S. Angelo in Formis

1. I SANTI PATRONI: Motivi Luoghi Esempi

Quando un paese celebra il suo Santo Patrono vuol dire che esso intende affidare la propria storia e la propria religiosità alla protezione, all’aiuto e alla benevolenza di questo Santo. Un Santo Patrono non è mai scelto per caso, o per motivi inspiegabili, oppure per imposizioni esterne.

Nella storia di un paese c’è sempre una motivazione, c’è sempre un avvenimento particolare, o vi sono eventi più complessi, i quali legano la devozione religiosa della Comunità al Santo che la protegge e la custodisce.

A volte il motivo è un miracolo che si verifica, oppure è un’apparizione divina che rende sacri luoghi ed abitudini; talvolta il motivo si ritrova in tradizioni antiche e leggendarie, e si lega anche al passaggio di un Santo per il paese che lo onora come Patrono o all’appartenenza originaria dello stesso Santo Patrono alla Comunità che lo celebra.

Vi sono infine molti altri motivi storici che possono giustificare la devozione di un popolo per un Santo Patrono. Moltissimi sono gli esempi che si potrebbero proporre per tutti questi casi, nelle grandi città, nei territori nazionali, nei piccoli paesi.

Ad esempio, San Benedetto da Norcia, Patriarca del monachesimo occidentale, è Patrono dell’Europa perché ai suoi monaci si deve l’evangelizzazione di questo Continente e la diffusione della civiltà cristiana in esso. San Francesco d’Assisi è Patrono dell’Italia perché dall’Italia partì e si diffuse il movimento francescano, e la sua predicazione si colloca anche all’origine della Letteratura Italiana.

Tra gli esempi più vicini al nostro territorio diocesano è quello dell’Apostolo Paolo per la Chiesa di Aversa, il quale si ritiene per antica tradizione che fosse transitato per quel luogo quando da Pozzuoli si portò in Atella e a Capua, per poi giungere a Roma. Un altro esempio è quello di San Sossio per Frattamaggiore che condivide con i Frattesi l’origine da Miseno; ed un altro esempio ancora è quello di Sant’Elpidio, il quale era un Vescovo nell’antica Atella ed ora è Patrono di Sant’Arpino che sorge sul territorio della città scomparsa.


2. I SANTI PATRONI NELLA FEDE: Cielo divino e Percorso terreno

In tutti questi casi, secondo la fede cristiana, i Santi Patroni costituiscono per la Comunità che rappresentano un tratto di unione importantissimo della loro vita storica e terrena con la vita soprannaturale e divina. Essi sono mediatori privilegiati della preghiera a Dio e portatori delle risposte della Grazia divina ai bisogni e alle richieste della Comunità.

I Santi Patroni sono garanzia e riflesso della mediazione tra Dio e l’uomo; mediazione che trova il senso più pieno, dal punto di vista teologico e dogmatico, in Gesù Cristo, Figlio di Dio fatto Uomo, e in Maria Madre di Dio trova il riverbero più luminoso.

In questo senso è rilevante il dato della vicinanza del Santo alla storia e alla religiosità del luogo di cui è Patrono. Un altro dato importante e particolare della devozione ai Santi Patroni è quello che si lega alle differenze, o alle varietà, che si sperimentano nella esperienza del sacro e del soprannaturale.

Il Cielo del divino a cui le comunità si rivolgono per le loro necessità storiche e contingenti, con le preghiere e le suppliche e attraverso l’impetrazione dei Santi Patroni, è un Cielo complesso e misterioso che è difficile da comprendere con le categorie umane. Per poterlo comprendere un poco i mistici credono che esso, per analogia, si connota come un percorso simile a quello del pellegrinaggio religioso cristiano. Un percorso che incontra vari luoghi e varie tappe, prima di giungere alla meta più alta.

Homo, Angelus, Deus” dicevano i monaci antichi nel descrivere le fasi e le tappe di questo pellegrinaggio mistico dell’ascesa dell’uomo all’esperienza di Dio: la fase della penitenza e della purificazione, la fase dell’illuminazione interiore, e la fase dell’unione con Dio. “L’Uomo, l’Angelo, Dio” sono gli Esseri che teologicamente stanno all’orizzonte del cammino della crescente perfezione cristiana e della Santità: gli Uomini amici di Dio che vengono celebrati come Santi della Chiesa, gli Angeli che già vivono nel cielo il riflesso della Santità di Dio, la Santissima Trinità che rappresenta il culmine della Grazia e della Vita Divina.


3. LE METE DEL PELLEGRINAGGIO

Fin dai primi secoli del Cristianesimo, questo Cielo e questo Percorso hanno avuto una esplicita rappresentazione territoriale nei luoghi e nelle mete del pellegrinaggio antico. L’esperienza spirituale cristiana non è mai stata disgiunta dal cammino reale verso una meta religiosa collocata geograficamente; e nella costellazione degli innumerevoli percorsi possibili il cammino verso la meta dell’Uomo, verso la meta dell’Angelo e verso la meta di Dio, ha assunto alcune fondamentali direttrici.

Il cammino dell’Uomo ha avuto sempre la principale meta di Roma e di Santiago di Compostela: luoghi in cui si venerano la spoglie degli Apostoli Pietro, Paolo e Giacomo. Il cammino dell’Angelo ha sempre avuto la meta principale del Santuario del Gargano sorto sul luogo dell’apparizione dell’Arcangelo Michele. Il cammino di Dio ha sempre avuto la meta di Gerusalemme e dei luoghi della vicenda evangelica di Gesù Cristo Verbo di Dio fatto uomo.

Ulteriori direttrici del percorso cristiano sono ovviamente quelle del cammino verso i Santuari Mariani e quelle del cammino verso i Santuari dedicati ai Santi celebri e popolari. Si possono intuire, quindi, l’importanza e la vastità della rete devozionale che si è sviluppata ab antiquo intorno a queste direttrici, e si possono immaginare gli spunti di ricerca e di approfondimento circa questi argomenti.

Noi ci concentriamo sul tema locale della devozione a San Michele Arcangelo. La chiesa di Casapozzano è sorta sul Cammino dell’Angelo e perciò partecipa a pieno titolo alle importanti tematiche storiche e teologiche che vi sono connesse.


4. IL PERCORSO DELL’ANGELO: Bizantini e Longobardi

L’Arcangelo Michele apparve nella grotta del Gargano nel V-VI secolo, e subito quel luogo divenne il principale santuario micaelico della cristianità. Infatti ad esso si recavano i pellegrini, i monaci e i crociati del Medioevo che lo individuavano sia come la meta ultima del percorso mistico dell’Angelo, e sia come la tappa intermedia del percorso verso Gerusalemme per quelli che in Puglia si recavano anche per imbarcarsi per la Terra Santa.

All’epoca dell’apparizione sul Gargano il culto micaelico aveva già dei centri in Oriente, a Costantinopoli, e in Italia a Roma, in Sicilia e nell’Umbria a Spoleto.

La successiva diffusione di questo culto in tutta l’Italia meridionale fu favorita dai Longobardi del Ducato di Benevento. Questi l’8 Maggio del 663 sconfissero i Saraceni sulle coste del Gargano, vicino Siponto, ed attribuirono la loro vittoria all’intervento dell’Arcangelo che divenne così il loro Santo nazionale e, come ci riferisce Benedetto Croce nella Storia del Regno di Napoli, sostituì le divinità guerriere della loro mitologia barbarica.

Ai Longobardi che avevano conquistato gran parte dell’Italia si deve anche la diffusione del culto di San Michele in Lombardia, a Pavia ed in altri luoghi, ove gli furono dedicate chiese e fu effigiato sui monumenti e sulle insegne civili e militari. La data dell’8 maggio fu pure celebrata da tutta la cristianità. Ai contatti di questo popolo con gli altri stati barbarici si deve anche la diffusione del culto micaelico in Francia, fino alla costa della Normandia, ove nel VIII secolo fu fondato da monaci irlandesi il Santuario di Mont Saint Michael che divenne il centro dell’ulteriore diffusione del culto dell’Arcangelo in Irlanda, in Inghilterra, in Germania ed in altre parti d’Europa.

Abbiamo una notevole testimonianza della diffusione e del significato del culto di San Michele nell’altomedioevo europeo proprio nel racconto di un pellegrinaggio realizzato nel IX secolo dal monaco Bernardo: il Bernardi Itinerarium. Bernardo partì con altri suoi amici da un monastero del beneventano, si recò prima a Roma e successivamente giunse al Santuario del Gargano. Quindi raggiunse Gerusalemme navigando per il Mediterraneo; ed infine ritornò in Italia che poi percorse interamente lungo la tratta Francigena. La sua ultima meta fu il Santuario di Mont Saint Michael in Normandia, ove concluse il suo lunghissimo percorso.

Per avere una idea dell’impresa si può far riferimento al fatto che partendo dalla Campania, occorrevano alcune settimane per il pellegrinaggio al Gargano, circa tre mesi per il pellegrinaggio a Santiago e circa tre anni per il pellegrinaggio a Gerusalemme.


5. IL CULTO MICAELICO: Italia Meridionale, Normanni, Campania

Dalla Normandia intorno all’anno 1000 proveniva quel gruppo di nobili e di militi normanni che si stabilirono in Campania e che in Aversa fondarono la prima Contea normanna dell’Italia meridionale. Quei Normanni vennero in Italia proprio per realizzare un pellegrinaggio al Santuario di San Michele al Gargano, e rimasero nelle nostre terre perché combattendo dapprima contro i Saraceni si trovarono poi impegnati nelle lotte di potere tra i Bizantini di Napoli e i Longobardi di Capua, di Benevento e di Salerno.

Nel corso di un secolo i Normanni conquistarono l’intera Italia Meridionale, compresa la Sicilia, e con il loro governo del territorio diedero nuove impronte e nuovi sviluppi alle manifestazioni della religiosità e al culto di San Michele.

Il percorso dell’Angelo nell’epoca normanna in Campania si consolidò nei centri devozionali già esistenti dei Longobardi e si arricchì di nuovi luoghi. La Via che da Roma portava a Brindisi, appena lasciato il Lazio, ed inoltrandosi lungo la direzione di Capua, di Benevento e della Puglia, diveniva immediatamente una Via ove era presente e diffusa la protezione di San Michele, visibile nelle periferie e nei centri urbani, e soprattutto nei luoghi elevati delle rocche e di cigli montani. Così era a Mondragone, a Capua, a Sant’Angelo in Formis, a Caserta Antica, a Maddaloni, a Sant’Angelo alla Palombara; così era nel Beneventano, a Sant’Angelo dei Lombardi, e giù per la Capitanata fino alla Via Sacra che saliva al Santuario del Gargano. All’Arcangelo venivano dedicati luoghi e chiese anche sulle vie di collegamento tra le città cospicue.


Borgo di Casapozzano - Chiesa di San Michele Arcangelo


6. IL CULTO MICAELICO: Atella e Casapozzano

La Chiesa di San Michele Arcangelo di Casapozzano sorse sulla via che si dipartiva da Atella e che si diramava poi, nell’area del Clanio, nelle direzioni di Capua, di Caserta, di Maddaloni e di Acerra, lungo le quali pure si incontravano altri siti micaelici, come quello di Marcianise e del Gualdo di Sant’Arcangelo.

Si può dire che l’orizzonte della prospettiva che si può operare da questa chiesa verso i cigli e le rocche del pre-appennino campano che precede il valico per la Puglia e per il Santuario maggiore, sia un orizzonte tutto micaelico punteggiato dei santuari anche visibilmente osservabili dedicati a San Michele (Maddaloni, Caserta Antica, Sant’Angelo in Formis).

La Chiesa sorta al luogo d’origine di questa prospettiva, che era propria anche dell’antica diocesi atellana non poteva che essere dedicata a San Michele. Il più antico riferimento documentato della devozione a San Michele collegata con il territorio dell’antica Atella risale al X secolo, ed è contenuto nella Storia dei Longobardi di Benevento scritta dal monaco cassinese Erchemperto sulla scia della più famosa Storia dei Longobardi d’Italia scritta poco tempo prima dal più famoso Paolo Diacono.

Per Casapuzzano, inteso come borgo antico e medievale, i riferimenti più antichi sono contenuti nei documenti e nelle cartule del Codice Diplomatico di Montevergine e nelle scritture del Codice Normanno di Aversa e risalgono al 1100, al XII secolo. Questi documenti segnalano Casapozzano come un luogo ove si erano stanziati signori di origine normanna, tra i quali i Blancardus (che è la versione latina del cognome normanno Blanchard che fu italianizzato poi in Biancardo il quale è ancora un cognome esistente nella nostra area).

Tra le altre cose questi signori stabilirono anche un rapporto di donazione di terre con il Santuario di Montevergine, fondato dal pellegrino San Guglielmo; santuario che proprio all’epoca si stava sviluppando e stava divenendo il sito religioso più importante sul versante irpino del percorso che portava al principale santuario micaelico del Gargano.

Tra le terre donate al santuario ve ne era una che si denominava ‘Campo di Santa Maria’. Molto probabilmente su queste donazioni si basò nel medioevo la presenza dei Monaci Verginiani in Casapozzano, e la valorizzazione del complesso ecclesiastico locale anche come un sito della devozione mariana. Questa presenza monastica medievale in Casapozzano è data per certa da Mario Placido Tropeano che è appunto il monaco di Montevergine che ha redatto e pubblicato i dieci grandi volumi del Codice Diplomatico di Montevergine che ho già citato.

Si intravede così una delle radici storiche che stanno all’origine di quel contesto culturale e religioso-monastico del medioevo di Casapozzano, che per certi aspetti portò alla committenza delle opere d’arte e degli affreschi con l’iconografia mariana che furono realizzati tra la fine del 300 e l’inizio del ‘400 nella Chiesa di San Michele, e che ancora in parte si possono ammirare in essa.


7. SAN MICHELE DI CASAPOZZANO: I documenti più antichi

La Chiesa medievale di Casapozzano era sicuramente dedicata a San Michele, è ciò viene detto in contraddizione con le analisi storiche che circolano su Casapozzano le quali tendono a far risalire ad una epoca più recente la dedicazione di questa chiesa all’Arcangelo. La certezza storica dell’antica esistenza della Chiesa di San Michele in Casapozzano proviene da due documenti, che sono contenuti nelle Rationes Decimarum in Campania pubblicate dal Vaticano e che risalgono al 1324. Questi documenti parlano esplicitamente della “Ecclesia Sancti Michaelis de Casapuczana” e la descrivono come una chiesa abbaziale. Da essi si evince che la Chiesa di san Michele era una abbazia retta da un abate e che aveva un presbitero che la officiava: l’abate proveniva dall’area cassinese e si chiamava Dyonisio de Trajecto ed il presbitero si chiamava Iunta de Vico (o de Vito). Nella stessa Raccolta delle Decime del 1324 si parla anche di altri due presbiteri, Riccardus De Augustino e Riccardus de Laudano, i quali officiavano la “Ecclesia sancti Nicolay de Casapuczana”.

Sicuramente questi documenti possono dare un contributo ad arricchire la storia ecclesiastica locale e a supportare con maggiore sicurezza supposizioni ed ipotesi storiografiche che ancora si fanno circa la storia antica di Casapozzano e delle sue chiese.

Va sottolineato che l’epoca della redazione di questi documenti è l’epoca della dinastia angioina nel Regno di Napoli, la quale sostituì il governo dei Normanni e valorizzò una diffusa religiosità collegata con i grandi temi della cultura e dell’arte. In particolare durante questa dinastia, con il favorire dei nuovi ordini religiosi, Francescani e Domenicani, vi fu il recupero della devozionalità longobarda, bizantina e normanna, incentrata sui temi micaelici; ed il Santuario di Montevergine, molto amato da questa dinastia, fu grandemente valorizzato ed ebbe occasione di divenire insieme meta devozionale aristocratica e popolare, con grancie monastiche, siti devozionali , tenimenti e rettorie sparsi in ogni dove per l’Italia meridionale e nelle nostre contrade.

Si intravede così nell’epoca angioina un’altra delle radici storiche che stanno all’origine della cultura devozionale e della committenza degli affreschi di Casapozzano. Tutti questi elementi ci rimandano una importante e nobile immagine dell’antichità e del sicuro inserimento di questa Chiesa nel grande circuito della devozione micaelica in Campania.


Affreschi di Casapozzano


C
ONCLUSIONE

Tralascio gli altri aspetti della storia locale che sono già stati descritti in varie opere in circolazione che si possono facilmente recuperare, e che riguardano la storia del borgo medievale e le vicende della Chiesa di San Michele nella Diocesi di Aversa considerata da dopo il Concilio di Trento. Queste vicende sono in fondo quelle che ancora oggi si ravvisano nei segni presenti dell’organizzazione ecclesiastica parrocchiale, delle congreghe, dei gruppi, della liturgia, della pratica devozionale, dell’arte e dell’architettura che ci circonda. Nella nostra epoca credo che sia importante recuperare la memoria e i segni della comunità antica. Una città, un paese, un borgo non sono mai un mero raggruppamento fisico di case e di residenze; essi sono il luogo ove palpita la vita storica della comunità locale che si esprime nelle dimensioni attuali ma che trova fondamenti nel patrimonio dell’ambiente tradizionale, delle manifestazioni dell’arte, della religiosità, delle chiese e dell’urbanistica antica.

La Chiesa di San Michele e la devozione all’Arcangelo, così come l’abbiamo vista espressa nel nostro territorio, sono forse il principale dei fondamenti della vita storica della comunità di Casapozzano, rispetto al quale trovano consistenza anche quegli altri fondamenti che attengono la sua vita civile, la cultura, l’educazione delle nuove generazioni e la visione del bene futuro.



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