I
simboli sono quelli del cristianesimo ma la valenza del silenzio
riverente si può sicuramente estendere per le altre religioni. Ci
inoltriamo così nel tema dell'mportanza della considerazione
doverosamente rispettosa dei simboli e delle fedi religiose, nel
tempo particolare, come quello di questi giorni, degli scontrosi
avvenimenti internazionali causati dallo stridore tra le idealità
religiose delle folle islamiche e talune mene libertarie di media che
trattano in prospettiva dislocata, non antropologica non dialogale e
non teologica, i simboli religiosi. In questo senso non appare
peregrino il contributo del ragionamento storiografico che ci viene
offerto da Benedetto Croce circa il pudore degli antichi liberi
pensatori che mai si sarebbero arrischiati di parlare 'a spiovere' su
Gesù e sul cristianesimo. Dal suo ragionamento, sicuramente datato e
collocato, si possono trarre insegnamento e indicazioni costruttive
utili per la comprensione e per la necessaria pacificazione
ideologica degli avvenimenti preoccupanti di oggi.
Le
parole del filosofo della libertà:
“Il
cristianesimo è stato la più grande rivoluzione che l’umanità
abbia mai compiuta: così grande, così comprensiva e profonda, così
feconda di conseguenze, così inaspettata e
irresistibile nel suo attuarsi, che non maraviglia che sia apparso o
possa ancora apparire un miracolo, una rivelazione dall’alto, un
diretto intervento di Dio nelle cose umane, che da lui hanno ricevuto
legge e indirizzo affatto nuovo.”
Tutte
le altre rivoluzioni, tutte le maggiori scoperte che segnano le
epoche nella storia umana, non sostengono il suo confronto, parendo
rispetto a lei particolari e limitate.
[...]
E
le rivoluzioni e le scoperte che seguirono nei tempi moderni, in
quanto non furono particolari e limitate al modo delle loro
precedenti antiche, ma investirono tutto l’uomo, l’anima stessa
dell’uomo, non si possono pensare senza la rivoluzione cristiana.
[...]
La
ragione di ciò è che la rivoluzione cristiana operò nel centro
dell’anima, nella coscienza morale, e, conferendo risalto
all’intimo e al proprio di tale coscienza, quasi parve che le
acquistasse una nuova virtù, una nuova qualità spirituale, che fino
allora era mancata all’umanità. Gli uomini, i genı, gli eroi, che
furono innanzi al cristianesimo, compierono azioni stupende, opere
bellissime, e ci trasmisero un ricchissimo tesoro di forme, di
pensieri e di esperienze; ma in tutti essi si desidera quel proprio
accento che noi accumula e affratella
[...]
La continua e violenta
polemica antichiesastica, che percorre i secoli dell’eta` moderna,
si e` sempre arrestata e ha taciuto riverente al ricordo della
persona di Gesù, sentendo che l’offesa a lui sarebbe stata offesa
a sè medesima, alle ragioni del suo ideale, al cuore del suo cuore.
Perfino qualche poeta, il quale, per la licenza che ai poeti si
concede di atteggiare fantasticamente in simboli e metafore gli
ideali e i controideali a seconda dei moti della loro passione,
travide in Gesu` – in Gesù che amò e volle la letizia - un
negatore della gioia e un diffonditore di tristezza, finì col dare
la palinodia del suo primo detto, come accadde al tedesco Goethe e
all’italiano Carducci.
[...]
La
spensierata gaiezza e la celia, che pareva innocente dovunque si
rivolgesse e si versasse, su qualsiasi fatto o personaggio glorioso
della storia o della poesia, non è sembrata innocente e non è stata
mai permessa intorno alla figura di Gesù, che anche si è ripugnato
costantemente a portare sulle scene dei teatri, salvochè nella
ingenuità delle medievali sacre rappresentazioni e delle loro
sopravvivenze popolari, alle quali la Chiesa stessa è stata
indulgente o che essa stessa ha promosse."
(B.
Croce, Perchè non possiamo non dirci cristiani, Bari 1944)